giovedì 5 novembre 2009

Elio Noi e i futuristi, gli ultimi veri artisti

Elio arriva a Napoli per distruggere i luo­ghi comuni delle canzonette. «Fu... turisti» è lo spettacolo che va in scena.
«Non sono io che vengo a fare il guastafeste ma è un’idea dei futuristi», dice Stefano Belisari, in arte Elio, che questa volta sarà senza il resto della storica band».
Come sarà il concerto?
«E’ diviso in due parti e nella prima raccon­to una storia divisa tra realtà e fantasia che narra il viaggio di un gruppo di futuristi che arrivano a Napoli per uccidere il 'chiaro di luna'. Inteso come luogo comune natural­mente».
E la musica?
«Quella è scritta da Capogrande mentre i testi sono di Pietro Bodrato. Suonano cinque strumentisti 'classici'».
Dopo, cosa succederà?
«Nella seconda parte leggo delle canzoni di un compositore futurista che si chiama De Angelis. E’ quello che ha scritto 'Ma cosè que­sta crisi'. Un pezzo famosissimo che non sa­pevo neppure che avesse scritto lui. Poi leg­go dei testi di Marinetti».
In fondo il futurismo non è molto lonta­no da quello che fanno Elio e le Storie te­se...
«E’ vero. Marinetti alla fine fa molto ride­re. E’ un aspetto sorprendente del futurismo e secondo me non è un fatto casuale. Loro sapevano bene quello che facevano ed era tut­to ben studiato. Per questo ci sono molti pun­ti di contatto con gli Elio e le storie tese».
Il futurismo?
«Soprattutto, anche se lo spettacolo coinci­de con il centenario di un movimento che ho sempre seguito con attenzione. Non sono mai stato d’accordo con quanti hanno liqui­dato il movimento come quello generato da una specie di gruppo folcloristico. Era gente che si metteva in gioco e che poi è andata al fronte non per patriottismo ma come una ul­teriore gesto artistico».
Ma non era un movimento un po’ legato al fascismo?
«Dato il periodo era inevitabile e ci sono molti aspetti discutibili. Ma credo che quello del futurismo sia stato l’ultimo grande movi­mento artistico nato in Italia. Era conosciuto in tutto il mondo. E’ stato imitato, copiato. E’ stato d’ispirazione a molti altri artisti».
Tornando a Elio e le storie tese, dov’è il loro lato futurista? Ci sembra che anche «Storia di un bell’imbusto» sia una vicenda «futuribile»...
«Ma naturalmente! L’ultima canzone di Elio e le storie tese è veramente avanti nel tempo. Ha previsto tutte quelle storie di trans e di cose d’attualità». Una delle ultime volte che Elio è stato in­cluso nel cartellone dell’Associazione Scar­latti, dopo Kurt Weill ha cantato «La terra dei cachi».
Sarà lo stesso anche questa se­ra?
«No. Niente sorprese. Le uniche canzoni che canterò saranno quelle di De Angelis».
C’è anche un nuovo disco degli Elio e le Storie Tese con l’orchestra.
«Sì, si chiama 'Gattini' ed è uscito ieri. Sa­remo in tournée l’anno prossimo e passere­mo anche a Napoli, ma senza orchestra. Quel­le sono cose che possono organizzare solo i grossi cantanti come Renato Zero o Ligabue. Noi siamo piccolini».

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