Grande è la confusione sotto i cieli della politica, ma nel Pdl il casino è totale. Formattatori, demolitori, azzeratori, rottamatori, seniores affaticati ma con l'ambizione di essere i ricostruttori: tutti contro tutti. Fanno appello al popolo, si schierano contro l'apparato, mettono in croce chiunque, ma paradossalmente non muovono un solo addebito a Berlusconi; si scandalizzano per le veline catapultate in politica e per una Minetti diventata consigliera regionale come se al Pirellone l'avesse inviata una forza misteriosa; vogliono le "primarie delle idee", ma si guardano bene dall'avanzarne almeno una, al di là della solita litania dei valori non declinati e dei programmi neppure abbozzati. La mitizzazione dei social network è l'orizzonte a cui sembrano votarsi, immaginando che la politica delle parole anzi dei twitt sia il frammentato avvenire verso cui tendere, come una primavera araba qualsiasi. È il neo-populismo degli adepti del web del centrodestra.
Se questa è la reazione delle forze nuove del Pdl alla disfatta politica e culturale, prima che elettorale, c'è poco da stare allegri. Non vedo come si possa ritrovare una strada se non si sa dove si vuole andare. E, francamente, non ho capito l'estemporaneo movimentismo di chi si è messo in testa di smuovere le acque stagnanti del partito berlusconiano soltanto agitando qualche slogan, facendo la faccia brutta, cavalcando il disgusto generato (non certo da un mese a questa parte) da una pratica partitica che ha seguito rituali ammuffiti fino a proiettare nell'empireo politico, come è stato detto in una delle assemblee dei giorni scorsi, le Minetti e gli Scilipoti.
Ma il giovanilismo, da cui pure il segretario del Pdl, Angelino Alfano, pare essere stato contagiato, al di là delle ovvie incazzature, è capace di produrre qualcosa su cui vale la pena riflettere oppure il suo scopo è quello di mettere alla porta i "vecchi" del partito, esautorarli insomma - tutti, ma proprio tutti - e prenderne i posti per assicurargli un più fulgido avvenire? Si discuterà a lungo di tutto ciò e non è detto senza costrutto. Ma per adesso l'impressione che si ricava da tanta "ammuina" è il non trascurabile disagio di quanti, giovani e meno giovani, hanno visto spegnersi negli ultimi quattro anni la prospettiva del cambiamento che il "partito unico" prometteva e non si sono minimamente curati - e questa verità è incontestabile - di avanzare riserve sulla deriva impolitica che il Pdl stava raggiungendo a rapidi passi fino alla débâcle di questo maggio crudele.
Inutile ribadire ciò di cui necessitava il soggetto politico intorno al quale ruotava il centrodestra: non vorrei passare per noioso ripetitore di avvisi ai naviganti sempre caduti nel vuoto. Ma soltanto ricordare agli agitati di oggi, che non si agitavano ieri quando si organizzavano i casting per le candidature e le igieniste dentali venivano inserite nei listini bloccati senza aver mai distribuito in precedenza neppure un volantino, che la buona politica si costruisce con le idee e non con i meccani elettorali di cui il Pdl ha fatto un uso smodato all'epoca delle vacche grasse, dimagrite all'improvviso.
C'era bisogno che esplodesse il vulcano della politica perché si rimettesse in circolazione un grande disegno come la Repubblica presidenziale, in un contesto di integrale rinnovamento delle istituzioni? O forse non sarebbe stato meglio rilanciarla a tempo debito e, indipendentemente dall'esito immediato, costruire attorno ad essa una mobilitazione tale da scuotere gli italiani ed offrire al centrodestra una buona occasione per guidare il fronte dei riformatori, al di là della destra e della sinistra?
Occorre ripensare tutto quello che poteva essere fatto e non è stato fatto, insomma. Ripartire dalle idee e da una nuova classe dirigente da costruire sul territorio (non necessariamente formata da imberbi volenterosi tuttavia); nobilitare l'impegno attraverso la militanza (non sarà molto trendy, ma è comunque indispensabile); giovarsi dell'apporto intellettuale di studiosi trascurati perché non ritenuti funzionali al collage di mode e tendenze da assecondare secondo i canoni televisivi o più generalmente del glamour tipico dello star system. E, naturalmente, tornare tra la gente, consumare le suole delle scarpe, organizzare un movimento di presenza attiva laddove il disagio è più forte. Ecco, alcune delle cose da fare. Subito. Con passione e intelligenza. Non credo che comunque il Pdl possa rinascere, ma almeno si può nutrire la speranza che il centrodestra, strutturandosi diversamente, non muoia. O almeno non si trasformi in un'indistinta marmellata chiamata "mondo dei moderati". Una roba da brivido.
(di Gennaro Malgieri)
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