Si parla spesso - e con toni non di rado sprezzanti - del tradizionalismo come di una bizzarra e anacronistica visione del mondo che pretenderebbe di contestare la presunta evoluzione del pensiero politico nell’attuale contrapposizione tra destra possibilista e sinistra rinunciataria. A chi si illude che siano ormai acquisite dalle masse, e diventate regola fondamentale della società del terzo millennio, le regole amorali della spartizione delle ricchezze pubbliche, suggeriamo la lettura del nuovo libro dello storico e teologo Piero Vassallo “La cultura della libertà”.
Magistrale carrellata sul pensiero tradizionalista nel mondo cattolico, l’opera di Vassallo si qualifica come supporto indispensabile per capire due secoli di storia del tradizionalismo italiano, dalle insorgenze giacobine dei “Viva Maria!” ai difensori della filosofia tradizionale come Giovanni Volpe, Pino Tosca, Ennio Innocenti. Vassallo ne tratta con rara competenza, grazie alla sua antica esperienza di stretto collaboratore del cardinale Giuseppe Siri e di docente emerito del Seminario arcivescovile di Genova.
Il primo e fondamentale atto della sfida cattolica alle illusioni del “mondo moderno” fu l’insorgenza dei “Viva Maria!” di Toscana, gli irriducibili popolani che si opposero, con la forza della vera pietà, all’eresia serpeggiante. Vassallo vi dedica un appassionante capitolo, ricordando come, nelle prime settimane dell’invasione giacobina, la scena italiana fosse dominata dall’eroismo della gente comune: a Genova, ad esempio, gli insorgenti erano guidati dal popolano Giacomo Dessori, mentre i nobili, come Giacomo Doria, reggevano il sacco dei cleptomani atei e bestemmiatori giunti dalla Francia (un fenomeno destinato a riprodursi infinite volte). Peraltro, il partito dei “virtuosi d’Italia” era formato «da elette conventicole, oscillanti tra la loggia massonica, l’albergo del libero scambio e il boudoir sadiano».
Quanto mai opportuna questa citazione dello storico Emilio Biagini: «Negli anni dal 1796 al 1799, e in quelli successivi, non vi fu regione d’Italia le cui popolazioni non insorsero contro gli invasori settari e atei francesi: fu senz’altro un grande movimento di massa quale il Risorgimento non sarà mai, neppure lontanamente».
Uno dei capitoli più riusciti è quello che tratta della Conciliazione tra Stato italiano e Chiesa. Vassallo documenta come intellettuali fascisti del livello di Giovanni Gentile, Gabriele D’Annunzio e Julius Evola fossero contrari, ma Mussolini diede ascolto a Francesco Orestano ma soprattutto a suo fratello Arnaldo, cattolico praticante, decidendo in tal modo la firma dei Patti Lateranensi.
Del pari imperdibile il capitolo dedicato a Giovanni Volpe, il pensatore e filosofo che ereditò dal padre Gioacchino la fede cristiana e che può essere considerato il capofila di quella destra tradizionalista conforme all’umanesimo cristiano alla quale dedicherà le sue migliori energie anche l’ultimo Giovanni Gentile.
Ed eccoci all’immancabile capitolo dedicato al cardinale Giuseppe Siri. Se oggi Marcuse - scrive Vassallo - «è svanito nelle nebbie, e le rovine causate dalla sua gaia rivoluzione sono invisibili solo a chi non vuole vederle, all’epoca non era certo facile opporsi all’onda tripudiante e giubilante che muoveva la folla degli avanguardisti di massa: oratori tracotanti, eroinomani gioiosi, pretori d'assalto, ginecologi da obitorio. Chi poteva resistere al corteo della felicità avanzante, dopo che la teologia del Vaticano II aveva assolto il “mondo moderno”? Ci provò un figlio del popolo spregiato dal salotto, il cardinale Giuseppe Siri, il continuatore dell’opera di San Pio X. La voce di Siri fu immediatamente sepolta sotto un concerto di sputi. Un dotto esponente dell’oligarchia progressista genovese sentenziò: “Cosa possiamo aspettarci dal figlio di uno scaricatore e di una portinaia?”».
Non è che l’inizio di un approfondito ritratto del grande cardinale, a partire dalla fondazione della rivista “Renovatio”. A conclusione, tra i vari capitoli dedicati a Gedda, Badano, Silvio Vitale, Attilio Mordini, Pino Tosca, citiamo quello che tratta di Ennio Innocenti, il sacerdote, teologo e scrittore che divenne popolarissimo grazie alla trasmissione radiofonica “Ascolta, si fa sera”.
Vassallo ne racconta “i 50 anni di resistenza all’esilio di Dio”, ponendo in risalto la sua instancabile predicazione in difesa dei valori della fede, concretatasi nel dar vita alla casa editrice “Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe” e a decine di pubblicazioni l’ultima delle quali, da poco uscita, s’intitola “Il senso teologico della storia. Breve commento all’Apocalisse”.
Magistrale carrellata sul pensiero tradizionalista nel mondo cattolico, l’opera di Vassallo si qualifica come supporto indispensabile per capire due secoli di storia del tradizionalismo italiano, dalle insorgenze giacobine dei “Viva Maria!” ai difensori della filosofia tradizionale come Giovanni Volpe, Pino Tosca, Ennio Innocenti. Vassallo ne tratta con rara competenza, grazie alla sua antica esperienza di stretto collaboratore del cardinale Giuseppe Siri e di docente emerito del Seminario arcivescovile di Genova.
Il primo e fondamentale atto della sfida cattolica alle illusioni del “mondo moderno” fu l’insorgenza dei “Viva Maria!” di Toscana, gli irriducibili popolani che si opposero, con la forza della vera pietà, all’eresia serpeggiante. Vassallo vi dedica un appassionante capitolo, ricordando come, nelle prime settimane dell’invasione giacobina, la scena italiana fosse dominata dall’eroismo della gente comune: a Genova, ad esempio, gli insorgenti erano guidati dal popolano Giacomo Dessori, mentre i nobili, come Giacomo Doria, reggevano il sacco dei cleptomani atei e bestemmiatori giunti dalla Francia (un fenomeno destinato a riprodursi infinite volte). Peraltro, il partito dei “virtuosi d’Italia” era formato «da elette conventicole, oscillanti tra la loggia massonica, l’albergo del libero scambio e il boudoir sadiano».
Quanto mai opportuna questa citazione dello storico Emilio Biagini: «Negli anni dal 1796 al 1799, e in quelli successivi, non vi fu regione d’Italia le cui popolazioni non insorsero contro gli invasori settari e atei francesi: fu senz’altro un grande movimento di massa quale il Risorgimento non sarà mai, neppure lontanamente».
Uno dei capitoli più riusciti è quello che tratta della Conciliazione tra Stato italiano e Chiesa. Vassallo documenta come intellettuali fascisti del livello di Giovanni Gentile, Gabriele D’Annunzio e Julius Evola fossero contrari, ma Mussolini diede ascolto a Francesco Orestano ma soprattutto a suo fratello Arnaldo, cattolico praticante, decidendo in tal modo la firma dei Patti Lateranensi.
Del pari imperdibile il capitolo dedicato a Giovanni Volpe, il pensatore e filosofo che ereditò dal padre Gioacchino la fede cristiana e che può essere considerato il capofila di quella destra tradizionalista conforme all’umanesimo cristiano alla quale dedicherà le sue migliori energie anche l’ultimo Giovanni Gentile.
Ed eccoci all’immancabile capitolo dedicato al cardinale Giuseppe Siri. Se oggi Marcuse - scrive Vassallo - «è svanito nelle nebbie, e le rovine causate dalla sua gaia rivoluzione sono invisibili solo a chi non vuole vederle, all’epoca non era certo facile opporsi all’onda tripudiante e giubilante che muoveva la folla degli avanguardisti di massa: oratori tracotanti, eroinomani gioiosi, pretori d'assalto, ginecologi da obitorio. Chi poteva resistere al corteo della felicità avanzante, dopo che la teologia del Vaticano II aveva assolto il “mondo moderno”? Ci provò un figlio del popolo spregiato dal salotto, il cardinale Giuseppe Siri, il continuatore dell’opera di San Pio X. La voce di Siri fu immediatamente sepolta sotto un concerto di sputi. Un dotto esponente dell’oligarchia progressista genovese sentenziò: “Cosa possiamo aspettarci dal figlio di uno scaricatore e di una portinaia?”».
Non è che l’inizio di un approfondito ritratto del grande cardinale, a partire dalla fondazione della rivista “Renovatio”. A conclusione, tra i vari capitoli dedicati a Gedda, Badano, Silvio Vitale, Attilio Mordini, Pino Tosca, citiamo quello che tratta di Ennio Innocenti, il sacerdote, teologo e scrittore che divenne popolarissimo grazie alla trasmissione radiofonica “Ascolta, si fa sera”.
Vassallo ne racconta “i 50 anni di resistenza all’esilio di Dio”, ponendo in risalto la sua instancabile predicazione in difesa dei valori della fede, concretatasi nel dar vita alla casa editrice “Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe” e a decine di pubblicazioni l’ultima delle quali, da poco uscita, s’intitola “Il senso teologico della storia. Breve commento all’Apocalisse”.
(fonte: http://www.ilsussidiario.net/)
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