Se fossi Papa, cioè Vicario di Berlusconi in terra, convocherei d’urgenza i vescovi e gli agenti della Chiesa in borghese, come Boffo, Sciortino e Vian e farei un discorso franco e tosto sul sesso e la Chiesa. Lo farei precedere a sorpresa da una canzone di Battiato, Sesso e Castità, per dare un guizzo postmoderno al discorso, con una colonna sonora scandalosa tra gli antichi colonnati. E poi comincerei a parlare: Frateli (scusate, ma dopo due papi mitteleuropei la elle doppia è difficile a pronunciarsi), è tempo di raccontare la verità sul sesso. Lasciamo stare il documento pastorale che affronta i principi dell’Amore e distingue saggiamente tra eros e agape e addentriamoci nella scabrosa materia della sessualità. Possiamo noi negare che da secoli, anzi da millenni, la Chiesa ha trafficato con il sesso? Anche i sacerdoti sono imperfetti e la loro carne è debole, sicché non si contano storie di sesso in sacrestia e tonache sporcate dal gusto della vita. Non si contano sodomie e pedofilie verso chierichetti, ho visto atti processuali che risalgono perfino al castigato tempo della Controriforma che narravano di questo. Non è solo un vezzo della Chiesa americana o del nostro tempo. Sappiamo di papi sposati e di morali doppie, ma anche di recente sono sorte dicerie su due pontefici contemporanei e non dirò quali ma voi avete capito: precursori di Boffo anche se magari ebbero più discrezione e non molestarono nessuno, tantomeno terzi. È assurdo fingere di nulla e magari trincerarci dietro la barba di Fedor Dostoevskij che tragicamente diceva: «Se sono costretto a scegliere tra Cristo e la verità scelgo Cristo». No, Cristo non può essere in antitesi alla verità, altrimenti cade la ragione sociale e spirituale della Chiesa. Ma il cattolico non è puritano né sessuofobo, è sanguigno e spirituale, è realista e usa indulgenza con i peccati della carne.
Ora voi sapete quanto io veneri la Tradizione e quanto difenda il rigore della fede, ma non può essere rigor mortis e nemmeno il rigore dell’ipocrisia. Sì, la dottrina cristiana considera la vita sessuale fuori dalla prospettiva della procreazione come disordine e peccato. Ma l’umanità, la vita, la realtà smentiscono la dottrina da quando è nata. Anzi nacquero prima le smentite e poi la morale cristiana. Allora non occultiamo la verità. Ricordo come un trattato teologico perfetto quel film con Alberto Sordi prete che, chiuso a ferragosto in ascensore con la procace Stefania Sandrelli, senza speranza di soccorso, ebbe un rapporto sessuale. E poi si scusò dicendo che in quell’ascensore aveva perso il libero arbitrio, non era in grado di sfuggire alle tentazioni, dunque era stato quasi costretto. Sappiamo quante geniali o furbe trovate ha escogitato la Chiesa per assolvere, sciogliere nozze, concedere indulgenze. Ma non possiamo continuare con le acrobazie. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a fatti, atti giudiziari, telefonate registrate. E non vogliamo che la gente confonda papi e Papi, in un nuovo intreccio di cesaropapismo. Allora necessita una svolta. Chiara come il sole, e mi scuso di questo rigurgito nibelungico e pagano.
Dobbiamo dire chiaro e forte che il sesso va tenuto al guinzaglio e dobbiamo evitarne la dipendenza; mai svendere la nostra dignità, la nostra libertà, la nostra umanità per il sesso. Ma non possiamo pensare di fermarlo; dirlo serve solo a costruirsi un’artificiosa buona coscienza. Allora più onesto e più realista è dire: il sesso fuori dalla prospettiva dell’amore è disordine e perdità di sé. Ma quando eros vi afferra almeno considerate l’altro come fine e non come mezzo; non usate la donna o l’uomo, ma consideratelo nella sua integralità, corpo e anima e intelligenza, cioè persona. Fate sesso senza smettere di essere uomini, governatelo, senza esserne posseduti. Poi circoscrivete il vostro raggio erotico, non disperdetevi; e se proprio cadete in tentazione, sappiate almeno distinguere tra ciò che passa e ciò che resta, tra relazioni precarie e storie destinate a intrecciare una vita. Non dimentichiamo che la Chiesa premoderna tollerava e anzi favoriva i lupanari e Roma sotto i papi era la città col più alto tasso di prostitute: perché fedeli ad Agostino, gran sciupafemmine, e Tommaso, che invece, come molti prelati, riversava tutto sul cibo e aveva una panzona così grande che si era fatto ritagliare il desco per entrarci, sappiamo che il meretricio è una valvola di sfogo, il pozzo nero dei matrimoni. Oggi, mutatis mutandis, dobbiamo arginare i vizi sessuali ma non possiamo negarli. E così i profilattici. Un angelo misericordioso dovrebbe bucare quelli occidentali perché fanno pochi figli, ma dovrebbe rivestire d’invisibile lattice gli organi sessuali afro-asiatici che muoiono di fame per eccesso demografico. Il nostro appello a procreare sbaglia destinatario: non arriva all’Occidente denatalizzato ma al prolifico terzo mondo. E noi non possiamo, per amor di principio, concorrere alla fame e alla strage di bambini denutriti. Poi, facciamo pure le nostre battaglie per salvare la famiglia e il matrimonio, per renderlo non dirò invulnerabile ma almeno più solido e duraturo, per sottrarre all’aborto vite umane, per evitare figli artificiali commissionati al laboratorio. Ma non possiamo ancora negare la pienezza dei sacramenti ai divorziati, non possiamo essere i nemici della vita e delle sue gioie naturali. Sappiamo pure che tanta gente ha perso la fede con la verginità, riducendo il cristianesimo ad un precetto di astinenza sessuale. Usciamo da questo tunnel, circoscriviamo la portata del sesso. E nel caso specifico, non affettiamo indignazione per il caso Boffo, negando la verità dei fatti ed elogiando lui; e poi magari, quando i fari saranno spenti, facendolo uscire dalla porta di servizio. Diciamo piuttosto che ha commesso un errore, se la vedrà con la sua coscienza, è una macchia nella sua coerenza di cristiano e di giornalista che fa la morale al premier; poi se vogliamo, lo confermiamo alla guida dell’Avvenire perché a nostro giudizio - nonostante tutto - è bravo, allineato e di solito ha difeso la fede e la notizia.
Ora voi sapete quanto io veneri la Tradizione e quanto difenda il rigore della fede, ma non può essere rigor mortis e nemmeno il rigore dell’ipocrisia. Sì, la dottrina cristiana considera la vita sessuale fuori dalla prospettiva della procreazione come disordine e peccato. Ma l’umanità, la vita, la realtà smentiscono la dottrina da quando è nata. Anzi nacquero prima le smentite e poi la morale cristiana. Allora non occultiamo la verità. Ricordo come un trattato teologico perfetto quel film con Alberto Sordi prete che, chiuso a ferragosto in ascensore con la procace Stefania Sandrelli, senza speranza di soccorso, ebbe un rapporto sessuale. E poi si scusò dicendo che in quell’ascensore aveva perso il libero arbitrio, non era in grado di sfuggire alle tentazioni, dunque era stato quasi costretto. Sappiamo quante geniali o furbe trovate ha escogitato la Chiesa per assolvere, sciogliere nozze, concedere indulgenze. Ma non possiamo continuare con le acrobazie. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a fatti, atti giudiziari, telefonate registrate. E non vogliamo che la gente confonda papi e Papi, in un nuovo intreccio di cesaropapismo. Allora necessita una svolta. Chiara come il sole, e mi scuso di questo rigurgito nibelungico e pagano.
Dobbiamo dire chiaro e forte che il sesso va tenuto al guinzaglio e dobbiamo evitarne la dipendenza; mai svendere la nostra dignità, la nostra libertà, la nostra umanità per il sesso. Ma non possiamo pensare di fermarlo; dirlo serve solo a costruirsi un’artificiosa buona coscienza. Allora più onesto e più realista è dire: il sesso fuori dalla prospettiva dell’amore è disordine e perdità di sé. Ma quando eros vi afferra almeno considerate l’altro come fine e non come mezzo; non usate la donna o l’uomo, ma consideratelo nella sua integralità, corpo e anima e intelligenza, cioè persona. Fate sesso senza smettere di essere uomini, governatelo, senza esserne posseduti. Poi circoscrivete il vostro raggio erotico, non disperdetevi; e se proprio cadete in tentazione, sappiate almeno distinguere tra ciò che passa e ciò che resta, tra relazioni precarie e storie destinate a intrecciare una vita. Non dimentichiamo che la Chiesa premoderna tollerava e anzi favoriva i lupanari e Roma sotto i papi era la città col più alto tasso di prostitute: perché fedeli ad Agostino, gran sciupafemmine, e Tommaso, che invece, come molti prelati, riversava tutto sul cibo e aveva una panzona così grande che si era fatto ritagliare il desco per entrarci, sappiamo che il meretricio è una valvola di sfogo, il pozzo nero dei matrimoni. Oggi, mutatis mutandis, dobbiamo arginare i vizi sessuali ma non possiamo negarli. E così i profilattici. Un angelo misericordioso dovrebbe bucare quelli occidentali perché fanno pochi figli, ma dovrebbe rivestire d’invisibile lattice gli organi sessuali afro-asiatici che muoiono di fame per eccesso demografico. Il nostro appello a procreare sbaglia destinatario: non arriva all’Occidente denatalizzato ma al prolifico terzo mondo. E noi non possiamo, per amor di principio, concorrere alla fame e alla strage di bambini denutriti. Poi, facciamo pure le nostre battaglie per salvare la famiglia e il matrimonio, per renderlo non dirò invulnerabile ma almeno più solido e duraturo, per sottrarre all’aborto vite umane, per evitare figli artificiali commissionati al laboratorio. Ma non possiamo ancora negare la pienezza dei sacramenti ai divorziati, non possiamo essere i nemici della vita e delle sue gioie naturali. Sappiamo pure che tanta gente ha perso la fede con la verginità, riducendo il cristianesimo ad un precetto di astinenza sessuale. Usciamo da questo tunnel, circoscriviamo la portata del sesso. E nel caso specifico, non affettiamo indignazione per il caso Boffo, negando la verità dei fatti ed elogiando lui; e poi magari, quando i fari saranno spenti, facendolo uscire dalla porta di servizio. Diciamo piuttosto che ha commesso un errore, se la vedrà con la sua coscienza, è una macchia nella sua coerenza di cristiano e di giornalista che fa la morale al premier; poi se vogliamo, lo confermiamo alla guida dell’Avvenire perché a nostro giudizio - nonostante tutto - è bravo, allineato e di solito ha difeso la fede e la notizia.
E chiudendo, mentre Padre George ascolta compiaciuto, non abbiate paura della verità nuda e cruda. I credenti capiranno, perché sanno che la Chiesa non è la Luna ma solo il dito che la indica. E non potete soffermarvi sul dito o suoi succedanei, dimenticando la Luna e la sorgente della sua luce, il Sole. Perdonatemi Frateli questa ricaduta germanica e romana sul Sol Invictus.
Ma Dio, lo ricordava Giovanni Paolo II, è Splendor Veritatis.
Ma Dio, lo ricordava Giovanni Paolo II, è Splendor Veritatis.
(di Marcello Veneziani)
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