venerdì 1 ottobre 2010

Russia: s’incrina la diarchia Putin-Medvedev?


Stanno forse affiorando importanti elementi di novità ad est. In primo luogo, perché l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali russe, previste per il 2012, sembra aver messo in moto dinamiche impreviste all’interno del quadro politico federale, incrinando l’asse di ferro che da lunghi anni lega il presidente Dmitrij Medvedev al primo ministro, Vladimir Putin. Inoltre, ci sono fatti nuovi anche sotto il profilo della politica estera ed energetica della Federazione russa, come è emerso in occasione della visita ufficiale compiuta proprio dall’inquilino del Cremlino nella Repubblica popolare cinese. In entrambi i casi, siamo in presenza di processi politici suscettibili di produrre rilevanti conseguenze tanto a livello europeo quanto sotto il profilo degli interessi nazionali italiani, posto che il nostro paese è uno tra i partner occidentali di maggior peso della Federazione russa.

Per quanto riguarda la politica interna russa, il dato nuovo è l’evidente crescita delle ambizioni del presidente Medvedev, che pare sempre meno disposto ad assecondare il disegno putiniano di un avvicendamento al Cremlino in occasione delle prossime presidenziali. Il duello tra le due massime cariche dello stato, scoppiato a proposito del destino del sindaco di Mosca, Juuri Luzhkov, custode dell’ortodossia putiniana e destinatario di un durissimo attacco del presidente federale, non ha ancora assunto forme incompatibili con un futuro accordo di spartizione del potere, ma pare evolvere nella direzione di uno scontro aperto. Lo proverebbe anche la decisione assunta da Medvedev, e certamente non gradita da Putin, d’incoraggiare la creazione di un partito a supporto della sua rielezione, destinato a far concorrenza proprio a “Russia unita”.

La nuova formazione, che è stata battezzata “Russia avanti”, ha visto la luce lo scorso 25 settembre, e sembra puntare alla conquista dei consensi di coloro che in questi anni, pur sostenendo le riforme e la restaurazione dell’autorità dello stato, sono comunque in parte rimasti insoddisfatti del percorso compiuto da Putin e cercano quindi delle alternative. Medvedev, che proviene dai vertici di Gazprom, aspirerebbe del resto proprio a rappresentare il volto di una Russia nuova e maggiormente incline ad aprirsi alla modernità ed alla competizione economica internazionale. Da un punto di vista di logica sistemica, l’iniziativa assunta da Medvedev è peraltro del tutto razionale e coerente con gli interessi geopolitici di lungo termine della Federazione e se avrà successo permetterà d’incanalare verso forme tollerabili per il contesto istituzionale la necessità di un maggior pluralismo che si avverte ormai in Russia.

Un programma come quello che il presidente si accinge a sostenere è destinato però fatalmente a scontrarsi con importanti resistenze e potenti interessi consolidati. Di qui, le incognite che si iniziano a scorgere sul futuro immediato della Federazione. Se Medvedev facesse sul serio, infatti, non è difficile intravedere l’insorgenza di difficoltà con il complesso mondo dei siloviki , i rappresentanti dei cosiddetti “dicasteri della forza” (Difesa, Interni, Sicurezza) che cercheranno di vendere cara la pelle scommettendo una volta di più sul rilancio della figura di Putin, impiegando tutte le risorse di cui dispongono.

Potrebbero derivarne una certa instabilità interna della Russia e persino un’accentuazione delle tensioni internazionali nel cosiddetto “estero vicino” della Federazione, in quanto ritenute funzionali al rafforzamento del primo ministro nei confronti dell’attuale presidente, sulla base di quanto accadde nell’estate 2008. A Medvedev, che ha la sua più forte base elettorale nella nascente comunità d’affari russa, gioverebbero di contro un ambiente tranquillo e l’avanzata di un processo distensivo globale.

Medvedev cerca di rafforzarsi anche sul piano internazionale

Per crescere ulteriormente, e ritagliarsi un’immagine internazionale paragonabile a quella del suo potenziale rivale, il presidente russo ha certamente necessità anche di sovrapporre una propria rete di amicizie e rapporti personali a quella a suo tempo allestita dal suo primo ministro. Potrebbe essere visto sotto questa luce lo stesso recente appuntamento di Jaroslavl’, nella misura in cui ha permesso a Medvedev di rinsaldare alcune relazioni ed aprirne di nuove, mettendosi in concorrenza con Putin anche in questo delicato settore.

Che questo possa essere il disegno sembra confermato da una serie d’indizi. A pochi giorni dalla conferenza internazionale svoltasi sulle rive della Volga, il presidente russo si è ad esempio recato in visita ufficiale a Pechino, siglando accordi d’importanza fondamentale, come quello che garantirà alla Repubblica popolare 30 milioni di tonnellate di greggio nei prossimi vent’anni, e ventilando l’ipotesi che Mosca possa in futuro fornire alla Cina tutto il gas di cui necessita. E’ stata una mossa abile, che non solo migliorerà la posizione della Russia nei confronti dell’Europa, ma permetterà al Cremlino di acquisire un certo peso contrattuale anche rispetto a Pechino, che molti analisti di Mosca considerano una minaccia futura alla sicurezza nazionale.

Tra il 18 ed il 19 ottobre, inoltre, Medvedev incontrerà a Deauville, in Francia, Nicolas Sarkozy ed Angela Merkel, per discutere di temi strettamente collegati al progetto di una nuova architettura di sicurezza europea che il presidente coltiva dalla sua entrata in carica, oltre che dell’agenda dei lavori in programma al prossimo G20 di Seul. Anche in questo caso, il formato dell’appuntamento pare ricalcare quello di altri incontri promossi da Putin dal 2003 in poi. Il fatto che l’Italia ne sia rimasta fuori sembra legato alla scarsa autonomia dagli Stati Uniti ed alla fedeltà alla cornice atlantica di cui Roma ha dato dimostrazione nella sfera della sicurezza, anche in occasione della ministeriale Nato svoltasi a Tallinn nella primavera scorsa, schierandosi contro l’ipotesi di rimuovere le testate nucleari tattiche Usa dall’Europa, che era invece caldeggiata dalla Germania.

E’ comunque evidente come la competizione tra i due maggiori centri del potere russo possa ad un dato momento comportare delle scelte. Putin è stato l’interlocutore privilegiato di molti autorevoli leader europei, inclusi il presidente francese e lo stesso presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi. L’attuale inquilino del Cremlino ambisce ad affiancarlo e rimpiazzarlo gradualmente in questa funzione. Il capo del governo italiano ha avuto buon gioco nel sostenere finora che la propria posizione istituzionale gli impone di intrattenere rapporti privilegiati con il suo omologo a Mosca. Ma non è detto che gli altri maggiori leader occidentali faranno la stessa cosa. Sarà interessante, in particolare, osservare come si muoverà il presidente Usa, Barack Obama, che non dovrebbe tardare a percepire l’opportunità che si sta materializzando per recuperare influenza in Russia.

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