Nel gennaio 1974, ben prima dunque dell’esplosione del movimento del ‘77, Oriana Fallaci intervistò Giorgio Amendola. La giornalista era rimasta sorpresa dal fatto che il dirigente comunista avesse utilizzato l’espressione «fascismo rosso» per descrivere la propensione alla violenza politica dei «partitini» extra-parlamentari nati sulle ceneri del movimento del ’68. Amendola spiegava: «Ho detto e dico che il fascismo si può presentare con la maschera nera e con la maschera rossa: ma sempre fascismo è. La base psicologica è la stessa, le argomentazioni antidemocratiche sono le stesse. Io non dimenticherò mai che le prime bandiere dei fascisti avevano tre quinti di rosso, un quinto di bianco e un quinto di verde. Non lo dimenticherò mai!». Non si trattava di negare la matrice ideologica di sinistra di quei gruppi, ma di analizzarla nelle sue componenti più profonde, cogliendo nella loro teoria dell’azione permanente e nella trasversalità ideologica del messaggio due elementi di potente seduzione presso tanti giovani attratti dalla lotta armata.
Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. E così stasera a Roma, l’ex brigatista Valerio Morucci presenterà a Casa Pound il suo ultimo libro, Patrie galere. Cronache dall’oltrelegge, ospite di un luogo di culto della destra neo-fascista della capitale, che disprezza Fini, tollera Alemanno e subisce il fascino vischioso di Berlusconi. Gli organizzatori vivono in uno stabile occupato e la loro ultima azione si chiama «Uscocchia», in omaggio ai pirati di D’Annunzio. Il leader del centro sociale, Gianluca Iannone, si autodefinisce «un fascista del III millennio» e ha spiegato di avere invitato Morucci «perché ci ha annunciato un appello importante, l’invito a mettere fine al meccanismo diabolico dell’antifascismo, un meccanismo che lui ha detto esplicitamente di condannare. Si parla tanto di riconciliazione nazionale: superare l’antifascismo è un passaggio obbligato».
In realtà, la presenza di Morucci a Casa Pound non stupisce. Nel 1999 egli scrisse un libro, Ritratto di un terrorista da giovane, in cui raccontava la sua iniziazione alla lotta armata, avvenuta proprio negli anni in cui Amendola svolgeva la sua lungimirante analisi. Solo sfogliando quel testo, si resta colpiti da quanto sia imbevuto - in maniera persino ingenua e forse inconsapevole - di una matrice culturale e psicologica arditista-d’annunziana, in cui il narcisismo, il superomismo, l’estetismo, il machismo, il nichilismo, il culto per l’atto violento si cedono il passo a ogni riga, alternando la gigioneria al guasconismo. Come quando Morucci narra che, con una parte dei soldi offertigli da Giangiacomo Feltrinelli nel 1972 per finanziare la lotta armata, si comprò un Baume & Mercier d'oro perché aveva la «mania degli orologi» di lusso, dal momento in cui, lavorando nel settore vip dell’aeroporto di Fiumicino, aveva visto un Rolex GMT Master al polso dell’avvocato Agnelli. Oppure, laddove stabilisce un continuo nesso tra la propria attività sessuale e la sua smodata passione per le armi. Il tutto inquadrato in un’esibita «mistica della sconfitta» che è l’ideologia portante del libro: abbiamo perso, ma avevamo ragione noi - un po’ come il testamento di Mussolini - perché l’Italia odierna è corrotta e dominata dalla casta, quasi che l’antipolitica di oggi, a destra come a sinistra, sia l’ultimo frutto amaro e infurbito di quella cupa stagione.
A dire il vero, non siamo i soli ad avere avuto quest’impressione. Il brigatista Alberto Franceschini rievocò così il suo primo incontro con Morucci nel 1972, ai tempi in cui questi era il responsabile della sezione militare di Potere Operaio: «arrivò in Mini-minor, una giacca blu con bottoni d’oro, camicia di seta, cravatta, occhiali Ray-ban: sembrava un fascistello sanbabilino». Nel 1976 Morucci entrò nelle Br e fu tra quanti trucidarono gli uomini della scorta di Moro in via Fani. È sua la voce contratta che annuncia il ritrovamento del cadavere del leader democristiano. Uscì dalle Br dopo quel delitto, che accettò di rivendicare telefonicamente pur avendo in seguito sostenuto di essere stato contrario a esso. Ormai ha sessant’anni, ha pagato il suo debito con la giustizia e sorge spontaneo chiedersi se, dopo un percorso tanto travagliato, non sia semplicemente ritornato a casa. Dimenticavamo. La scelta del moderatore dell’incontro è un’ulteriore prova del lucido e ambizioso disegno degli organizzatori. Sarà il bibliofilo futurista Giampiero Mughini, l’ex direttore di Lotta Continua: direttamente dal pubblico nazional-popolare di Controcampo all’elitismo post-antifascista, ma fascistissimo di stasera. Questa cosa qui, Amendola l’avrebbe chiamata, gramscianamente, nuova egemonia.
(fonte: http://www.lastampa.it/)
Nessun commento:
Posta un commento