La pedofilia di qualche prete, peraltro già isolato dalla Chiesa, è solo un pretesto. Dietro l'ultimo attacco del New York Times a Benedetto XVI c'è ben altro. C'è una lotta di potere: la finanza massonica contro l'Opus dei e la sua penetrazione crescente anche negli Stati Uniti.
Stiamo ai fatti. Le pedofilia nella Chiesa cattolica americana c'è stata, ma è un fatto del tutto marginale. Un recente rapporto governativo Usa (2008) sugli abusi nei confronti dei minori sostiene che «per oltre il 64 per cento sono commessi da genitori, parenti o conviventi, dunque all'interno delle relazioni familiari; nelle scuole degli Stati Uniti quasi il 10 per cento dei ragazzi subisce molestie», mentre gli episodi che coinvolgono preti cattolici si stima che «siano meno dello 0,03 per cento» sul totale degli abusi sui minori.
Accusare Benedetto XVI, come fa il New York Times, di avere omesso scientemente di intervenire sul caso di un singolo prete, accusa poi rivelatasi frutto di una pessima traduzione in inglese di un documento che testimonia l'esatto contrario, induce a pensare che l'obiettivo vero di un giornale così autorevole sia un altro, qualcosa di più concreto e di più importante. Qualcosa che dà fastidio a un certo establishment Usa.
Per esempio, la penetrazione dell'Opus Dei nell'economia e nella finanza americana, da sempre dominio esclusivo di tycoon legati alle logge massoniche e alla finanza ebraica. Non è una tesi a caso, questa. Lo sbarco dell'Opus Dei negli States è infatti l'iniziativa più concreta che la Chiesa di Papa Ratzinger sta patrocinando da anni, in questo raccogliendo il testimone del papato di Karol Wojtyla.
Il Papa polacco è stato un papa guerriero non solo sul piano della fede, ma anche nel campo politico e in quello economico. Nel suo Paese aveva toccato con mano quali e quanti danni aveva provocato per decenni lo sterminio dei 23 mila ufficiali polacchi ad opera di Stalin nella foresta di Katyn. Quegli ufficiali erano professori universitari, manager e laureati, che al momento della leva militare diventavano, per legge, ufficiali. Con il loro sterminio, la Polonia non ha avuto una propria classe dirigenti fino all'avvento di Solidarnosc, un sindacato di cui proprio il Papa polacco è stato un ispiratore prima e un protettore poi.
Dopo essere arrivato sul trono di San Pietro, memore di quella lezione, Wojtyla ha preso atto della debolezza della classe dirigente cattolica nel mondo, e di una dilagante teologia della liberazione dentro la Chiesa, con sconfinamenti nel marxismo in tonaca sempre più evidenti soprattutto nell'America latina.
I suggerimenti per porre rimedio a quella situazione gli vennero dalla frequentazione, negli anni Settanta, di alcuni incontri riservati organizzati a Roma dall'Opus Dei, l'organizzazione fondata dallo spagnolo Josemaria Escrivà de Balaguer, poi beatificato dallo stesso pontefice nel 2002.
La forte capacità di reclutamento di nuovi adepti da parte dell'Opus tra i manager più affermati e influenti, sia in Italia che in tutti i Paesi europei e delle due Americhe, colpì Papa Wojtyla, fino al punto che decise di entrare lui stesso nel movimento e di sostenerlo all'interno della Chiesa.
La prima offensiva fu contro i preti latino-americani che avevano fatto della teologia della liberazione la loro missione, incitando i poveri a ribellarsi anche con le armi.
Al suo fianco, il Papa polacco ebbe come valido aiuto il cardinale Ratzinger, capo della congregazione per la Dottrina della Fede, che istruì un vero e proprio processo di tipo eretico al manifesto della teologia della liberazione lanciato dal teologo peruviano Gustavo Gutierrez. Le teorie di quest'ultimo, al pari di quelle predicate da Ernesto Cardenal (che è stato un prete-ministro del governo sandinista in Nicaragua) e dal brasiliano Leonardo Boff, furono bandite dalla Chiesa cattolica, che poi ne recuperò i contenuti di solidarietà con i poveri, ma senza il mitra in mano.
Risultato: oggi la Chiesa dell'America latina è controllata dai prelati legati all'Opus Dei, che sono stati i primi a votare per Ratzinger papa, dopo la morte di Wojtyla. E al loro fianco sono numerosi i manager legati all'Opus Dei, presenti in tutti i settori dell'economia in molte posizioni di comando.
Lo sbarco a Manhattan dell'Opus Dei è successivo. Ma è stato pianificato in ogni dettaglio e sta avendo un fortissimo impatto. La sede dell'Opus, che all'inizio doveva essere un palazzotto di tre piani, è un piccolo grattacielo di 17 piani nell'Upper East di New York, tra la Trentaquattresima e la Lexington, a due passi da Central Park, un posto per ricchi. La sede, la cui costruzione è finita nel 2001, ha un soprannome, «Torre del potere», che dice tutto.
E la donazione che l'Opus ha ricevuto per la sua realizzazione è tra le più ricche della storia: 60 milioni di dollari in azioni di un'azienda farmaceutica, rivendute con un'enorme plusvalenza.
In pochi anni, l'Opus Dei ha conquistato uomini potenti e molto in vista, non solo nella finanza Usa, ma anche nel mondo politico e in quello della giustizia.
Una crescita che ha prodotto, come era prevedibile, dei potenti anticorpi, soprattutto nel mondo finanziario e dei media, come confermano gli ultimi attacchi del New York Times. Una guerra che merita un approfondimento. Ci torneremo sopra.
Stiamo ai fatti. Le pedofilia nella Chiesa cattolica americana c'è stata, ma è un fatto del tutto marginale. Un recente rapporto governativo Usa (2008) sugli abusi nei confronti dei minori sostiene che «per oltre il 64 per cento sono commessi da genitori, parenti o conviventi, dunque all'interno delle relazioni familiari; nelle scuole degli Stati Uniti quasi il 10 per cento dei ragazzi subisce molestie», mentre gli episodi che coinvolgono preti cattolici si stima che «siano meno dello 0,03 per cento» sul totale degli abusi sui minori.
Accusare Benedetto XVI, come fa il New York Times, di avere omesso scientemente di intervenire sul caso di un singolo prete, accusa poi rivelatasi frutto di una pessima traduzione in inglese di un documento che testimonia l'esatto contrario, induce a pensare che l'obiettivo vero di un giornale così autorevole sia un altro, qualcosa di più concreto e di più importante. Qualcosa che dà fastidio a un certo establishment Usa.
Per esempio, la penetrazione dell'Opus Dei nell'economia e nella finanza americana, da sempre dominio esclusivo di tycoon legati alle logge massoniche e alla finanza ebraica. Non è una tesi a caso, questa. Lo sbarco dell'Opus Dei negli States è infatti l'iniziativa più concreta che la Chiesa di Papa Ratzinger sta patrocinando da anni, in questo raccogliendo il testimone del papato di Karol Wojtyla.
Il Papa polacco è stato un papa guerriero non solo sul piano della fede, ma anche nel campo politico e in quello economico. Nel suo Paese aveva toccato con mano quali e quanti danni aveva provocato per decenni lo sterminio dei 23 mila ufficiali polacchi ad opera di Stalin nella foresta di Katyn. Quegli ufficiali erano professori universitari, manager e laureati, che al momento della leva militare diventavano, per legge, ufficiali. Con il loro sterminio, la Polonia non ha avuto una propria classe dirigenti fino all'avvento di Solidarnosc, un sindacato di cui proprio il Papa polacco è stato un ispiratore prima e un protettore poi.
Dopo essere arrivato sul trono di San Pietro, memore di quella lezione, Wojtyla ha preso atto della debolezza della classe dirigente cattolica nel mondo, e di una dilagante teologia della liberazione dentro la Chiesa, con sconfinamenti nel marxismo in tonaca sempre più evidenti soprattutto nell'America latina.
I suggerimenti per porre rimedio a quella situazione gli vennero dalla frequentazione, negli anni Settanta, di alcuni incontri riservati organizzati a Roma dall'Opus Dei, l'organizzazione fondata dallo spagnolo Josemaria Escrivà de Balaguer, poi beatificato dallo stesso pontefice nel 2002.
La forte capacità di reclutamento di nuovi adepti da parte dell'Opus tra i manager più affermati e influenti, sia in Italia che in tutti i Paesi europei e delle due Americhe, colpì Papa Wojtyla, fino al punto che decise di entrare lui stesso nel movimento e di sostenerlo all'interno della Chiesa.
La prima offensiva fu contro i preti latino-americani che avevano fatto della teologia della liberazione la loro missione, incitando i poveri a ribellarsi anche con le armi.
Al suo fianco, il Papa polacco ebbe come valido aiuto il cardinale Ratzinger, capo della congregazione per la Dottrina della Fede, che istruì un vero e proprio processo di tipo eretico al manifesto della teologia della liberazione lanciato dal teologo peruviano Gustavo Gutierrez. Le teorie di quest'ultimo, al pari di quelle predicate da Ernesto Cardenal (che è stato un prete-ministro del governo sandinista in Nicaragua) e dal brasiliano Leonardo Boff, furono bandite dalla Chiesa cattolica, che poi ne recuperò i contenuti di solidarietà con i poveri, ma senza il mitra in mano.
Risultato: oggi la Chiesa dell'America latina è controllata dai prelati legati all'Opus Dei, che sono stati i primi a votare per Ratzinger papa, dopo la morte di Wojtyla. E al loro fianco sono numerosi i manager legati all'Opus Dei, presenti in tutti i settori dell'economia in molte posizioni di comando.
Lo sbarco a Manhattan dell'Opus Dei è successivo. Ma è stato pianificato in ogni dettaglio e sta avendo un fortissimo impatto. La sede dell'Opus, che all'inizio doveva essere un palazzotto di tre piani, è un piccolo grattacielo di 17 piani nell'Upper East di New York, tra la Trentaquattresima e la Lexington, a due passi da Central Park, un posto per ricchi. La sede, la cui costruzione è finita nel 2001, ha un soprannome, «Torre del potere», che dice tutto.
E la donazione che l'Opus ha ricevuto per la sua realizzazione è tra le più ricche della storia: 60 milioni di dollari in azioni di un'azienda farmaceutica, rivendute con un'enorme plusvalenza.
In pochi anni, l'Opus Dei ha conquistato uomini potenti e molto in vista, non solo nella finanza Usa, ma anche nel mondo politico e in quello della giustizia.
Una crescita che ha prodotto, come era prevedibile, dei potenti anticorpi, soprattutto nel mondo finanziario e dei media, come confermano gli ultimi attacchi del New York Times. Una guerra che merita un approfondimento. Ci torneremo sopra.
(di Fabio Talenti)
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