Il videomessaggio promesso per le prossime ore dovrà essere il momento della verità per Gianfranco Fini. Si tratta di una scelta giusta, anche se tardiva, perché il presidente della Camera avrà la possibilità di chiarire tutti gli aspetti ancora oscuri della vicenda della casa di Montecarlo. E anche di dare una risposta convincente a un'opinione pubblica frastornata da tutto ciò che è accaduto e sta accadendo in questi giorni: l'apertura di una delle pagine più torbide e avvilenti della politica italiana, mai come oggi macchiata da sospetti, guerre di dossier, insinuazioni, denigrazioni, lotte di potere che finiscono per infangare, insieme, ruoli istituzionali e apparati di sicurezza.
Dovrà dire, come già il Corriere ha provveduto a chiedere nell'agosto scorso, come mai la casa di Montecarlo, eredità di Alleanza Nazionale, sia finita nella disponibilità del «cognato» Giancarlo Tulliani: il «disappunto» e lo sconcerto già evocati dal presidente della Camera non bastano. Dovrà dire qualcosa sul contratto di compravendita a una società off-shore. Sull'asserita congruità del prezzo di vendita dell'immobile. Dovrà dire se in questi mesi tormentati ha chiesto al signor Tulliani ragguagli sulla titolarità della (anzi delle) società che hanno acquistato la casa per poi affittarla allo stesso soggetto che se n'era fatto intermediario. E soprattutto, davvero sopra ogni altra cosa, quale risposta il presidente della Camera ha ricevuto dal signor Tulliani.
Sinora Fini ha dichiarato di confidare nelle indagini della magistratura. Non è sufficiente. Oltre agli (eventuali) reati esistono i comportamenti: lo stesso «codice etico» che a Mirabello Gianfranco Fini ha dichiarato di voler stilare a tutela dell'onore della politica. La sua non dovrà essere una risposta ai magistrati, ma alle istituzioni, alla politica, e persino a quella fetta di opinione pubblica che guarda con interesse alle posizioni del presidente Fini. Le risposte le deve Fini, ma anche il premier. È vero che uomini a lui vicini (o gli stessi servizi che dipendono da Palazzo Chigi) hanno contribuito a costruire dossier per demolire la figura pubblica della terza carica dello Stato? Accusa degli alleati, non dell'opposizione.
Solo così è possibile fermare quella spirale di imbarbarimento della lotta politica che lascia allibita e sgomenta l'opinione pubblica incapace di rassegnarsi all'idea che la guerra nella maggioranza non abbia nessuna attinenza con i contenuti, ma con un avvitarsi sempre più disinibito nei gorghi delle rappresaglie, dei colpi bassi e dei massacri mediatici. È incredibile che il conflitto politico abbia come incontrastati protagonisti faccendieri e avventurieri, autentiche barbe finte (o un po' posticce), accompagnatori, investigatori, carte intestate di paradisi fiscali, siti caraibici che prima anticipano notizie bomba e poi fanno sparire le notizie anticipate, precari ministri della Giustizia che, sia detto con il massimo rispetto per il governo sovrano di Saint Lucia, difficilmente appaiono paragonabili a luminose figure di studiosi del diritto come Giuliano Vassalli o Giovanni Conso. La soglia della decenza è stata oltrepassata. Non resta che tornare indietro e riacquistare, tutti, un profilo di dignità. Per quanto malandata, l'Italia non merita un trattamento simile.
(di Pierluigi Battista)
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