martedì 10 novembre 2009

«Meglio il mio autista», lo sfottò a Farinacci

Benito Mussolini e Roberto Farinacci. Il Duce e l’Antiduce. Ego e alter. Dall’Archivio Centrale dello Stato emergono, a sorpresa, le carte segrete del ras di Cremona. Un dossier che Farinacci, con ogni probabilità, lasciò ai tedeschi prima della sua partenza per la Germania, dopo il 25 luglio 1943, dove fu ospite (e larvatamente prigioniero) di Hitler e della sua corte. Documenti preziosi per gli storici, tra i quali spiccano alcune lettere di Mussolini al gerarca cremonese, rimaste fino a oggi inedite.
Ma prima di addentrarsi nella lettura delle carte, bisogna ricordare chi fu Roberto Farinacci. Nato a Isernia il 16 ottobre 1892, il ras padano, leader della fazione estremista del fascismo, fu un uomo intransigente e a volte spietato nella conduzione della lotta politica. A capo di un non piccolo impero finanziario, nel quale svettava il suo giornale, “Il Regime Fascista”, con diffusione nazionale e tirature più che ragguardevoli, Farinacci fu per vent’anni la spina del fianco di Mussolini. Segretario del partito per un anno, dal 1925 al 1926, fu personaggio aduso agli intrighi: ma, sebbene attorno alla persona e al suo entourage si avvertisse odore di zolfo, bisogna riconoscere che non risultano provati i suoi coinvolgimenti nei vari tentativi di rovesciare il Duce.
Il privilegio del “tu”
Su questo punto, bisogna essere chiari. Amico di Mussolini, tanto da essere tra i pochi a mantenere il privilegio di poterglisi rivolgere con il “tu”, Farinacci fu, ancora di più, il suo nemico giurato, il suo più irriducibile critico. Alle strette: se avesse dovuto scegliere tra preservare il regime e salvare la persona di Mussolini, egli non avrebbe esitato a buttare a mare il Duce per succedergli.
Il ras di Cremona, in altre parole, era tra i pochissimi a distinguere tra Mussolini e il fascismo. Mentre la totalità dei gerarchi e l’opinione pubblica identificavano il regime con il suo capo, Farinacci reputava che il bene maggiore fosse il sistema politico nato dalla rivoluzione d’Ottobre italiana. Dunque, in caso di impedimento o di inerzia di Mussolini, egli riteneva fosse imperativo categorico, e dunque suo dovere, salvare la continuità attraverso un’energica successione al dittatore.
Ecco perché le carte scoperte, dopo quasi settant’anni, aiutano a comprendere meglio la natura dialettica, conflittuale del rapporto tra il Duce e il fedelissimo infedele. Il primo documento è addirittura strepitoso. Si tratta di una reprimenda inviata da Mussolini a Farinacci, sotto forma di irresistibile sfottò. La lettera, senza data, recita testualmente: «Mio caro, ho già scelto irrevocabilmente il Ministro delle Comunicazioni nella persona di Cirillo Tambara, di professione chauffeur - quindi comunicativo! - alle mie dirette dipendenze. Saluti fascisti. Mussolini».
Non sappiamo che cosa avesse originato questa reazione. Ma è curioso che il Duce indirizzasse a Farinacci un breve messaggio nel quale, forse per mettere la mordacchia al ras, gli annunciava di avere scelto quale ministro delle Comunicazioni... il suo fedele autista personale, Tambara!
Di uguale tono intimo e cameratesco è la strigliata che Mussolini invia al capo del fascismo cremonese dopo aver letto un suo articolo sul giornale romano “L’Impero”, che evidentemente non lo aveva per nulla convinto. Nella lettera ducesca, anch’essa senza data, su carta intestata di direttore del Popolo d’Italia, si legge: «Caro Farinacci, leggo un punto del tuo articolo sull’Impero. Hai torto. Guarda di non tirare troppo la corda per non cadere in quel che allora fu chiamato “infantilismo estremista”. Cordiali saluti. Mussolini».
Il 28 marzo 1929, su carta intestata del capo del governo, il Duce questa volta approva. Incoraggia la ripubblicazione degli articoli farinacciani del periodo successivo al delitto Matteotti, durante il quale il ras, promosso a segretario del Partito, fu probabilmente determinante nel puntellare la posizione traballante di Mussolini.
Eccone il testo: «Caro Farinacci, ho letto la raccolta degli articoli che hai scritto nel secondo semestre del 1924 e durante il 1925. Sono interessanti anche a distanza di tempo e con situazioni totalmente cambiate. Il ricordo, però, non deve essere cancellato. Ti suggerisco un titolo musicale. Andante mosso. Anni 1924-25. Mussolini».
I nervi saldi del Duce
Di grande significato e importanza anche il testo, anch’esso inedito, del telegramma inviato da Mussolini in cifra, il 6 settembre 1924. Siamo a poche settimane dal rinvenimento del cadavere del deputato socialista Giacomo Matteotti - ucciso da sicari fascisti - nella campagna romana della Quartarella. Mentre infuriano le polemiche, e molti considerano scontato un cambio alla guida del governo, il Duce detta a Farinacci la linea dell’intervento che è in procinto di tenere a Firenze. Leggendo il documento, si evince chiaramente che Mussolini conserva i nervi saldi, ordinando al ras e prossimo segretario del partito di mantenere un tono assolutamente moderato, per non suscitare reazioni avverse. «Caro Farinacci» - si legge nella trascrizione del telegramma - «conviene che malgrado ambiente fiorentino tu tenga un discorso estremamente moderato che deve sorprendere tutta Italia per la sua moderazione. Devi agitare non un olivo, ma una foresta intera di olivi. Dopo Monte Amiata minaccie (sic!) o intimidazioni farebbero l’effetto del lupo al lupo. Il tempo delle minaccie (sic!) è passato. Devi toccare anche nota collaborazionista, dicendo che fascismo non respinge nessuno. Tuo discorso deve distendere spiriti popolazione. La battaglia è ormai vinta su tutta la linea. Iniziativa politica ci appartiene. Possiamo tenere linguaggio temperato perché siamo sicuri nostra forza e nostro avvenire. Mussolini».

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