Oswald Spengler, l’autore del celebre Tramonto dell’Occidente (1918), forse il testo più emblematico sulla crisi della civiltà occidentale di tutto il Novecento, pubblica qualche mese dopo l’avvento al potere di Hitler (1933), un altro libro destinato a grande scalpore, Anni della decisione. In quest’opera - ora riedita dall’editrice Clinamen: O. Spengler, Anni della decisone (a cura di Beniamino Tartarini, pagg. 212, euro 15,90) - l’autore del Tramonto analizza impietosamente le conseguenze storiche della fine dell’eurocentrismo dovuto alla Grande Guerra. Ne emerge, per molti versi, un ritratto di impressionante attualità.
È noto che per Spengler la nascita, lo sviluppo e la fine di ogni civiltà sono dati dal rapporto tra Kultur e Zivilisation, ovvero tra civiltà e civilizzazione. Esse rappresentano, rispettivamente, l’impulso iniziale e lo stadio terminale, la fase creativa e quella decadente: ogni civiltà ha la sua civilizzazione, ovvero l’esaurimento della sua spinta vitale. Le civiltà, in altri termini, sono come organismi e, come tutti gli organismi, nascono, vivono e muoiono.
A giudizio del pensatore tedesco per secoli l’anima occidentale si è manifestata nella tensione verso lo «spazio infinito» e l’«estensione illimitata»; nella tendenza senza limiti al superamento di ogni ostacolo. Lo testimonia il dominio della superficie terrestre attuato dall’uomo europeo con le grandi scoperte geografiche, che hanno conferito a questa civiltà il suo inconfondibile carattere planetario. Di qui l’inevitabile imperialismo, espressosi nell’espansione politica, economica, spirituale verso tutto il globo. La ricerca di «un unico spazio spirituale», la creazione dell’idea di futuro, il senso di una direzione attiva rivolta a un fine da perseguire, la volontà di potenza dispiegatasi insieme al sentimento di libertà e di indipendenza, la passione dell’infinito sono tutte espressioni in qualche modo assimilabili al Dna autentico dell’Occidente.
Se non che, la storia degli ultimi due secoli si è situata all’opposto di questa autenticità perché la secolarizzazione, la laicità, il liberalismo, la tolleranza, la democrazia, l’individualismo, cioè l’insieme dei valori propri della società borghese, hanno portato l’Occidente alla sua dissoluzione; essi infatti lo hanno disarmato di fronte all’emergere di nuove forze vitali. Non sono perciò l’inizio di una nuova epoca, ma il crepuscolo destinato alla notte, segni emblematici ed inequivocabili della fine; sono la fase decadente della civilizzazione che è seguita a quella vitale della civiltà.
Ora questa visione tragicamente pessimistica e decisamente conservatrice - per non dire reazionaria -, della storia, viene riassunta ed amplificata in Anni della decisione: condanna senza appello dell’illuminismo e del razionalismo; critica radicale della rivoluzione francese e delle idee di libertà e di uguaglianza; odio verso la democrazia e tutto ciò che tende a livellare talenti, diversità e fortune; individuazione della teologia cristiana quale progenitrice dell’utopia socialista e dello stesso bolscevismo; disprezzo aristocratico verso le masse e verso la società di massa; rifiuto dell’«americanizzazione» della vita e dello sradicamento sociale degli individui; rigetto della moda, dello sport e del tempo libero, in quanto forme di conformismo e di stupidità; avversione della fandonia mediatica; disprezzo della partitocrazia e delle sue propaggini sindacali; rigetto per ogni forma di pacifismo e di abbandono della concezione virile ed eroica della lotta; orrore per l’urbanesimo e per l’esaurirsi di ogni legame organico fra uomo, mondo e natura; apologia della comunità organica rispetto alla società.
Soprattutto Spengler denuncia lo spirito irreligioso che pervade la contemporaneità. E poiché l’anima vera di ogni civiltà è religiosa, se ne deve dedurre che l’ateismo testimonia indirettamente la fine dei valori, e in modo particolare la fine dello spirito occidentale che ha perso così gran parte della sua creatività. Siamo, cioè, al «nulla radicale».
Tuttavia questa situazione si configura anche come una grande possibilità storica per un ritorno vigoroso della volontà di potenza in grado di arrestare il declino occidentale. Anni della decisione si presenta insomma come un’opera “politicamente scorretta” e del tutto anti “buonista”, che si pone contro i luoghi comuni della pubblica opinione e dunque contro ogni conformismo e ogni appiattimento ideologico e politico. Oggi essa può essere vista come una grande intuizione circa l’esito nichilistico del presente, portatore di un senso di angoscia e di smarrimento che supera ogni posizione politica, sia di destra come di sinistra: un affresco storico-sociale che risente dell’influenza di Nietzsche, sotto forma di una vulgata del suo pensiero. In tutti i casi il pensatore tedesco mette a segno alcune notevoli intuizioni, come quella del futuro “accerchiamento” dell’Occidente da parte delle masse del Terzo Mondo; anticipazione “profetica” che suona di indubbia attualità perché sembra anticipare, per molti versi, le tesi dello scontro di civiltà formulate da Samuel Huntington. A giudizio di Spengler, nei successivi decenni la civiltà occidentale sarebbe stata minacciata da due rivoluzioni mondiali, l’una proveniente dal basso, l’altra dall’esterno: «lotta di classe e lotta di razze. \ combatteranno fianco a fianco, forse come alleate; sarà questa la crisi più grave che i popoli bianchi - uniti o no - dovranno attraversare insieme, se vorranno avere ancora avere un avvenire. \ all’assalto ai bianchi da parte della massa complessiva della popolazione mondiale di colore, divenuta\cosciente del proprio essere comunità».
(di Giampietro Berti)
È noto che per Spengler la nascita, lo sviluppo e la fine di ogni civiltà sono dati dal rapporto tra Kultur e Zivilisation, ovvero tra civiltà e civilizzazione. Esse rappresentano, rispettivamente, l’impulso iniziale e lo stadio terminale, la fase creativa e quella decadente: ogni civiltà ha la sua civilizzazione, ovvero l’esaurimento della sua spinta vitale. Le civiltà, in altri termini, sono come organismi e, come tutti gli organismi, nascono, vivono e muoiono.
A giudizio del pensatore tedesco per secoli l’anima occidentale si è manifestata nella tensione verso lo «spazio infinito» e l’«estensione illimitata»; nella tendenza senza limiti al superamento di ogni ostacolo. Lo testimonia il dominio della superficie terrestre attuato dall’uomo europeo con le grandi scoperte geografiche, che hanno conferito a questa civiltà il suo inconfondibile carattere planetario. Di qui l’inevitabile imperialismo, espressosi nell’espansione politica, economica, spirituale verso tutto il globo. La ricerca di «un unico spazio spirituale», la creazione dell’idea di futuro, il senso di una direzione attiva rivolta a un fine da perseguire, la volontà di potenza dispiegatasi insieme al sentimento di libertà e di indipendenza, la passione dell’infinito sono tutte espressioni in qualche modo assimilabili al Dna autentico dell’Occidente.
Se non che, la storia degli ultimi due secoli si è situata all’opposto di questa autenticità perché la secolarizzazione, la laicità, il liberalismo, la tolleranza, la democrazia, l’individualismo, cioè l’insieme dei valori propri della società borghese, hanno portato l’Occidente alla sua dissoluzione; essi infatti lo hanno disarmato di fronte all’emergere di nuove forze vitali. Non sono perciò l’inizio di una nuova epoca, ma il crepuscolo destinato alla notte, segni emblematici ed inequivocabili della fine; sono la fase decadente della civilizzazione che è seguita a quella vitale della civiltà.
Ora questa visione tragicamente pessimistica e decisamente conservatrice - per non dire reazionaria -, della storia, viene riassunta ed amplificata in Anni della decisione: condanna senza appello dell’illuminismo e del razionalismo; critica radicale della rivoluzione francese e delle idee di libertà e di uguaglianza; odio verso la democrazia e tutto ciò che tende a livellare talenti, diversità e fortune; individuazione della teologia cristiana quale progenitrice dell’utopia socialista e dello stesso bolscevismo; disprezzo aristocratico verso le masse e verso la società di massa; rifiuto dell’«americanizzazione» della vita e dello sradicamento sociale degli individui; rigetto della moda, dello sport e del tempo libero, in quanto forme di conformismo e di stupidità; avversione della fandonia mediatica; disprezzo della partitocrazia e delle sue propaggini sindacali; rigetto per ogni forma di pacifismo e di abbandono della concezione virile ed eroica della lotta; orrore per l’urbanesimo e per l’esaurirsi di ogni legame organico fra uomo, mondo e natura; apologia della comunità organica rispetto alla società.
Soprattutto Spengler denuncia lo spirito irreligioso che pervade la contemporaneità. E poiché l’anima vera di ogni civiltà è religiosa, se ne deve dedurre che l’ateismo testimonia indirettamente la fine dei valori, e in modo particolare la fine dello spirito occidentale che ha perso così gran parte della sua creatività. Siamo, cioè, al «nulla radicale».
Tuttavia questa situazione si configura anche come una grande possibilità storica per un ritorno vigoroso della volontà di potenza in grado di arrestare il declino occidentale. Anni della decisione si presenta insomma come un’opera “politicamente scorretta” e del tutto anti “buonista”, che si pone contro i luoghi comuni della pubblica opinione e dunque contro ogni conformismo e ogni appiattimento ideologico e politico. Oggi essa può essere vista come una grande intuizione circa l’esito nichilistico del presente, portatore di un senso di angoscia e di smarrimento che supera ogni posizione politica, sia di destra come di sinistra: un affresco storico-sociale che risente dell’influenza di Nietzsche, sotto forma di una vulgata del suo pensiero. In tutti i casi il pensatore tedesco mette a segno alcune notevoli intuizioni, come quella del futuro “accerchiamento” dell’Occidente da parte delle masse del Terzo Mondo; anticipazione “profetica” che suona di indubbia attualità perché sembra anticipare, per molti versi, le tesi dello scontro di civiltà formulate da Samuel Huntington. A giudizio di Spengler, nei successivi decenni la civiltà occidentale sarebbe stata minacciata da due rivoluzioni mondiali, l’una proveniente dal basso, l’altra dall’esterno: «lotta di classe e lotta di razze. \ combatteranno fianco a fianco, forse come alleate; sarà questa la crisi più grave che i popoli bianchi - uniti o no - dovranno attraversare insieme, se vorranno avere ancora avere un avvenire. \ all’assalto ai bianchi da parte della massa complessiva della popolazione mondiale di colore, divenuta\cosciente del proprio essere comunità».
(di Giampietro Berti)
Nessun commento:
Posta un commento