La storia della destra mai nata attende un finale. Ma a margine della guerra in corso tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini resta appesa una domanda, anzi due: dove va la destra, ci sarà ancora una destra in Italia?
“Dove va la destra non so” dice Antonio Pennacchi a Panorama «non faccio il mago. Posso solo dire dove mi piacerebbe che andasse: vorrei che scegliesse una direzione guaresco-togliattiana”. La proposta del vincitore del premio Strega, autore di Canale Mussolini, nonché esegeta della radice “fascio-comunista” nella viva vena italiana, è quella di un ritorno all’unità di popolo. “Giovannino Guareschi è un grande. E non tanto per quello che ci ha lasciato nei suoi libri ma” spiega Pennacchi “per i film di Peppone e don Camillo, le pellicole da lui controllate, l’intera opera immortale dove il racconto della sua destra, quella del suo profondo anticomunismo, è reso come materia viva nel risultato: nella rappresentazione della fatica di tutti di restare uniti. Uniti nella diversità. Prima degli interessi dei singoli, e delle aziende, vale l’interesse del popolo. E questo lo voleva Guareschi. E così pure Palmiro Togliatti”.
Un disinnescare le micce di un’eterna guerra civile. Berlusconi sdogana Fini e la destra che ha atteso per mezzo secolo di tornare in scena trova oggi un epilogo amaro. “Premesso che la destra coincide con la critica e la comprensione del fascismo” sostiene Davide Rondoni, tra i massimi poeti contemporanei, cattolico, protagonista del Meeting di Cl, “la destra è finita da un pezzo, da quando ha scelto di essere puramente politica e non culturale. La guerra tra Berlusconi e Fini è solo una pura lotta di logge, è solo un altro cinema, l’unico fatto vero è che la destra non c’è”. E il berlusconismo? “Non è destra”. E Fare futuro, Futuro e libertà? “Non è destra. Non fanno la destra”.
Mario Desiati, romanziere, direttore editoriale della Fandango, ha raccontato la destra attraverso le pagine di Vita precaria e amore eterno (Mondadori). Ecco il suo punto di vista: “Della destra che ricordo della mia adolescenza poco rimane in questo Pdl. La destra, infatti, ha una forte base proletaria, ha avuto linfa e forza dalla gioventù. Il protagonista del mio libro lo immagino oggi elettore di Francesco Storace, ma è anche vero che tanti, a destra, in Puglia, oggi votano per Nichi Vendola. È la variabile del tatarellismo. Quelli nati e cresciuti in quel laboratorio oggi saccheggiato dai futuristi di Fini non possono proprio votare per i Quagliariello e i Fitto”. Vendola è sangue di popolo, la destra proletaria ha sempre cercato di farsi nazione e stato. Alessandro Giuli, vicedirettore del Foglio, autore di un fortunato saggio Einaudi dal titolo Il passo delle oche. L’identità irrisolta dei neofascisti, un’indagine calata dentro la destra, così dice: “La definizione della destra è presto fatta, il senso dello stato, la res publica, l’omaggio ai costumi dei padri. Berlusconi di sicuro appartiene alla terza casta, quella dei produttori di beni, insomma è un bottegaio fuori posto. Ma Fini e i suoi non rappresentano certo la destra. Fosse solo per il necessario requisito di riconoscere i padri. Ne hanno ammazzati tanti di padri che neppure un serial killer”. Nessuno rappresenta la destra, insomma? “Ecco” sentenzia Giuli “i magistrati non politicizzati”. E poi? “Gli insegnanti non sindacalizzati”. La toga e la cattedra, e poi anche la caserma: “Ovvio”.
Dov’è, dunque, la destra, esiste ancora? “C’è solo quella di Berlusconi” risponde Luciano Sovena, amministratore e anima dell’Istituto Luce. “Lui è la destra, lui è il liberale. Io che me lo guardo ogni giorno, per lavoro, l’archivio del Novecento, posso ben dire che le due categorie, destra e sinistra, alla resa dei conti non ci sono più“. Al termine della notte di un lungo Novecento dunque. Un attento lettore di Louis-Ferdinand Céline qual è Stenio Solinas dice: “La fine che aspetta questa destra è il suo inizio, non essere mai esistita“. Ma il sentimento diffuso di destra, quello che comunque alligna? “Sentimento diffuso di moderatismo, direi. È solo rassegnazione. E cinismo. Ma quella è l’Italia, qualcosa che come la destra, appunto, alligna ma non esiste”. Una voce squillante a destra è senz’altro CasaPound, il centro sociale movimentista e creativo che trova voce nel suo leader, Gianluca Iannone: “Il futuro della destra? Politicamente bisogna attendere i risultati dell’ennesima contorsione finiana, ultimo capitolo di una storia personale e opportunista. La destra è stata incapace di concepire la grande politica. Potrà vincere ancora le elezioni, congiure di palazzo permettendo, ma non sa pensare il futuro”.
La destra macina dibattiti, interventi, proposte. A cura di Giuliano Compagno, filosofo, allievo di Mario Perniola, è uscito un libro dal titolo In alto a destra. C’è il racconto di tre anni di idee. Tre anni che sono stati il prologo di questa guerra appena conclusa tra Fini e Berlusconi. Gli interventi sono di Alessandro Campi, Umberto Croppi, Luciano Lanna, Flavia Perina, Annalisa Terranova e Filippo Rossi. Indubbiamente da destra si detta l’agenda di quella che un tempo sarebbe stato lo stanco appalto dell’egemonia culturale della sinistra. La destra finalmente c’è, ma per non esserci.
Che fine farà questa destra, dunque. Ma anche: che fine farà questo Paese. Antonio Scurati, un altro fra gli scrittori italiani, tra i più amati, una voce dichiaratamente di sinistra, editorialista della Stampa, offre questo suo punto di vista: “La destra ha un compito epocale: riportare il Sud in Italia e poi portare la nostra nazione in Europa. Siamo obbligati a studiare il nostro destino con un occhio storico e non con le trappole del cronachismo. Francamente non voglio morire cinese. L’Italia è prossima a dividersi e alla destra è dato il compito di allargare lo sguardo geopolitico e trovare un esito alla nostra condizione, prossima al disgregarsi. Ma il berlusconismo, si sa, è stato un fenomeno di costume, non un capitolo della politica. E questo è lo scoglio su cui naufraga Berlusconi”. Ecco, uno scoglio a destra.
(di Pietrangelo Buttafuoco)
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