Nell’accordo con la Moldavia, Pechino si impegna a garantire il finanziamento di tutti i progetti infrastrutturali messi in cantiere dai moldavi ben oltre il miliardo già affidato. Il fido sarà canalizzato attraverso la COVEC, il colosso cinese delle costruzioni, specializzato in progetti di modernizzazione energetica, sistemi idrici e industrie ad alta tecnologia. E così oltre al contributo finanziario, la Cina si assicura gli enormi appalti necessari per modernizzare un Paese che oggi è ancora prevalentemente agricolo e che, al di fuori della capitale Chisinau, è attraversato da strade quasi integralmente sterrate. Un Paese quindi tutto da costruire.
La rivelazione
A rivelare i termini dell’accordo un diplomatico indiano, M.K. Bhadrakumar, che narra la vicenda del sorprendente finanziamento in un articolo apparso su “Asia Times”. S’intitola “La Cina inzuppa il dito nel Mar Nero”, anche se la Modavia non ha sbocco al mare. Tuttavia il confine a sud è lontano solo una manciata di chilometri dal Mar Nero. La Moldavia è collocata in una zona strategica: fa infatti da ponte fra l’Ucraina, Paese slavo, e la Romania, nazione latina integrata nell’Ue. I moldavi hanno vissuto per oltre 50 anni sotto il tallone sovietico. L’Urss ha fatto di tutto per slavizzare questo piccolo Paese di lingua romena, ma senza successo. Nel 1991, con il crollo del comunismo, gli eredi del vecchio regime hanno comunque tenuto le redini del potere fino al settembre scorso, quando per la prima volta un primo ministro non comunista, Vlad Filat, si è assunto la responsabilità di traghettare la Moldovia al di fuori delle secche postsovietiche. Ma non sarà facile. Filat infatti si trova ingabbiato in una situazione economica a dir poco disastrosa. Chisinau dipende per il 100% dal gas russo e, a causa dei metodi arretrati utilizzati in agricoltura, dipende dall’estero anche per parte del fabbisogno alimentare. Inoltre incastonata fra Moldavia e Ucraina c’è la delicata questione delle piccola repubblica secessionista della Transnistria, dove i russi mantengono basi militari e un controllo totale. In questo contesto l’entrata in scena della Cina complica ancora di più le cose.
L’unico giornalista italiano a riprendere la notizia del megaprestito cinese è stato Maurizio Blondet, nel suo sito Effedieffe.com. Giornalista controverso, ma attento alle novità sul fronte della geopolitica, Blondet sostiene che la mossa di Pechino è stata concordata con Mosca. Il fine sarebbe quello di allontanare il Paese dalla morsa della Nato, che già punta sull’annessione di Georgia e Ucraina. Tanto più che le prove di una “rivoluzione arancione” anticomunista, eventualmente teleguidata dall’estero, si erano avute nell’aprile scorso, quando dopo la vittoria elettorale dei comunisti, una folla di giovani ha assaltato il parlamento. Poi nel luglio scorso nuove elezioni avevano decretato un relativo successo dei partiti liberali e nazionali, portando all’attuale governo di coalizione guidato da Filat.
Situazione difficile
Ma la situazione è più complessa di quella descritta da Blondet. Non è affatto detto infatti che la Cina abbia deciso di investire in Moldavia in accordo con il Cremlino. I rapporti fra Pechino e Mosca infatti, nonostante i sorrisi di facciata, non sono così idilliaci. Ad esempio, dopo mesi trattative non si è ancora giunti ad un accordo sul prezzo delle forniture di gas che la Russia dovrebbe fornire alla Cina. I mandarini di Pechino negli ultimi tempi hanno ottimi rapporti con gli Stati Uniti. Al contrario, i segnali che la Russia manda a Washington sono tutt’altro che rassicuranti e da più parti si parla di una nuova guerra fredda. La Moldavia, certo, è solo un piccolo tassello in questo grande gioco geopolitico. Ma è un tassello importante, da non sottovalutare.
(di Andrea Colombo)
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