venerdì 9 aprile 2010

Dal postfascismo al Popolo della Libertà

La storia della destra italiana raccontata da un uomo di destra attraverso un continuo susseguirsi di ricostruzione storica e analisi giornalistica. Dopo aver descritto gli Anni di piombo insieme al giornalista di sinistra Sandro Provisionato nel loro La notte più lunga della Repubblica e in attesa di dare alla luce un testo su Pier Paolo Pasolini, Adalberto Baldoni ha voluto ripercorrere le principali tappe della destra italiana, dalla nascita del Movimento sociale italiano fino alla creazione berlusconiana del Popolo della Libertà. Il diario di bordo di questo viaggio attraverso le proprie radici politiche e partitiche s'intitola Storia della destra. Dal postfascismo al Popolo della Libertà (Vallecchi Editore, 2009). "Il mio libro parte dalla nascita del Msi nel 1946, passa attraverso la costituzione di Alleanza nazionale nel 1995 con la svolta di Fiuggi, voluta da Fini e incoraggiata da Fisichella e Tatarella, e arriva fino alla costituzione del Popolo della libertà, questo nuovo organismo politico voluto da Silvio Berlusconi. E’ un libro che offre un’ampia panoramica storica sulla destra in Italia”, spiega il giornalista parlamentare ed ex redattore del Secolo d'Italia (quotidiano del Msi e poi di An ndr).

Baldoni partiamo dalla doppia eredità fascista che caratterizza il Msi: da un lato l’anima di destra che si richiama al Ventennio, dall’altra quella di sinistra che si ispira alla Repubblica sociale italiana.

"Il sottotitolo del libro recita dal ‘postfascismo al Pdl’ perché, da storico della destra, nel 1946 con Michelini, Romualdi e Almirante era già “postfascimo”. L’eredità del fascismo era stata accantonata ed erano pochi i nostalgici che avrebbero voluto una sua restaurazione. Sarebbe stata una follia sia la riproposizione del Ventennio che quella della Rsi. C'era però un richiamo ai valori. Il Msi ha avuto un’anima di sinistra che si rifaceva ai 18 punti di Verona, alla socializzazione e alla partecipazione degli utili del lavoro ed era rappresentata da Giorgio Almirante. C’era poi la destra di Arturo Michelini che sognava un partito conservatore, moderato e atlantico. Il progetto di Michelini fallisce nel 1960 con l’appoggio al governo monocolore del democristiano Tambroni e l’organizzazione del congresso nazionale a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza. Un congresso che si poteva evitare e che segna la fine del disegno di Michelini".

Passiamo agli anni Settanta, quelli degli scontri in piazza, dei morti ammazzati e dell'isolamento politico del Msi.

"Michelini muore nel giugno del 1969 e le redini del partito passano nelle mani di Almirante. Nei primi anni ’70 il Msi ottiene importanti successi elettorali raggiungendo quasi il 9 per cento nelle politiche del 1972 e questo crea delle forti preoccupazioni nella Dc. Contemporaneamente nascono i gruppi extraparlamentari di estrema sinistra e il loro antifascismo militante si traduce in sedi distrutte e militanti del Msi uccisi. Il partito è costretto a stare in trincea e non fa più politica mentre la Dc e il Pci si avviano verso il compromesso storico. Nel 1976 c’è poi la scissione interna e la nascita di Democrazia nazionale e quasi tutta la classe dirigente del partito va via. Una stagnazione e un isolamento politico che vanno avanti fino al luglio del 1983 quando Craxi, incaricato di formare il governo, durante le consultazioni riceve anche la delegazione del Msi".

Negli anni Novanta la mamma di Silvio Berlusconi aveva invitato il figlio imprenditore a non legarsi ai missini. Dal suo libro emerge invece che i primi contatti risalivano al 1976 con il finanziamento a Democrazia nazionale.

"Questo è un particolare che viene ignorato, ma non è mai stato smentito. Mi è stato rivelato da Raffaele Delfino, uno dei leader di Dn, che ricevette un finanziamento da parte di Silvio Berlusconi. Quando Dn ottenne il finanziamento pubblico restituì i soldi al giovane imprenditore. Berlusconi fece anche una battuta a Delfino: 'E’ la prima volta che degli uomini politici mi restituiscono dei soldi'. Berlusconi già allora prefigurava una destra democratica perché non vedeva con simpatia il compromesso storico tra Dc e Pci".

Date le simpatie verso il Psi era ovvio che Berlusconi non considerasse positivamente un avvicinamento tra democristiani e comunisti.

"Moro era un uomo di potere e comprese che per gestire il potere la Dc non poteva appoggiarsi al Psi perché i socialisti non riuscivano a superare il 15 per cento dei consensi. Così come negli anni Sessanta insieme a Fanfani aveva portato avanti l’apertura a sinistra della Dc, nel 1976 voleva il compromesso storico con i comunisti".

Almirante diceva: "Scioglierò il Msi quando nessuno voterà più per noi". Il suo delfino Fini ha sciolto il partito nel momento di massimo consenso elettorale.

"Sono diversi i contesti storici. Almirante e Romualdi muoiono nel 1988 in un contesto storico e politico che muterà rapidamente con il crollo del Muro di Berlino e la fine della politica anticomunista della Dc. Nei primi anni Novanta c’è Mani Pulite e Tangentopoli che porta al crollo di due partiti tradizionali come Dc e Psi. Era cambiato sia il quadro politico internazionale che quello interno e Fini è stato abile a cogliere la palla al balzo".

Una critica che viene mossa al presidente della Camera però è quella di essere andato oltre passando in pochi anni dalle citazioni di Mussolini a dichiarazioni come il "fascismo è il male assoluto". Cosa ne pensa?

"Su alcune cose è andato un po’ oltre. Ma ad esempio la frase del ‘fascismo male assoluto’ è stata male interpretata. Parlando agli ebrei in Israele Fini disse che le leggi razziali del ’38 sono un male assoluto e vanno condannate in toto. Fini non è uno storico, è un politico e il fascismo va lasciato agli storici. Anche le sue dichiarazioni politiche vanno considerate in relazione ai contesti storici attuali. Basta guardare anche a quello che dice nei confronti del presidente del Consiglio".

Il Pdl sembra stare stretto a Fini, ma senza Berlusconi il partito non sembra avere ragione di esistere. Come andrà a finire questa alleanza?

"Io non sono un tifoso di Berlusconi perché la mia concezione della vita è difforme da quella del premier, ma devo riconoscere che è dotato di enormi qualità mediatiche. Ha un carisma che Fini non è riuscito a conquistare. Fini soffre per questo perché vorrebbe affermare una sua identità personale nel Pdl. Ma finché sarà presente Berlusconi tutte le varie anime che compongono il Pdl rimarranno unite, quando non ci sarà più lui il partito finirà per sfasciarsi".

Nessun commento:

Posta un commento