In mezzo ai tanti misteri che avvolgono la storia delle stragi, secondo la Corte di Cassazione c’è almeno una certezza: l’eccidio di piazza Fontana fu organizzato da «un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine Nuovo» e «capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura». Così hanno scritto i giudici della Suprema Corte, nel 2005, nella sentenza che mandava assolti i neofascisti veneziani Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi. Freda e Ventura non sono però processabili in quanto «irrevocabilmente assolti dalla Corte d’assise d’appello di Bari», che li ha condannati solo per altre bombe sui treni. Franco Freda ha 68 anni: a Padova ha sede la sua casa editrice, le Edizioni di Ar. Nel catalogo libri di Hitler, Mussolini, Goebbels, Evola, Drieu La Rochelle, Nietzsche. All’inizio dell’anno prossimo sarà chiamato a testimoniare al processo per la strage di piazza della Loggia Brescia. Nel 2001, quando fu interrogato per piazza Fontana, quando gli fu rivolta la prima domanda esordì così: «Le chiedo scusa signore, lei chi è?». «Sono il pubblico ministero», fu la risposta. E lui: «La riverisco». Freda, che ha scontato 14 anni di carcere, concede molto di rado interviste. Quella che segue è stata effettuata con domande e risposte scritte.
Freda, la Cassazione ha scritto che «il giudizio circa la responsabilità di Freda e Ventura in ordine alla strage di piazza Fontana non può che essere uno: la risposta è positiva».
«Nel corso di procedura penale che seguivo all’università di Padova, mi veniva insegnato che il giudicato aveva una specie di valore-efficacia sacramentale. Io sono stato condannato a quindici anni per aver guidato una sodalità eversiva, il Gruppo di Ar: lo riconosco come mio titolo d’onore. Sono stato invece assolto per la strage di piazza Fontana da due corti di assise del popolo italiano. E ora, in una dialettica giudiziaria in cui sono necessariamente assente perché coperto dal giudicato, un minuscolo scriba intende, in modo surrettizio, vergognosamente spregiativo del sacramentum rei iudicatae, insinuare dichiarazioni sulla mia colpevolezza? Sottolineando questo non reclamo l’insurrezione dei garantisti. Mi limito a far notare l’aberrazione dello stesso diritto che dovrebbe governare le istituzioni della democrazia».
La sua casa editrice, le Edizioni di Ar, ha pubblicato un libro che si intitola «Piazza Fontana: una vendetta ideologica». Qual è la tesi?
«Nell’intenzione della sua autrice il testo mira ad applicare le categorie della morale nietzscheana al processo politico per piazza Fontana, riconnettendo il fatto cruento, e la sua proiezione nella polemica processuale, alla dinamica di quella guerra civile e politica cominciata con l’8 settembre ’43».
Lei ritiene verosimile la tesi oggi più accreditata, e cioè che nel corso della Guerra Fredda gli Stati Uniti si siano serviti della collaborazione di uomini dei servizi segreti italiani per creare una strategia della tensione che evitasse il pericolo di uno spostamento a sinistra dell’asse politico italiano?
«Suvvia! Questa Italia coloniale che si prende tanto sul serio da ritenere di essere campo di battaglia a stelle e strisce!»
Crede verosimile che in questa strategia ci sia stata una collaborazione del mondo neofascista italiano?
«Si riferisce a quel “mondo” che oggi occupa alcuni ministeri nel governo attuale? Non crede che costoro, più che efferati, siano degli innocenti? Nel senso napoletano del termine...»
Secondo molti magistrati la sua militanza politica non si è limitata a diffondere idee ed opinioni, ma anche a compiere atti eversivi.
«Ossia questi minustrati mi rimproverano di aver “predicato bene e razzolato bene”?... Entro i limiti umani di un miliziano, la mia milizia politica ha cercato di attuare ciò che il sentimento del mondo in cui mi riconosco suggeriva».
Lei non ha mai fatto mistero delle sue idee, vicine al fascismo e al nazionalsocialismo. È ancora di quelle opinioni, o ritiene che appartengano a una fase storica superata?
«È insano cercare nei rivoli ciò che si può attingere dalla fonte": così ammonisce Boccaccio. La fonte cui ho inteso volgermi è altra dai fascismi, intemporale. Ma confermo la mia personale venerazione nei confronti del Fuehrer e del Duce».
Dottor Freda, posso chiederle, se vota, per chi vota?
«Porre questa domanda a me, ostile alla democrazia? Lei è persona garbata: perché questa provocazione oscena?»
Se dovesse dire qualcosa ai parenti delle vittime di quella strage, che cosa direbbe?
«Il rispetto mi pare debba comporsi di silenzio, di pudore, di riserbo, di discrezione».
Secondo lei chi ha messo la bomba in piazza Fontana?
«Il “secondo me” è un vezzo essenzialmente democratico. È il lievito di quel chiacchiericcio retorico, ipocrita e superficiale con cui ci si stordisce per non interrogare il mistero, per non farsi interrogare da esso».
(fonte: http://www.lastampa.it/)
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