Non
 sbrigate il suicidio in Notre Dame come il gesto di un invasato 
estremista. Dominique Venner aveva forte e tragico il senso dell'onore, 
della civiltà e della decadenza. Il suo libro più bello, Il bianco sole 
dei vinti, insegnò a molti giovani, anche in Italia, la nobiltà della 
sconfitta. Il Suicidio nella Cattedrale (degno aggiornamento del celebre
 Assassinio nella Cattedrale) è un atto che desta dissenso e 
ammirazione.
Non si può condividere un suicidio, tantomeno la profanazione di una 
Chiesa con un gesto che ha un senso rituale nel Giappone di Mishima ma 
non nell'Europa cristiana. E non si può condividere il suicidio per amor
 di tradizione (e non banalmente contro le nozze gay, come s'è scritto):
 meglio dar la vita per una causa che togliersela; meglio compiere gesti
 per la famiglia e non contro la sua negazione. Ma non posso nascondere 
l'ammirazione. Tra mille suicidi per ragioni personali c'è qualcuno che 
si suicida per una ragione superiore, condivisibile o meno; si uccide 
per la civiltà e non per gelosia, debiti o malattia. Certo, c'è dietro 
l'estetica della decadenza e forse un modo nobile per sottrarsi alla 
vecchiaia.
C'è pure l'aspirazione alla luce nera della gloria maledetta, forse. 
Ma è comunque un gesto di grandezza, sulla scia francese di Henry de 
Montherlant più che di Drieu La Rochelle. Il paradosso è stato immolarsi
 per una civiltà, profanandola nel suo luogo più sacro. Montherlant 
(omosessuale) si uccise da pagano tra le rovine pagane. Comunque, onore a
 Venner, uomo in piedi tra gelatine umane.
(di Marcello Veneziani - fonte: www.ilgiornale.it) 
 

 
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