Fini ha formulato idee e programmi che hanno suscitato interesse e consensi in una parte del Parlamento e del Paese, ha creato un partito ed è passato all'opposizione. Quando i suoi vecchi compagni del Pdl hanno sostenuto che il nuovo ruolo è incompatibile con le sue funzioni istituzionali, Fini ha risposto che sarebbe stato capace di essere contemporaneamente leader politico e scrupoloso presidente della Camera. Ho avuto qualche dubbio e ho pensato che certi sdoppiamenti sono da evitare. Ma i regolamenti parlamentari non permettevano di obbligarlo alle dimissioni e la prova di una promessa dipende, dopo tutto, dal modo in cui è mantenuta.
Da allora il rebus italiano, come lo chiamava Cecilia Kin, una intellettuale russa innamorata dell'Italia, è diventato ancora più imbrogliato. Il premier è inquisito per uno scandalo che ha fatto il giro del mondo, ma resta al suo posto ed è sostenuto da una coalizione che è ancora maggioranza. La lunga marcia verso il federalismo si scontra con difficoltà che potrebbero provocare la fine della legislatura. L'ombra delle elezioni anticipate incombe sul quadro politico e chiama in causa il ruolo decisivo del capo dello Stato. La Corte costituzionale è stata costretta a decidere se e quando il presidente debba andare in tribunale per difendersi. Tutte le maggiori istituzioni sono costrette a uscire dai loro binari per affrontare ostacoli imprevisti. Mai come ora l'Italia ha avuto bisogno di persone che non siano protagoniste di un duro scontro politico e reggano con forza il timone delle regole e delle procedure. Queste persone sono soprattutto il presidente della Repubblica e i presidenti delle Camere: un terzetto che deve poter richiamare i contendenti alle regole del gioco. Fini dovrebbe chiedersi se le circostanze gli consentano di esercitare questa funzione nel miglior modo possibile. Non metto in discussione le sue capacità e le sue intenzioni, ma osservo che ogni sua decisione istituzionale, nelle prossime settimane, potrebbe diventare ragione o pretesto di sospetti e accuse.
(di Sergio Romano)
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