Ahi che la vita è una stordente fiera e sulla Terra, su quello che è solo il pavimento sordo dell’amore non corrisposto dove Dio non è ricambiato di brama dagli uomini, i credenti devono decidere la storia del mondo in virtù di coraggio, rettitudine e vita (ovvero, famiglie numerose). E dentro l’orizzonte occidentale sono solo i musulmani ad avere slancio nell’ascesa a Dio abbandonandosi a Dio stesso, non i cristiani che – come dice Peter Kreeft, apologeta del cattolicesimo, intervistato da Avvenire – “tradiscono la propria identità con la debolezza, la secolarizzazione e l’indifferenza”. E Kreeft dice ancora di più: “Dovremmo scambiare diecimila psicologi e psicoterapeuti tra quelli di moda con diecimila mullah”. E poi ancora: “Noi siamo progettati per esperienze di donazione estatiche, in cui ci proiettiamo al di fuori di noi dimenticandoci del nostro Io”. Non sono parole insolite quelle di Kreeft, in altri tempi, di migliore tempra, avrebbero esposto gli stessi concetti dei cattolici di specchiata integrità quali furono Cristina Campo o Attilio Mordini.
La vita è proprio una stordente fiera e senza una guida che ci porti all’esperienza estatica, senza una direzione proiettata verso la verticalità tutti noi che abbiamo attraversato la memoria di un purissimo “infinitamente prima”, quella religione superiore dell’Urmonotheismus risalente al 15.000 a.C., quel sole dell’Atlantide platonica, non possiamo che congedarci dal cristianesimo ridotto ad agenzia di assistenza sociale che costringe a un ripiegamento “orizzontale” e riconoscere nell’islam la religio della Tradizione.
Il cristianesimo porta a compimento un delitto iniziato con la dissoluzione dell’Impero e continuato nella storia della secolarizzazione occidentale. Alleandosi, di fatto, con il liberalismo e l’edonismo, fosse solo per distribuire viagra a qualche sceicco, partecipa all’annientamento del Sacro. Con un accanimento che mira alla cancellazione della radice originaria della sapienza tradizionale. Non è casuale, infatti, che nell’Islam – presso gli sciiti, soprattutto, ma anche tra i sapienti maestri sunniti, l’eredità greco-romana e gli echi egizi del culto imposto dal decimo faraone della XVIII dinastia, ovvero Akhenaton, “Gioia del Sole” – tutti i tesori del pio culto pagano abbiano invece avuto il riconoscimento proprio di un percorso profetico, un preludio alla Rivelazione. Al contrario che in Vaticano dove perfino i sacerdoti non studiano più il latino, forse per non perpetuare un rito altrimenti vivificante, a Istanbul non è immaginabile prescindere dalla stessa Roma. Così come in India non si celebra sacrificio che non custodisca braci ai riverberi antichi dell’Urbe.
La vita stordisce e il ricongiungimento a “Lui-Lei-Esso, che non ha nome, Colui che è e permane, al di là delle forme, dei colori e dei suoni” (una definizione presa a prestito dai riti del pellegrinaggio indiano), si svela attraverso i segni di un destino fattosi storia a dispetto della stessa sovversione. Quelli che oggi plaudono alle “rivolte arabe”, attendendo lo sfolgorante avvio di una stagione di modernità sono gli stessi che per tramite di laicità, relativismo e conservatorismo tenevano in piedi i regimi di Ben Alì, Hosni Mubarak e, a suo tempo, perfino Saddam Hussein. La vita si stordisce di geopolitica e ogni spazio devozionale è pur sempre quel pavimento dell’amore non corrisposto, l’amore dell’Inviolato per le proprie creature, sempre incuranti di salvezza, anzi, desiderose di annientarsi nel vago disordine dei desideri fatti diritti. Dai sodomiti all’aborto, fino alla consunzione della stordente fiera.
Il cristianesimo che di suo fu letale alla virtus dei vir non ha uomini in preghiera nelle chiese né più quelle madri – eroiche macchina da rosario – quelle che insegnavano ai bambini il segno della croce, bensì chitarrine e polpacci da boy scout. E ha ragione Peter Kreeft: “I musulmani credono più fortemente nell’islam di quanto i cristiani credono nel cristianesimo”. Ma, vorrei aggiungere, i musulmani credono più fortemente perché sono nel solco della Tradizione. I cristiani, al contrario, sono stati travolti dalla sovversione.
La vita è proprio una stordente fiera e senza una guida che ci porti all’esperienza estatica, senza una direzione proiettata verso la verticalità tutti noi che abbiamo attraversato la memoria di un purissimo “infinitamente prima”, quella religione superiore dell’Urmonotheismus risalente al 15.000 a.C., quel sole dell’Atlantide platonica, non possiamo che congedarci dal cristianesimo ridotto ad agenzia di assistenza sociale che costringe a un ripiegamento “orizzontale” e riconoscere nell’islam la religio della Tradizione.
Il cristianesimo porta a compimento un delitto iniziato con la dissoluzione dell’Impero e continuato nella storia della secolarizzazione occidentale. Alleandosi, di fatto, con il liberalismo e l’edonismo, fosse solo per distribuire viagra a qualche sceicco, partecipa all’annientamento del Sacro. Con un accanimento che mira alla cancellazione della radice originaria della sapienza tradizionale. Non è casuale, infatti, che nell’Islam – presso gli sciiti, soprattutto, ma anche tra i sapienti maestri sunniti, l’eredità greco-romana e gli echi egizi del culto imposto dal decimo faraone della XVIII dinastia, ovvero Akhenaton, “Gioia del Sole” – tutti i tesori del pio culto pagano abbiano invece avuto il riconoscimento proprio di un percorso profetico, un preludio alla Rivelazione. Al contrario che in Vaticano dove perfino i sacerdoti non studiano più il latino, forse per non perpetuare un rito altrimenti vivificante, a Istanbul non è immaginabile prescindere dalla stessa Roma. Così come in India non si celebra sacrificio che non custodisca braci ai riverberi antichi dell’Urbe.
La vita stordisce e il ricongiungimento a “Lui-Lei-Esso, che non ha nome, Colui che è e permane, al di là delle forme, dei colori e dei suoni” (una definizione presa a prestito dai riti del pellegrinaggio indiano), si svela attraverso i segni di un destino fattosi storia a dispetto della stessa sovversione. Quelli che oggi plaudono alle “rivolte arabe”, attendendo lo sfolgorante avvio di una stagione di modernità sono gli stessi che per tramite di laicità, relativismo e conservatorismo tenevano in piedi i regimi di Ben Alì, Hosni Mubarak e, a suo tempo, perfino Saddam Hussein. La vita si stordisce di geopolitica e ogni spazio devozionale è pur sempre quel pavimento dell’amore non corrisposto, l’amore dell’Inviolato per le proprie creature, sempre incuranti di salvezza, anzi, desiderose di annientarsi nel vago disordine dei desideri fatti diritti. Dai sodomiti all’aborto, fino alla consunzione della stordente fiera.
Il cristianesimo che di suo fu letale alla virtus dei vir non ha uomini in preghiera nelle chiese né più quelle madri – eroiche macchina da rosario – quelle che insegnavano ai bambini il segno della croce, bensì chitarrine e polpacci da boy scout. E ha ragione Peter Kreeft: “I musulmani credono più fortemente nell’islam di quanto i cristiani credono nel cristianesimo”. Ma, vorrei aggiungere, i musulmani credono più fortemente perché sono nel solco della Tradizione. I cristiani, al contrario, sono stati travolti dalla sovversione.
(di Pietrangelo Buttafuoco)
In questo caso per l'assistenza sociale ci siamo noi ;)
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