giovedì 17 settembre 2009

Altro che Berlusconi, è Soru a voler «uccidere» l'Unità

Scrive Concita De Gregorio a proposito del giornale che dirige, l'Unità, fondato da Antonio Gramsci e affondato dalle Figurine Panini: «Quel che non si può comprare né corrompere deve tacere». Questo all'inizio dell'articolo, ma già qualche riga più sotto (evocato con prosa irritata il «dissenso», nonché «il dovere di cronaca» e «il diritto di critica») la situazione si è aggravata: «Dove non si può comprare, allora uccidere». Qualcuno sta cercando di trasformare la redazione dell'Unità in un bivacco per i suoi manipoli. Di chi si tratta? Concita De Gregorio, evidentemente, sta parlando del suo editore, Renato Soru, patron di Tiscali ed ex presidente della regione Sardegna. È lui, da quel che si leggeva tempo fa sui giornali, che vuole mettere a tacere l'Unità. Anche se accusarlo d'essere pronto, non potendo «comprarlo», addirittura a «uccidere» qualcuno, specie Concita De Gregorio, una signora, sembra un'esagerazione. Specie quando si pensa che Soru non vuole comprare l'Unità, che è già sua, né tanto meno corromperla, qualunque cosa ne dica la redazione: lui vuole venderla, o almeno «ridimensionarla drasticamente», e prima è meglio è. Subito dopo avere perso, nel febbraio scorso, le elezioni regionali sarde, un evento che ha provocato, insieme a quella che ha tutta l'aria d'essere la sua fine politica, anche le dimissioni di Walter Veltroni dalla segreteria del partito democratico, Soru aveva dichiarato di volersi sbarazzare dell'Unità, che aveva comprato per quattro soldi meno d'un anno prima, nel giugno del 2008. Bisogna capire il suo malumore, del resto: l'Unità, che lui evidentemente non aveva comprato per ragioni sentimentali (Gramsci, le bandiere rosse, Lenin, l'Aventino) ma perché gli tirasse la volata elettorale, gli ha invece portato una sfiga tremenda. Dunque, da come la vede Soru, l'Unità può anche andarsene al diavolo, Concita De Gregorio e l'intera redazione in testa al corteo. Di qui l'ira della direttora, che con la penna sull'attenti chiama alla guerra santa contro Soru. Qualcuno mi fa notare che forse Concita De Gregorio, nell'editoriale dell'altro giorno, non stava accusando l'editore-traditore Renato Soru, ma l'altro arcinemico dell'Unità, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Be', mi pare strano. Berlusconi, in fondo, ha soltanto querelato l'Unità perché, tra le altre cose, gli aveva dato del «gran porco». Non vuole uccidere il giornale, e tanto meno vuole comprarlo, e neppure corromperlo. Vuole soltanto che sia condannato per diffamazione a una pena pecuniaria pari ad almeno un fantastilione di euro (pagherebbe Soru, d'altra parte, cosa che alla De Gregorio dovrebbe fare piacere). Contro Berlusconi i gazzettieri dell'Unità scrivono giusto qualche articoletto diffamatorio, ma contro Renato Soru, che in attesa di trovare qualcuno che si compri l'Unità ha deciso un «drastico ridimensionamento aziendale», la redazione è scesa in sciopero, come ai bei tempi della lotta di classe. Perciò è senz'altro lui, Soru, e non Berlusconi, il «plutocrate» del quale Concita De Gregorio, come Minnehaha la Scotennatrice, vuole lo scalpo. Nessuno può seriamente credere che il direttore d'un giornale in balia d'un capitalista pidocchioso e boia non stia parlando di lui ma d'un altro magnate nemico del popolo quando chiede d'«opporre allo strapotere del denaro la politica». De Gregorio spiega che ci vuole una «grande mobilitazione» contro il tentativo d'assassinare l'Unità. Ma aggiunge (pescando a piene mani dal catalogo delle banalità) che «le mobilitazioni, da sole, non bastano». Bisogna «dare più forza», spiega ricorrendo anche qui a una bella frase fatta da sciocchezzaio flaubertiano, «alla voce del dissenso» (be', l'avesse data l'Unità, ai tempi, un po' di voce al dissenso sovietico, ma passons).

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