venerdì 29 gennaio 2010

Amano Dio e votano Emma


Non è che uno la fede se l’aggiusta a modo proprio ma per come s’è ridotta Santa Romana Chiesa altro non resta che regolarsela al modo antico, ovvero: prendetevi solo la Messa dai preti, per il resto, tenetevi alla larga. O meglio: spezzate loro la schiena. E’ una versione maccheronica di una frase che in lingua originale rende al meglio ma non si sta officiando un tradimento nella traduzione – non più grave almeno di quello che la dottrina cattolica ha consumato sulla carne del popolo nel momento in cui il sacerdote ha mostrato il culo a Dio girando l’altare per andare incontro alla voga dei tempi nuovi – qui si sta celebrando un sano sentimento di vendetta. Che meraviglia, allora, se la fede uno se la combina in solitudine, faccia a faccia col legno della Croce, con le preghiere a suo tempo insegnate dalla nonna, coi fiorellini e gli uccellini e senza più la “cena” loro, quella dei signori preti di vaticanisecondi, secondi in tutto verrebbe da dire, arrivati ultimi al traguardo dello Spirito. La loro Messa, appunto, è una cena buona per gli eretici: fatta col simbolismo di un ammaestramento etico – state buoni, se potete - e non con la carne sanguinolenta del Sacrificio.

La loro Messa è solo una stanca schitarrata, con tutti quei citrulli che nell’alleluja fanno mostra di svitare le lampadine.
Diocenescampi poi di quelli che recitano il Pater tenendosi per mano, s’è persa la fierezza militare della preghiera nelle chiese dell’orizzonte romano, troppa Bibbia infine, proprio troppa. Non s’era detto – e s’era detto nei gloriosi secoli del Medioevo – che quelle allegorie necessitavano di un attento filtro altrimenti il rischio era grande, non ultimo quello di una malattia che avrebbe fatto dell’Evangelo una favola tra le favole? E non avevano forse i Dottori della Chiesa raccomandato di aderire alla logica secondo Aristotele, ai libri della Repubblica secondo Platone, al nitore di Cicerone, alla luminescenza di Virgilio e a tutta quella bella sapienza d’Europa, proprio quella che parla col nostro stesso sangue, custodita e salvata a Granada, a Siviglia a Baghdad e ad Iskandria da quei beduini abbacinati dal deserto?

A frequentare le parrocchie cattoliche, ormai, si corre il rischio di farsi fare solo la morale. Tipo: tenete pulito il dito, in qualche buco dovrete pur metterlo. E a far flanella nei banchi di Santa Romana Chiesa s’impara l’arte ambigua del saperla lunga ma giusto per buttare una benedizione addosso al primo Cireneo e poi sbrigarsela con Anna e Caifa. Tutte le benedizioni al gregge si sono rivelate aspersioni di generiche promesse. E non sia mai speranze di un Aldilà. Mai che in una qualsiasi chiesa, infatti, si trovi qualcuno che parli di metafisica, di spirito, di anima e di poesia.

Solo dispensatori di un nuovo esordio presso la coscienza dell’uomo in cammino si trovano. E solo di questo parlano. E di ovvie premure ai diseredati là dove la carità diventa adesione ad un progetto di assistenza sociale, non pietas per come avevano insegnato i padri veri nostri, quelli di Atene e di Roma. Quelle della fabbrica cattolica sono solo aspersioni fatte con l’acqua falsa del meretricio moralistico. E si sa: fin tanto che il dito è pronto, la natica può sempre apparecchiare il lavacro. Figurararsi se moralmente ineccepibile non diventa anche un’Emma Bonino. Altro che, proprio là dove la politica di una Chiesa gettata nel mondo è pratica di furbizia e di soli comparaggi, solo questo ci si può attendere. E moralmente anche una Bonino – esemplare raro di integrità radicale – deriva dalla dogmatica del diritto, del desiderio e della cieca fede nelle sorti progressive della modernità perché è così fedele al secolo da essere una cosa sola con la Chiesa di base. La Chiesa, insomma, è solo un patronato sociale la cui identità non è la verità, piuttosto la legalità, la democrazia e l’impegno.

E figurarsi quanto può esserlo allora – quanto diventi i-nec-ce-pi-bi-le – un cattolico adulto attento al mondo, alla fame nel mondo, alla pace nel mondo, al progresso del mondo e alle mutande del mondo. Tutto è mondo nel messaggio romano. E il Vaticano, sfinito dalla resa a Satana, è ormai lo sprofondo del mondo. Mai che da una Messa cattolica si venga via alzando il naso al Cielo, e se vale ancora la lettura del Taras Bulba di Nikolai Gogol, bene facevano allora quei Santi cosacchi ad inseguire fin dentro le loro latrine, i cattolici infidi, corruttori della vera fede, moralisti dalla schiena stanca, progenitori della petulante malinconia declamatoria la cui regola è confermata nella seconda massima della teologia popolare: amano Dio e fottono il prossimo.

Fottono soprattutto chi, fuori dalla Chiesa, viene in loro soccorso quando i tempi sono duri. A voler offrire un esempio che ci guadagnerà il disprezzo e l’inimicizia della gente dabbene, diamo ben volentieri uno, il peggiore: quello del Generalissimo. Parliamo proprio di quel Francisco Franco che si partì dal Marocco con i suoi soldati per difendere i sacerdoti e le suore dai repubblicani che, in Spagna, se li andavano a cercare fin dentro i conventi e i seminari per scannarli quali agnelli al macello. La cattolicissima Spagna dovette assistere perfino alla fucilazione del Cristo Redentore e quando Franco restituì al popolo il proprio pastore fu questo stesso pastore a tramare contro la Dittatura provvisoria, in combutta con gli assassini, tramutati in gingilli del glamour liberal-democratico e cattolico senza eccezione alcuna. Ci si meraviglia perciò se nei tempi bui, e privi di luce sono questi giorni di orgogliosa modernità, nelle terre un tempo pontificie le chiese sono state svuotate di verità per fare largo alla malia del tempo che fa?

E sempre per concludere con chi ha inchiodato Cristo, a farsela raccontare da chi sta nelle chiese d’oggi, se di Gesù ne fecero un morto in Croce, pare che i due pii sacerdoti del Sinedrio qualche ragione dovevano averla avuta. Ciò se ne deduce, perché, sempre secondo loro, torto ha Giovanni Papini e nell’empietà incorre Mel Gibson, così come tutti i penitenti in processione, per la Passione. E non sia mai che del Golgota si faccia oggi una Religione, anzi, a regola di predica moderna e conciliare, quella morte comminata per tramite di supplizio, voluta a gran voce dalla plebe, è solo un incidente nello svolgersi dell’umanità in cammino. Pari a quella dimenticanza che è la non vita dei non nati, vorremmo obiettare, altrimenti dovrebbero farsi prendere per pazzi i preti con tutta questa umanità distratta rispetto al Venerdì Santo.

Ma sono cose di pazzi: accorgersi di un figlio di Dio e metterlo a morte è un non averlo fatto nascere. Sono proprio cose di un’epoca svenduta al Dubbio. Non sia mai nasca un altro incidente postumo hanno cancellato anche l’Eucarestia. Questo è quello che hanno fatto col Vaticano II, l’hanno ridotta a simbolo, e prova ne sia che la Messa non butta a terra, in ginocchio, nessun astante. Nella Santa Messa ortodossa l’Eucarestia esige un’Ostia in forma di mollica inzuppata nel vino caldo. Ciò è fatto in memoria del Corpo: una poltiglia tiepida di carne irrorata di Spirito. Questo vuole dire. Nella celebrazione d’Oriente, infatti, il Rito – raccolta la Comunione col cucchiaio dal Calice – costringe il tempo all’ascolto dell’Eterno, quando hanno smontato il comunismo in Russia, per dire, in Occidente si sono dovuti rassegnare all’evidenza: nessuno se n’era andato via dalle chiese. E c’era stato Lenin, altro che Bonino ma da queste nostre parti, così, da zuzzerelloni, la vanità supplisce alla tragedia.

Non è che uno la fede se l’aggiusta a modo proprio ma per come s’è ridotta Santa Romana Chiesa altro non resta che regolarsela al modo antico e prova tra le prove che l’Antico mai si sbaglia è che padre Pio la Messa se la diceva con l’Altare a Muro. E non fu visto mai, il Santo, padre cappuccino, dare la particola sulla mano dei fedeli. E si rifiutò di vedere politici in qualsivoglia foggia democratica o finto cristiana. Neppure ministri. Piuttosto solo squadristi.

(di Pietrangelo Buttafuoco)

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