A chi fa gioco il gioco di Wikileaks? Finora poco più di seicento di 251.287 messaggi diplomatici americani “rubati” sono apparsi in rete ma c’è già chi parla di complotto. Due sono le direttrici indicate: Julian Assange e i suoi collaboratori si vogliono arricchire oppure stanno lavorando per favorire la politica di un governo. Le teorie complottiste abbondano sul web. Nel mirino, quasi sempre, Stati Uniti e Israele. E anche questa volta, in prima linea tra gli accusati, i due Paesi.
In un’intervista alla rivista americana Time il fondatore di Wilkileaks ha fatto le lodi di Netanyahu che, ha detto, è convinto che le rivelazioni aiuteranno la ricerca della pace in Medio Oriente. «Il premier israeliano sostiene che i leader devono parlare in pubblico come parlano nel privato». I documenti classificati finora pubblicati giocano sicuramente a favore di Tel Aviv. Sia quando i diplomatici americani raccontano come molti leader arabi sono preoccupati per la politica di Teheran, sia quando spiegano che nonostante lo stato formale di belligeranza tra arabi e Israele, esistono ottimi rapporti tra molti paesi del Golfo e il “nemico”.
Wikileaks è nato nel dicembre 2006 e sostiene di «essere stato fondato da dissidenti cinesi, giornalisti, matematici ed esperti di informatica dagli Stati Uniti, Taiwan, Europa, Australia e Sud Africa». E anche se oggi c’è chi sospetta un ruolo dei cinesi nella raccolta e disseminazione dei documenti, molti cinesi vicini al regime sono convinti che Assange e i suoi siano in qualche modo collegati al Mossad, il servizio segreto di Tel Aviv.
Su un sito britannico qualcuno ha trovato “intrigante” una frase di un articolo del giornalista israeliano Yossi Melman, pubblicato sul quotidiano The Independent. Melman mette insieme tre eventi «apparentemente non collegati tra loro». Il primo, la pubblicazione dei documenti molti dei quali riguardano le preoccupazioni del mondo con il programma nucleare iraniano; il secondo, l’assassinio misterioso a Teheran del più importante scienziato nucleare iraniano e il ferimento di un altro; e infine la nomina di Tamir Pardo come nuovo capo del Mossad. «Ma c’è un legame tra di loro. Sono parte dello sforzo interminabile dell’Intelligence israeliana, insieme con le loro controparti in Occidente compreso l’M16 britannico e la Cia americana, per sabotare, ritardare e se possibile per impedire all’Iran di raggiungere il suo scopo di ottenere la sua prima bomba nucleare». Melman non ha voluto chiarire oltre il suo pensiero.
Accuse al Mossad, dopo quelle scontate di Ahmadinejad, sono arrivate ieri anche dalla Turchia, vecchio alleato strategico di Israele ora su posizioni nettamente contrarie alla politica del governo Netanyahu. Huseyin Celik, numero due del partito del premier Erdogan ha indicato che «Israele è soddisfatto» per le rivelazioni. «Ancora prima che i documenti fossero diffusi, già dicevano che “Israele non avrà problemi”». I documenti riservati finora pubblicati, sono imbarazzanti per Erdogan.
Fin qui, le valutazioni di chi cerca motivazioni politiche per “il complotto”. Per altri, il vero obiettivo di Assange e dei suoi collaboratori è di favorire il grande business dell’high-tech, dunque quella portante dell’economia israeliana. Appena venuta fuori la notizia della “fuga”, il governo americano e quelli di molti altri Paesi del mondo si sono messi alla ricerca di sistemi di difesa elettronica per garantire la sicurezza dei loro siti. «E’ un po’ com’è accaduto con la sicurezza negli aeroporti, nei porti e in altre strutture pubbliche dopo i vari allarmi terrorismo», spiega un esperto del settore e ricordando che anche in questo le aziende israeliane sono le più quotate.
(fonte: http://www.ilmessaggero.it/)
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