E per un’ultima volta, lo sguardo accarezza il viso incofondibile di Giano Accame per poi soffermarsi sulle migliaia di libri sistemati in doppia fila e sule pareti ricoperte da quadri. Segni di una cultura poliedrica: un grande ritratto di Dante Alighieri; una caricatura di Giuseppe Garibaldi; un paio di Benito Mussolini... Solo a questo punto, ci si rende conto degli ultimi gesti con i quali Accame ha voluto sancire la fedeltà alla sua storia: la camicia nera e una bandiere della Repubblica sociale a coprire le gambe. E poi tanti altri particolari. Uno fra tutti: sulla parete a destra, una prima pagina del Secolo d’Italia. Del 1988, Accame direttore. Una foto di Gianfranco Fini con in braccio una bambina di colore. Titolo cubitale: «Solidarietà». E il fondo del direttore che spiegava come la destra italiana non può essere razzista... Ed è stato proprio Gianfranco Fini che, rendendo omaggio alla salma del giornalista, ha ricordato insieme alla moglie e ai figli quando, nel lontano 1988, appena eletto segretario del Msi, si era recato una sera in quella casa per offrire al giornalista la direzione del giornale di partito. La sensazione, forte, è quella che andando a rileggere gli articoli che Accame scriveva negli anni Ottanta, gli osservatori potrebbero capire moltissimo della destra di oggi. E che Giano Accame fosse ancora un interlocutore attento per chi segue professionalmente la destra italiana, lo dimostra la presenza alla camera ardente di due giornalisti, Stefano Di Michele e Alessandra Longo: «Lo avevo intervistato solo pochi giorni fa – spiega la giornalista di Repubblica – era affascinato dal rimescolamento delle carte che comporta la nascita del Pdl. Affascinato dal nuovo, come sempre». Il “via vai” discreto e silenzioso nella sua casa sul Lungotevere dimostra proprio la grande apertura mentale del giornalista e scrittore. Gianfranco Fini ha incontrato Francesco Rutelli. Il presidente del Copasir si è detto colpito dalla morte dell’ex direttore del Secolo d’Italia al quale era legato da un «rapporto personale di grande affetto». Per l’ex sindaco di Roma «Accame era un intellettuale rigoroso, una persona stimabile, perbene e corretta. Non puntava a mettere d’accordo destra e sinistra: aveva le sue idee, cui non volle mai rinunciare, ma il suo modo di comportarsi ha permesso in anni difficili di affermare, anziché l’intolleranza, la contrapposizione o la violenza, la categoria del rispetto tra chi aveva idee differenti». È forse proprio per questa sua caratteristica che l’amico Giampiero Mughini lo ha voluto ricordare con parole piene di affetto e gratitudine: «Giano Accame è stato uno dei grandi personaggi dell’Italia repubblicana recente. Quando tutti impazzivano, lui è rimasto fedele alla sua giovinezza riuscendo contemporaneamente ad aprirsi al mondo nuovo, alle cose nuove. Se tra destra e sinistra non ci sgozziamo più come una volta, lo dobbiamo a uomini come lui». Il sindaco di Roma Gianni Alemanno – anche lui alla camera ardente – ha ricordato così quello che ritiene il suo maestro: «È stato un intellettuale di grandissimo spessore che ha attraversato tutta la storia del dopoguerra con posizioni molto ricche e significative. Accame è stato uno dei grandi maestri della cultura di destra». Sulla stessa lunghezza d’onda l’assessore alla cultura della capitale, Umberto Croppi – «Giano ci ha insegnato il dovere della ligenerale bertà intellettuale, della cultura critica» – lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco – «Lui è stato sempre avanti a tutti noi. Non è mai stato affetto da nostalgismo » e il politologo Luigi Di Gregorio: «Le sue analisi hanno aiutato il mondo della destra a crescere politicamente». Di «capacità intuitiva» parla anche lo storico Giuseppe Parlato: «Accame – spiega il direttore della Fondazione Ugo Spirito – aveva un’idea dinamica della nazione». Oltre ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli e alla segretaria dell’Ugl, Renata Polverini, tra i tantissimi amici anche il pittore Pablo Echaurren. Parla di getto, senza neanche pensarci: «Per me Giano è stato come un padre. Mi ricordo ancora la sua prima telefonata, il 1988. Era appena uscita la mia biografia a fumetti di Filippo Tommaso Marinetti: “Sono Giano Accame, direttore del Secolo d’Italia, possiamo fare un’intervista?”.
E così ci siamo sentiti, poi visti. Non ci siamo più lasciati...”». Nella parole di Echaurren c’è più che affetto, c’è molto di più: «C’è riconoscenza – spiega – era diventata un’amicizia “parentale” fondata sulle stesse sensibilità culturali. Un compagno di viaggio splendido». Il viaggio reale ma, anche, quello metaforico: «Devo a Giano la scoperta intellettuale, profonda, di Ezra Pound. Mi ha accompagnato in mondi sconosciuti. Possedeva una curiosità infinita, a 360°: parlava di un libro, un quadro, un film, intrecciando con spontaneità più livelli». Amicizie vere, quelle di cui Giano Accame si era circondato negli anni. Amicizie intellettuali, certo, con esponenti di un mondo culturale in apparenza lontano, ma anche profondamente umane, interecciate di interessi paralleli. Con l’ex assessore alla cultura di Roma, Gianni Borgna, ad esempio, parlava anche dei suoi gatti: «Già – accenna un sorriso amaro l’attuale presidente della Fondazione musica per Roma – quella animalista era una delle nostre passioni in comune. Giano viveva circondato da cani e gatti. Un giorno mi ha chiamato per avere consigli veterinari». Un’unione, quella tra Accame e Borgna, umana e culturale: «Ci conoscemmo personalmente in occasione dei convegni su Marinetti e Gentile che volli organizzare nel ’93, quando divenni assessore al Campidoglio. Ho scoperto un intellettuale vero. Una passione genuina per la cultura, senza steccati, senza dogmi. Una delle pochissime persone con cui ho avuto la possibilità di scambiare sensibilità culturali profonde, al di là dei mondi di provenienza. E poi, soprattutto, l’interesse, l’attrazione, per i perdenti, per gli irregolari, per i trasgressori delle regole precostituite».
di Filippo Rossi dal Secolo d'Italia
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