C’è una sinistra che invece di pensare ossessivamente a fare le pulci all’avversario si mette a riflettere sulla propria cultura politica. E’ una scelta scomoda che non fa audience, ma è una scelta che siamo sicuri che nel tempo sarà fruttuosa.
Tra coloro che ci stanno provando ad andare avanti, a costo di essere impopolari nel proprio mondo, c’è Piero Sansonetti, direttore de Gli Altri, ex Altro. Sansonetti ha scritto tre articoli (giovedì 5, venerdì 6 e domenica scorsa) che è doveroso segnalare. Sono dedicati alla nonviolenza, a partire dall’analisi e dalla messa in discussione della storia degli anni Sessanta e Settanta.
Lo spunto iniziale è venuto dalla polemica tra Sofri e Casalegno sulla violenza di “Lotta Continua”. Nel terzo articolo Sansonetti arriva ai giorni nostri e scrive: «Perché questa discussione sulla violenza e il ’68 è interessante, è attuale? Perché investe in pieno la questione della nonviolenza. Che non si pone come correzione di teorie e pratiche precedenti. Non può essere accettata una idea di nonviolenza senza mettere in discussione gran parte del patrimonio politico del secolo scorso».
Più in là Sansonetti entra nel merito: «Provo a spiegarmi. Non riconosco come valori miei, e della sinistra, il valore di patria, o il valore di coraggio fisico, o il valore di famiglia. Però so che questi sono valori fondamentali della destra, o delle correnti di opinione moderate. Ho o no la capacità di riconoscerli come tali, e dunque di rispettarli, e dunque di contrappormi a loro in maniera consapevole, senza maledizioni, senza anatemi?». Senza violenza, aggiunge. L’esempio è quello delle 14 aggressioni subite da CasaPound da parte di gruppi di sinistra. Il direttore de Gli Altri dice: «Non c’è da festeggiare, come evidentemente hanno fatto alcuni della stessa parte politica. Ma neanche bisogna stare zitti. Invece, c’è da preoccuparsi. Non credo – spiega – che, come scrive spesso Pansa, stiamo tornando al clima violento degli anni Settanta; ma non credo nemmeno che si possano sottovalutare fenomeni di violenza che servono solo a quelli che vedono come incubo la possibilità che la “Politica” possa tornare ad avere un ruolo nelle nostre città e nelle nostre strade».
Sansonetti, per parlare ai suoi che pure lo hanno aspramente criticato per avere aperto il suo quotidano ai fascisti, rilancia il tema dell’antifascismo ma cambiandolo di senso: «L’antifascismo è la lotta contro le discriminazioni, contro l’idea che la società possa essere divisa in caste, contro il concetto “leghista” di etnie e di piccole patrie, ed è lotta contro la violenza. La vecchia boria dell’antifascismo militante non ha niente a che fare con l’antifascismo moderno…».
Ci sarebbe da chiedere al direttore de Gli Altri se davvero pensa che oggi abbia senso riproporre questa categoria o se, visto il pregresso e le ripercussioni di oggi, non produca solo odio e violenza anche nella sua forma “moderna”. Bisogna però riconoscergli lo sforzo di mettere in discussione i dogmi della sinistra. Anzi, il dogma dei dogmi. Bisogna riconoscergli il coraggio di non stare zitto. E questo non è poco. E’ tanto.
Lo spunto iniziale è venuto dalla polemica tra Sofri e Casalegno sulla violenza di “Lotta Continua”. Nel terzo articolo Sansonetti arriva ai giorni nostri e scrive: «Perché questa discussione sulla violenza e il ’68 è interessante, è attuale? Perché investe in pieno la questione della nonviolenza. Che non si pone come correzione di teorie e pratiche precedenti. Non può essere accettata una idea di nonviolenza senza mettere in discussione gran parte del patrimonio politico del secolo scorso».
Più in là Sansonetti entra nel merito: «Provo a spiegarmi. Non riconosco come valori miei, e della sinistra, il valore di patria, o il valore di coraggio fisico, o il valore di famiglia. Però so che questi sono valori fondamentali della destra, o delle correnti di opinione moderate. Ho o no la capacità di riconoscerli come tali, e dunque di rispettarli, e dunque di contrappormi a loro in maniera consapevole, senza maledizioni, senza anatemi?». Senza violenza, aggiunge. L’esempio è quello delle 14 aggressioni subite da CasaPound da parte di gruppi di sinistra. Il direttore de Gli Altri dice: «Non c’è da festeggiare, come evidentemente hanno fatto alcuni della stessa parte politica. Ma neanche bisogna stare zitti. Invece, c’è da preoccuparsi. Non credo – spiega – che, come scrive spesso Pansa, stiamo tornando al clima violento degli anni Settanta; ma non credo nemmeno che si possano sottovalutare fenomeni di violenza che servono solo a quelli che vedono come incubo la possibilità che la “Politica” possa tornare ad avere un ruolo nelle nostre città e nelle nostre strade».
Sansonetti, per parlare ai suoi che pure lo hanno aspramente criticato per avere aperto il suo quotidano ai fascisti, rilancia il tema dell’antifascismo ma cambiandolo di senso: «L’antifascismo è la lotta contro le discriminazioni, contro l’idea che la società possa essere divisa in caste, contro il concetto “leghista” di etnie e di piccole patrie, ed è lotta contro la violenza. La vecchia boria dell’antifascismo militante non ha niente a che fare con l’antifascismo moderno…».
Ci sarebbe da chiedere al direttore de Gli Altri se davvero pensa che oggi abbia senso riproporre questa categoria o se, visto il pregresso e le ripercussioni di oggi, non produca solo odio e violenza anche nella sua forma “moderna”. Bisogna però riconoscergli lo sforzo di mettere in discussione i dogmi della sinistra. Anzi, il dogma dei dogmi. Bisogna riconoscergli il coraggio di non stare zitto. E questo non è poco. E’ tanto.
(fonte: http://www.mirorenzaglia.org/)
Nessun commento:
Posta un commento