Il Giovedì Santo del 1934, il capo dell'Ufficio stampa di Mussolini, Gaelazzo Ciano, telefonò a casa del giovane Yvon De Begnac per invitarlo ad un colloquio con il Duce, rimasto impressionato dal volume del giovane autore di «Trent'anni di Mussolini: 1883-1915». Il capo del fascismo si aprì al giornalista al punto che tra i due si stabilì immediatamente una corrente di simpatia. De Begnac non ci mise molto a maturare l'idea di una completa biografia mussoliniana avvalendosi della disponibilità del Duce a metterlo a parte, in una serie di incontri, delle sue idee e degli aspetti più intimi della sua vita e della sua formazione intellettuale. Dai colloqui vennero fuori due volumi; un terzo vide luce nel dopoguerra, intitolato «Palazzo Venezia. Storia di un regime». I monologhi di Mussolini furono registrati da De Begnac per circa dieci anni il cui compilatore li riordinò incessantemente fino alla fine della sua vita, nel 1983.
Sette anni dopo Francesco Perfetti li pubblicò con il titolo «Taccuini mussoliniani» che oggi Il Mulino ripropone, senza cambiare una virgola, con la stessa preziosa introduzione del curatore e la prefazione di Renzo De Felice (pp.642, 19 euro). Il grande storico del fascismo, sottolineando l'importanza di questo materiale, rivisto e risistemato da Perfetti, ci permette di comprendere «alcuni aspetti e momenti essenziali della sua formazione e, se non della sua politica in senso proprio, del suo atteggiamento di fronte alla realtà politica». Frequentemente De Begnac, le cui vicende private e pubbliche, a cominciare dalla folgorante carriera giornalistica, Perfetti ricostruisce minuziosamente nella densa ed intrigante nota introduttiva, ebbe la fortuna di essere l'ultimo interlocutore delle lunghe e faticose giornate di Mussolini, divenendo così depositario delle considerazioni e degli sfoghi del suo alto interlocutore. Una «posizione di privilegio», la definì lo stesso De Begnac che raccoglieva anche racconti utili e ai più sconosciuti di brandelli della vita disordinata del giovane Mussolini che forse sono la parte più interessante dei «Taccuini» che contengono le esperienze più pregnanti del suo tumultuoso cammino, dall'agitatissimo noviziato rivoluzionario con i sindacalisti e gli antimilitaristi, all'ascesa nel Partito socialista e fino alla guerra e alla rottura con il mondo marxista.
Non vi è dubbio che le pagine più interessanti di questo densissimo volume che suscitò scalpore quando fu pubblicato la prima volta nel 1990, sono quelle in cui il racconto s'intreccia con le storie sapide di avventure intellettuali e di passione sovversiva che hanno avuto a protagonisti personaggi del livello di Angelica Balabanoff, la vera «ispiratrice» di Mussolini che molto imparò dalle donne (basta ricordare Maria Rygier, Anna Kuliscioff, Margherita Sarfatti), Arturo Labriola, Enrico Leone, Angelo Oliviero Olivetti, Paolo Orano, Sergio Panunzio, e soprattutto Georges Sorel i quali molto contribuirono a solidificare nella sua coscienza il senso della milizia rivoluzionaria permanente, al di là del socialismo «parlamentarizzato e corrotto». In altri termini, fu il sindacalismo rivoluzionario, il cui «Arcangelo» (per usare il titolo di un altro volume di De Begnac) era Filippo Corridoni, a trarlo dalle secche del ministerialismo in cui s'era impaludato il socialismo riformista e gli fece scorgere quella che sarebbe stata la sua strada.
Questi «Taccuini», il cui contenuto è impossibile sintetizzare, sono un miniera di spunti e riflessioni intellettuali che trascendono perfino gli aspetti più propriamente politici e mostrano un Mussolini partecipe del grande dibattito culturale europeo dell'epoca. Nel dedalo di correnti, autori, filoni di pensiero, filosofie anche minoritarie, tendenze intellettuali eccentriche ed addirittura esoteriche si può dire che nulla sia sfuggito all'occhio curioso del Duce il quale si abbandonava spesso e volentieri a dotte considerazioni sulla morfologia della storia di Spengler o sulla letteratura francese più nuova ed effervescente, dimostrando una competenza fuori dal comune.
Alla vigilia del 25 luglio 1943 Mussolini incontrò per l'ultima volta De Begnac: «Guardò di malavoglia le carte che gli sottoponevo. Disse: "Questo nostro lavoro dura da quasi dieci anni. Eravate un ragazzo quando veniste qui per la prima volta". Dopo una pausa lunghissima, mormorò: "Qui, tutta una vita conclusa, ma la lotta continuerà"». Il «Presidente», come lo chiamò sempre il suo interlocutore, si congedò da quella piccola storia che aveva messo nelle sue mani senza neppure chiedersi che cosa ne avrebbe fatto.
(di Gennaro Malgieri)
Sette anni dopo Francesco Perfetti li pubblicò con il titolo «Taccuini mussoliniani» che oggi Il Mulino ripropone, senza cambiare una virgola, con la stessa preziosa introduzione del curatore e la prefazione di Renzo De Felice (pp.642, 19 euro). Il grande storico del fascismo, sottolineando l'importanza di questo materiale, rivisto e risistemato da Perfetti, ci permette di comprendere «alcuni aspetti e momenti essenziali della sua formazione e, se non della sua politica in senso proprio, del suo atteggiamento di fronte alla realtà politica». Frequentemente De Begnac, le cui vicende private e pubbliche, a cominciare dalla folgorante carriera giornalistica, Perfetti ricostruisce minuziosamente nella densa ed intrigante nota introduttiva, ebbe la fortuna di essere l'ultimo interlocutore delle lunghe e faticose giornate di Mussolini, divenendo così depositario delle considerazioni e degli sfoghi del suo alto interlocutore. Una «posizione di privilegio», la definì lo stesso De Begnac che raccoglieva anche racconti utili e ai più sconosciuti di brandelli della vita disordinata del giovane Mussolini che forse sono la parte più interessante dei «Taccuini» che contengono le esperienze più pregnanti del suo tumultuoso cammino, dall'agitatissimo noviziato rivoluzionario con i sindacalisti e gli antimilitaristi, all'ascesa nel Partito socialista e fino alla guerra e alla rottura con il mondo marxista.
Non vi è dubbio che le pagine più interessanti di questo densissimo volume che suscitò scalpore quando fu pubblicato la prima volta nel 1990, sono quelle in cui il racconto s'intreccia con le storie sapide di avventure intellettuali e di passione sovversiva che hanno avuto a protagonisti personaggi del livello di Angelica Balabanoff, la vera «ispiratrice» di Mussolini che molto imparò dalle donne (basta ricordare Maria Rygier, Anna Kuliscioff, Margherita Sarfatti), Arturo Labriola, Enrico Leone, Angelo Oliviero Olivetti, Paolo Orano, Sergio Panunzio, e soprattutto Georges Sorel i quali molto contribuirono a solidificare nella sua coscienza il senso della milizia rivoluzionaria permanente, al di là del socialismo «parlamentarizzato e corrotto». In altri termini, fu il sindacalismo rivoluzionario, il cui «Arcangelo» (per usare il titolo di un altro volume di De Begnac) era Filippo Corridoni, a trarlo dalle secche del ministerialismo in cui s'era impaludato il socialismo riformista e gli fece scorgere quella che sarebbe stata la sua strada.
Questi «Taccuini», il cui contenuto è impossibile sintetizzare, sono un miniera di spunti e riflessioni intellettuali che trascendono perfino gli aspetti più propriamente politici e mostrano un Mussolini partecipe del grande dibattito culturale europeo dell'epoca. Nel dedalo di correnti, autori, filoni di pensiero, filosofie anche minoritarie, tendenze intellettuali eccentriche ed addirittura esoteriche si può dire che nulla sia sfuggito all'occhio curioso del Duce il quale si abbandonava spesso e volentieri a dotte considerazioni sulla morfologia della storia di Spengler o sulla letteratura francese più nuova ed effervescente, dimostrando una competenza fuori dal comune.
Alla vigilia del 25 luglio 1943 Mussolini incontrò per l'ultima volta De Begnac: «Guardò di malavoglia le carte che gli sottoponevo. Disse: "Questo nostro lavoro dura da quasi dieci anni. Eravate un ragazzo quando veniste qui per la prima volta". Dopo una pausa lunghissima, mormorò: "Qui, tutta una vita conclusa, ma la lotta continuerà"». Il «Presidente», come lo chiamò sempre il suo interlocutore, si congedò da quella piccola storia che aveva messo nelle sue mani senza neppure chiedersi che cosa ne avrebbe fatto.
(di Gennaro Malgieri)
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