Alla fine è stata ritrovata la nave perduta. Il 26 giugno al largo dell’Asinara, a 1.200 metri di profondità, è stato individuato il relitto della corazzata Roma, nave da battaglia della Regia Marina, affondata da due bombe teleguidate sganciate dai bombardieri tedeschi il 9 settembre 1943. La nave era partita dal porto di La Spezia con altre due corazzate, l’Italia e la Vittorio Veneto, seguita da tre incrociatori e da 8 cacciatorpediniere, alle ore 03 di quello stesso giorno. Nel testo dell’armistizio sottoscritto dal governo Badoglio il giorno 3 precedente, era prescritto che le navi italiane si trasferissero “in quelle località che saranno designate dal Comandante in capo alleato”; una clausola particolarmente importante per gli anglo-americani.
NON VOLEVANO CONSEGNARE LA NAVE AL NEMICO - L’ammiraglio Raffaele de Courten, ministro della Marina nel governo Badoglio e Capo di Stato Maggiore della Regia Marina, con l’ammiraglio Carlo Bergamini, comandante in capo della Squadra da battaglia, erano orientati verso l’autoaffondamento delle navi piuttosto che consegnarle al nemico. Appena due giorni prima quella stessa flotta era pronta ad uscire per combattere, nelle acque del Tirreno meridionale, la sua ultima battaglia. Infatti nel corso delle trattative per un armistizio le operazioni di guerra proseguono e si intensificano perché si cerca di giungere alla sospensione delle ostilità nelle condizioni migliori possibili. E’ chiaro che se la Marina italiana avesse inflitto gravi perdite al nemico (come era molto probabile) le condizioni di un eventuale armistizio avrebbero potuto essere meno svantaggiose per l’Italia. Questo, almeno, era ciò che pensavano i vertici della Marina Italiana, ancora all’oscuro della già avvenuta firma dell’armistizio che sarà comunicata loro, dal Capo di Stato Maggiore Generale gen. Ambrosio, solo alle ore 18 dell’8 settembre.
LA FLOTTA ITALIANA DIVENTO’ BOTTINO DI GUERRA - Venuta meno la necessità di combattere, la flotta aveva accettato di dirigersi verso il porto de La Maddalena disattendendo l’ordine di raggiungere i porti nemici. Il governo Badoglio aveva impartito quell’ordine con la reiterata affermazione che non sarebbe stata ammainata la bandiera nè le navi sarebbero state cedute al nemico. Affermazione, quest’ultima, assolutamente menzognera, in quanto la flotta italiana sarà poi ripartita fra i vincitori quale bottino di guerra.
LA SCOMPARSA DELLA FLOTTA FU TRADIMENTO - Non sarà possibile sapere cosa avrebbe deciso in merito l’Ammiraglio Bergamini perché cadde, affondando insieme alla corazzata Roma, con i suoi 1392 uomini di equipaggio. Di fatto la scomparsa della flotta italiana dal teatro del Mediterraneo modificò radicalmente l’equilibrio marittimo della guerra. Il tradimento ed il passaggio al nemico furono tradimento non solo nei confronti dell’alleato tedesco ma, soprattutto, nei confronti dell’Italia e dei soldati italiani. Un armistizio negoziato avrebbe forse portato l’Italia fuori dal conflitto; invece con la resa senza condizioni del settembre ‘43, ed il conseguente passaggio dalla parte del nemico, non solo chi la stipulò venne meno alle leggi dell’onore militare, ma fece sì che la guerra guerreggiata si spostasse sul suolo italiano, causando distruzioni immani, e si trasformasse nella peggiore delle guerre: la guerra civile.
SAREBBE STATO UN DISONORE ANCHE PER GLI USA - D’altra parte, neppure il nemico stesso aveva chiesto il capovolgimento di fronte: il comandante in capo nemico, gen. Eisenhower, aveva escluso che si potesse chiedere agli italiani di schierarsi dalla parte degli anglo-americani e contro i tedeschi, in quanto ciò avrebbe costituito per essi un disonore. Un disonore che il ritrovamento della corazzata Roma, con il “sacrario” che racchiude e custodisce, riportano ora al vaglio delle nostre coscienze. Una riflessione che potrebbe portare a comprendere le ragioni per le quali coloro che hanno combattuto la guerra in modo onorevole, indipendentemente dal fatto che abbiano vinto o perso, dettino ancora oggi le condizioni a chi si è illuso che fosse sufficiente saltare sul carro del vincitore. Come ha scritto Stenio Solinas: “Per esorcizzare il dramma, ci andavamo specializzando nella farsa. Nel tempo è diventata una seconda pelle”.
(fonte: www.ilvostro.it)
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