Il 28 ottobre, che a molti ricorda solo la
mussoliniana Marcia su Roma, è una data che porta con sé la memoria di
un evento di ben altra portata per la storia della civiltà intera. In
quel giorno dell'anno 312 dopo Cristo, Flavio Valerio Costantino
riportava una clamorosa vittoria su Marco Aurelio Valerio Massenzio a
Saxa Rubra, proprio dove oggi sorgono gli studi della Rai. I due
contendenti lottavano per il titolo di Augusto di Occidente, una delle
quattro cariche supreme, nella Tetrarchia, il nuovo sistema di governo
dell'Impero, ideato da Diocleziano. Alla vigilia della battaglia, le
truppe di Costantino videro stagliarsi nel cielo un grande segno
luminoso, con una scritta fiammeggiante: In hoc signo vinces. Eusebio di
Cesarea, il primo grande storico della Chiesa, ricorda l'evento con
queste parole: «Quando il sole cominciava a declinare, Costantino vide
con i propri occhi in cielo, più in alto del sole, il trofeo di una
croce di luce sulla quale erano tracciate le parole IN HOC SIGNO VINCES.
Fu pervaso da grande stupore e insieme a lui il suo esercito».
Costantino fece imprimere il monogramma di
Cristo sui vessilli delle sue legioni, e istituì il Labarum, lo
stendardo che avrebbe sostituito l'aquila romana di Giove e che tutti i
soldati da allora avrebbero dovuto onorare. Nel corso della furiosa
battaglia egli riuscì a spingere l'esercito rivale con le spalle al
Tevere, dove Massenzio cercò scampo nella fuga, ma fu travolto dalle
acque e la sua testa fu portata al vincitore. Il 29 ottobre Costantino,
nuovo imperatore, entrò solennemente a Roma, alla testa delle sua
truppe, dalla via Lata, l'attuale via del Corso.
Un anno dopo, il 13 giugno 313, Costantino
promulgò l'Editto di Milano con cui ogni legge persecutoria emanata in
passato contro i cristiani era abolita e il cristianesimo diveniva
religio licita nell'Impero. Costantino è celebre per quest'editto che
poneva fine all'era delle persecuzioni ed apriva un'epoca nuova di
libertà per la Chiesa. E tuttavia, nella sua vita ed in quella della
Chiesa, l'ora decisiva fu un'altra: quella in cui per la prima volta la
Croce di Cristo apparve sul campo di battaglia, difesa dalle spade dei
legionari.
Il cristianesimo insegnava che era possibile
essere buoni cristiani e buoni soldati. Ma l'apparizione della Croce a
Ponte Milvio significava anche qualcosa d'altro. Era Cristo stesso che
chiedeva a Costantino e alle sue legioni di combattere in suo nome. La
battaglia di Saxa Rubra non dimostrava soltanto la legittimità del
combattimento cristiano, ma stabiliva anche il principio per cui è
lecito combattere in nome di Dio, quando la causa è giusta e la guerra è
dichiarata santa. Quell'evento oggi appare come la prima crociata della
storia e per questo spiace a chi considera finito il tempo delle
crociate, anche solo culturali e ideali.
Costantino morì il 22 maggio del 337, giorno
di Pentecoste, nella sua villa di Ancira, vicino Nicomedia, dopo essere
stato battezzato dal vescovo Eusebio di Nicomedia. Il suo corpo fu
deposto in un sarcofago di porfido, al centro dei dodici cenotafi degli
Apostoli, come a significare che il defunto imperatore era stato il
tredicesimo apostolo. La Chiesa greca lo venerò come santo, quella
occidentale gli riconobbe il soprannome di «grande», riservando il culto
degli altari alla madre Elena, l'Imperatrice oggi sepolta all'Ara
Coeli.
Un noto storico francese, laico ed
ex-comunista, Paul Veyne, in un volumetto che in Francia è divenuto un
best-seller, Quando l'Europa è diventata cristiana (312-394) (Garzanti,
2008), ha riabilitato la «svolta costantiniana» per lungo tempo
demonizzata. I cattolici progressisti hanno sempre visto in Costantino
il simbolo di un nemico da abbattere. L'11 ottobre 1962, giorno della
solenne inaugurazione del Concilio Vaticano II, il padre Yves Congar nel
suo diario deplorava il fatto che la Chiesa non aveva mai avuto in
programma «l'uscita dall'era costantiniana».
La tesi era che occorreva purificare la
Chiesa, sciogliere ogni suo legame con le strutture del potere, farla
«povera» ed «evangelica», in ascolto del mondo. Il comunismo si
presentava allora come la voce del progresso e la Chiesa costantiniana
era identificata con quella di Pio XII, che lo aveva condannato. Il
leader del Pci Palmiro Togliatti, da parte sua, nel celebre discorso di
Bergamo del 20 marzo 1963 con cui, per primo, teorizzava la
collaborazione tra cattolici e comunisti, affermava che «la politica di
Costantino e la politica di quest'età sono tramontate per sempre». I
comunisti, come molti cattolici, sognavano un cristianesimo senza
cristianità, con cui allearsi.
Cinquant'anni dopo l'evento conciliare, il
cristianesimo «post-costantiniano» raccoglie però frutti amari. Se il
cristianesimo rinuncia a trasformare il mondo, la società neopagana
secolarizza il cristianesimo. Il progressismo cattolico è in crisi e il
comunismo è crollato. Ma la figura di Costantino ancora giganteggia
nella storia.
(di Roberto de Mattei)
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