A sessant’anni dalla sua morte, avvenuta il 7 gennaio del 1951, René Guenon può dirsi un autore molto più influente di quanto si potesse supporre dopo quarant’anni di oblio. Ma tale riabilitazione non è proprio avvenuta nel segno che avrebbero sperato lui e i suoi seguaci più devoti. Francese di Blois, classe 1886, Guénon fu un ènfant prodige degli angiporti e dei salotti della Parigi spiritualista della Belle Èpoque.
Fu accolto e "iniziato" in numerose conventicole spiritualiste o massoniche fra cui il martinismo, una chiesa gnostica, la massoneria scozzesista, gruppi neotemplari (uno dei quali fondato da lui medesimo su ordine di Cagliostro). Molto intelligente ma di cultura indisciplinata, il viso appuntito, gli occhi penetranti, Guénon si definiva un metafisico e diceva di essere in contatto con emissari dell’islamismo sufi, del taoismo, dell’induismo e delle più rare e misteriose tradizioni religiose. Collaborò con molte riviste, anche cattoliche, combattendo, nella prima fase della sua attività, teosofia e spiritismo (che giudicava pericolosi accessi al mondo infero).
Nel 1912, si convertì segretamente all’Islam. Nei quarant’anni che seguirono scrisse numerose opere, oggi quasi tutte tradotte da Adelphi (Il Regno della quantità e i segni dei tempi, La grande triade, Introduzione generale allo studio delle dottrine indù) o da piccoli editori d’estrazione massonica. Al centro delle sue riflessioni, di stampo apocalittico, ci sono: il concetto di "tradizione", un particolare perennialismo, una critica radicale della civiltà moderna e una dottrina minuziosa sulla coppia oppositiva esoterico-exoterico.
Il tutto, squadernato per guidare i pochi capaci di scorgere la luce in mezzo alle tenebre sempre più dense dei tempi ultimi. Quanto al cattolicesimo, per lui era una sorta di guscio vuoto, spiritualmente "inattivo". Spiegava i motivi di tale situazione con ragionamenti complessi e capziosi ma alla base c’era la mancanza di fede nella resurrezione di Cristo. Affermava che tutto ciò che di buono poteva venire dalla "forma" del cattolicesimo, arrivava dall’influsso di altre tradizioni più antiche che in esso si erano innestate.
Nel 1930 si trasferì al Cairo e divenne sheik di una conventicola sufi. La sua scarsa conoscenza della tradizione che principalmente intendeva criticare, il cristianesimo (ignorava quasi completamente la Patristica) ha pregiudicato il valore dei suoi studi sul simbolismo e sulla storia comparata delle religioni, sebbene sia possibile raccogliere, nelle sue pagine, intuizioni interessanti.
L’influenza di Guénon, ribattezzatosi ’Abd al-Wâhid Yahyâ, è stata a lungo limitata all’ambito dello spiritualismo militante. Nel tempo, però, piccoli gruppi hanno continuato a ricercare una (impossibile) concordanza tra il suo pensiero antimodernista e il cattolicesimo. È il caso di Marcel Clavelle, attratto dalle suggestioni esoteriche dello scrittore di Blois. Nessuno, oggi, che riconosca il depositum fidei potrebbe seriamente prendere in considerazione lo gnosticismo di Guénon.
Per lui la tradizione esoterica, trasmessa segretamente sin dai primi cristiani, rappresenterebbe l’essenza vera di quella «superiore realizzazione tradizionale», in pratica la salvezza, che sarebbe divenuta impossibile al comune praticante cattolico ancorato al "dominio religioso o exoterico"; un dominio limitato alla regolazione della morale, al devozionalismo e al (da Guénon vituperato) misticismo. In tale visione (tipica delle trattazioni magico-occultistiche romantiche) l’esoterismo diviene parallelo ma indipendente dall’exoterismo.
Lui stesso riconosceva parzialmente valide soltanto l’Ortodossia e l’islam cui si convertì. Nell’ambito spiritualistico (iniziatico, gnostico), invece, il suo influsso è andato via via ampliandosi tanto che oggi può considerarsi come uno dei pensatori più influenti nel demi monde esoterico e nello gnosticismo massonico (molte le logge a lui dedicate). Fenomeno più recente, invece, è l’interesse che le sue opere suscitano nell’esoterismo popolare, nello spiritualismo pop e persino New Age che s’è appropriato dei suoi modi e dei suoi concetti.
La distinzione fra esoterico ed exoterico si è diffusa in saggi di pseudostoria religiosa, nelle cataste di thriller sulla ricerca delle verità perdute, nei drammoni sulle origini del cristianesimo, nelle inchieste da carta patinata su misteri ed enigmi, nelle trasmissioni in seconda serata sulle verità inconfessabili. Così Guénon l’aristocratico, l’elitario flautato, il silente circondato da discepoli riservatissimi e devoti, come Frituhof Schuon, è divenuto, per una perfida eterogenesi dei fini, un maestro malgré lui di quella che lui stesso avrebbe chiamato l’antitradizione.
Ma la contraddizione era ben dentro al suo pensiero: teorizzando l’esistenza di una super-religione riservata ad un’élite di iniziati, capaci di passare da un culto all’altro, da una religione all’altra, si è trovato a condividere quest’idea con le masse ribollenti degli zeloti del relativismo.
Fu accolto e "iniziato" in numerose conventicole spiritualiste o massoniche fra cui il martinismo, una chiesa gnostica, la massoneria scozzesista, gruppi neotemplari (uno dei quali fondato da lui medesimo su ordine di Cagliostro). Molto intelligente ma di cultura indisciplinata, il viso appuntito, gli occhi penetranti, Guénon si definiva un metafisico e diceva di essere in contatto con emissari dell’islamismo sufi, del taoismo, dell’induismo e delle più rare e misteriose tradizioni religiose. Collaborò con molte riviste, anche cattoliche, combattendo, nella prima fase della sua attività, teosofia e spiritismo (che giudicava pericolosi accessi al mondo infero).
Nel 1912, si convertì segretamente all’Islam. Nei quarant’anni che seguirono scrisse numerose opere, oggi quasi tutte tradotte da Adelphi (Il Regno della quantità e i segni dei tempi, La grande triade, Introduzione generale allo studio delle dottrine indù) o da piccoli editori d’estrazione massonica. Al centro delle sue riflessioni, di stampo apocalittico, ci sono: il concetto di "tradizione", un particolare perennialismo, una critica radicale della civiltà moderna e una dottrina minuziosa sulla coppia oppositiva esoterico-exoterico.
Il tutto, squadernato per guidare i pochi capaci di scorgere la luce in mezzo alle tenebre sempre più dense dei tempi ultimi. Quanto al cattolicesimo, per lui era una sorta di guscio vuoto, spiritualmente "inattivo". Spiegava i motivi di tale situazione con ragionamenti complessi e capziosi ma alla base c’era la mancanza di fede nella resurrezione di Cristo. Affermava che tutto ciò che di buono poteva venire dalla "forma" del cattolicesimo, arrivava dall’influsso di altre tradizioni più antiche che in esso si erano innestate.
Nel 1930 si trasferì al Cairo e divenne sheik di una conventicola sufi. La sua scarsa conoscenza della tradizione che principalmente intendeva criticare, il cristianesimo (ignorava quasi completamente la Patristica) ha pregiudicato il valore dei suoi studi sul simbolismo e sulla storia comparata delle religioni, sebbene sia possibile raccogliere, nelle sue pagine, intuizioni interessanti.
L’influenza di Guénon, ribattezzatosi ’Abd al-Wâhid Yahyâ, è stata a lungo limitata all’ambito dello spiritualismo militante. Nel tempo, però, piccoli gruppi hanno continuato a ricercare una (impossibile) concordanza tra il suo pensiero antimodernista e il cattolicesimo. È il caso di Marcel Clavelle, attratto dalle suggestioni esoteriche dello scrittore di Blois. Nessuno, oggi, che riconosca il depositum fidei potrebbe seriamente prendere in considerazione lo gnosticismo di Guénon.
Per lui la tradizione esoterica, trasmessa segretamente sin dai primi cristiani, rappresenterebbe l’essenza vera di quella «superiore realizzazione tradizionale», in pratica la salvezza, che sarebbe divenuta impossibile al comune praticante cattolico ancorato al "dominio religioso o exoterico"; un dominio limitato alla regolazione della morale, al devozionalismo e al (da Guénon vituperato) misticismo. In tale visione (tipica delle trattazioni magico-occultistiche romantiche) l’esoterismo diviene parallelo ma indipendente dall’exoterismo.
Lui stesso riconosceva parzialmente valide soltanto l’Ortodossia e l’islam cui si convertì. Nell’ambito spiritualistico (iniziatico, gnostico), invece, il suo influsso è andato via via ampliandosi tanto che oggi può considerarsi come uno dei pensatori più influenti nel demi monde esoterico e nello gnosticismo massonico (molte le logge a lui dedicate). Fenomeno più recente, invece, è l’interesse che le sue opere suscitano nell’esoterismo popolare, nello spiritualismo pop e persino New Age che s’è appropriato dei suoi modi e dei suoi concetti.
La distinzione fra esoterico ed exoterico si è diffusa in saggi di pseudostoria religiosa, nelle cataste di thriller sulla ricerca delle verità perdute, nei drammoni sulle origini del cristianesimo, nelle inchieste da carta patinata su misteri ed enigmi, nelle trasmissioni in seconda serata sulle verità inconfessabili. Così Guénon l’aristocratico, l’elitario flautato, il silente circondato da discepoli riservatissimi e devoti, come Frituhof Schuon, è divenuto, per una perfida eterogenesi dei fini, un maestro malgré lui di quella che lui stesso avrebbe chiamato l’antitradizione.
Ma la contraddizione era ben dentro al suo pensiero: teorizzando l’esistenza di una super-religione riservata ad un’élite di iniziati, capaci di passare da un culto all’altro, da una religione all’altra, si è trovato a condividere quest’idea con le masse ribollenti degli zeloti del relativismo.
(di Mario Iannaccone)
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