Tentarono prima col nazismo, ora con la pedofilia. L’attacco alla Chiesa cattolica e romana di Ratzinger ha raggiunto una violenza esplicita senza precedenti. Per essere efficace l’attacco bisognava appellarsi agli ultimi inviolabili tabù della società occidentale: violati tutti gli altri, anzi ammessi nel nome della libera scelta di ciascuno, non restano che la pedofilia e il nazismo. In tema di pedofilia nessuno ha mai pensato che la Chiesa ne fosse immune. Primo, perché la Chiesa sarà pure la Sposa di Cristo ma è comunque un’istituzione fatta di uomini, di persone e rispecchia l’imperfezione umana. Secondo, perché come diceva il poeta, il pericolo cresce proprio laddove cresce la salvezza. Terzo, perché la storia della Chiesa ha sempre avuto capitoli gloriosi, pagine di luce e zone d’ombre, compreso il pozzo nero della pedofilia. Era storia di secoli, perfino nella Chiesa più severa e intransigente del passato. Ma vorrei aggiungere, anche la Chiesa del Papa Buono, di Giovanni XXIII, anche la Chiesa di Paolo VI, su cui soffiavano a suo tempo i venticelli della maldicenza sessuale, anche la Chiesa di Giovanni Paolo II, serbavano bassifondi infami. Ma la Chiesa di Papa Benedetto XVI non si perdona. Papa tedesco, che ha servito la patria da soldato, Papa della tradizione, che ha difeso la dottrina e la coerenza della fede, Papa della civiltà cristiana, che inevitabilmente confligge con la società dell’aborto, del nichilismo e dell’egoismo. Papa antipatico. Perché non è comunicatore come il suo glorioso predecessore, non è accattivante e popolare come lui; è più filosofo e teologo, ma soprattutto perché è un ostacolo a quella visione laicista, atea e progressista che vorrebbe eliminare i suoi avversari non sul piano della dottrina e della realtà ma della squalifica dell’avversario, demonizzando la Santità. Come dire, tu non puoi parlare, perché collaborazionista di Hitler o del Pedofilo. Cominciarono dal fratello ma si sapeva che poi sarebbero arrivati a lui.
Eppure, questo fiume carsico della pedofilia, dei brutti vizi che sorgono all’ombra delle grandi virtù cristiane, solo ora è uscito allo scoperto. Non è frutto della Chiesa di Ratzinger ma è la colonna infame che si nasconde dietro i colonnati della fede. Potrebbe essere un merito della Chiesa di Ratzinger che queste cose - non di oggi - vengano oggi allo scoperto, seppur tra mille prudenze e reticenze, tentativi di ridimensionare e circoscrivere l’affare. Cosa volete che faccia la Chiesa se, dall’alto della sua saggezza millenaria, sa che queste pagine infami vengono usate non per combattere e condannare i pedofili ma per abbattere la credibilità e la fiducia nella fede cattolica, nella Chiesa e nei suoi sacerdoti? La Chiesa tende a circoscrivere, a limitare i danni. È comprensibile, non può fare diversamente. L’altro giorno Ratzinger ha detto una cosa in linea con la tradizione cristiana: intransigenza contro il peccato di pedofilia, indulgenza contro i peccatori. Una linea profondamente cristiana, nel senso proprio di Gesù Cristo verso la Maddalena; che vale in Chiesa e non nella Giustizia civile, intendiamoci. Ma non solo: quando Papa Giovanni disse la stessa cosa, distinguendo tra la condanna del comunismo, l’errore, e l’indulgenza verso i comunisti, gli erranti, fu salutato come saggio e buono. Lo dice Ratzinger ed è scandalo. Non sto paragonando la pedofilia al comunismo, per carità. Sto dicendo che il criterio di giudizio è cristiano in ambo i casi. La pedofilia è un male in sé, senza attenuanti, penalmente rilevante. Agli occhi della chiesa, invece il comunismo segnava l’avvento dell’ateismo, la persecuzione religiosa, l’odio di classe, lo sterminio dei nemici, l’avvento del totalitarismo più radicale, la fine della libertà e della dignità della persona. Due mali imparagonabili tra loro: uno, privato, e concentrato su creature deboli e indifese, umanamente ripugnante. L’altro pubblico, animato perfino da una professione di fede che si intendeva come sostitutiva della fede religiosa, ma abbattutosi su intere classi, interi popoli, con milioni di vittime.
Non è un mistero che proprio in questi cinque anni di pontificato di Benedetto XVI siano esplosi con una virulenza senza precedenti le professioni di ateismo pratico e militante, le riduzioni del cristiano a cretino, come scrisse Odifreddi, le campagne violente contro la Chiesa, Papa Pacelli, l’abbè Pierre, Monsignor Lefebvre, le accuse d’ingerenza nella vita pubblica appena un uomo della chiesa esercita il suo ruolo pastorale - salvo chiedere alla chiesa di intervenire nella vita pubblica quando si tratta di difendere l’emigrazione clandestina o di condannare alcuni e solo alcuni interventi militari - il darwinismo militante, che pretende di giudicare dall’alto della scienza la bassezza primitiva della fede, fino a liquidarla. È una campagna di un’asprezza senza precedenti, radicale.
In Italia, ad esempio, le accuse americane hanno avuto una risonanza grande per due ragioni politiche e strumentali: primo, perché la Chiesa, esercitando la sua missione, ha esortato a non votare i sostenitori dell’aborto e i nemici della vita. Si può condividere o no, ma fa parte della sua missione pastorale. I vescovi esortano, mica intimano; invocano, mica impongono. Secondo, perché per una specie perversa di cesaropapismo, si adotta il curioso gemellaggio tra Papa Ratzinger e Papi Silvio per condannare poi ambedue. Resto dell’idea che non si possano comparare i due piani e le due figure. E mi pongo, al di là degli immediati orizzonti di una brutta campagna elettorale, in una prospettiva più alta: la civiltà cristiana. Qualcuno vorrebbe cancellare, mortificare, svilire una civiltà millenaria che permea la nostra origine e la nostra vita, con la squallida storia della pedofilia. Ma ricordate che per ogni pedofilo in Chiesa sono entrati dieci santi, cento servi di Dio e mille credenti. Non mandate all’inferno quel popolo di Dio, quella fede, quell’istituzione e quella civiltà, nel nome di pochi viziosi e di un moralismo intermittente che è permissivo con centouno vizi e peccati meno uno, sicuramente tra i peggiori. La Chiesa è un grande organismo vivente, e in un corpo umano c’è pure l’orifizio per defecare. Accade perfino che l’orifizio per urinare sia lo stesso che serve per procreare, cioè per generare l’uomo. Considerate il tutto, non la parte, considerate le cattedrali di luce prima delle sacrestie dell’infamia.
(di Marcello Veneziani)
Eppure, questo fiume carsico della pedofilia, dei brutti vizi che sorgono all’ombra delle grandi virtù cristiane, solo ora è uscito allo scoperto. Non è frutto della Chiesa di Ratzinger ma è la colonna infame che si nasconde dietro i colonnati della fede. Potrebbe essere un merito della Chiesa di Ratzinger che queste cose - non di oggi - vengano oggi allo scoperto, seppur tra mille prudenze e reticenze, tentativi di ridimensionare e circoscrivere l’affare. Cosa volete che faccia la Chiesa se, dall’alto della sua saggezza millenaria, sa che queste pagine infami vengono usate non per combattere e condannare i pedofili ma per abbattere la credibilità e la fiducia nella fede cattolica, nella Chiesa e nei suoi sacerdoti? La Chiesa tende a circoscrivere, a limitare i danni. È comprensibile, non può fare diversamente. L’altro giorno Ratzinger ha detto una cosa in linea con la tradizione cristiana: intransigenza contro il peccato di pedofilia, indulgenza contro i peccatori. Una linea profondamente cristiana, nel senso proprio di Gesù Cristo verso la Maddalena; che vale in Chiesa e non nella Giustizia civile, intendiamoci. Ma non solo: quando Papa Giovanni disse la stessa cosa, distinguendo tra la condanna del comunismo, l’errore, e l’indulgenza verso i comunisti, gli erranti, fu salutato come saggio e buono. Lo dice Ratzinger ed è scandalo. Non sto paragonando la pedofilia al comunismo, per carità. Sto dicendo che il criterio di giudizio è cristiano in ambo i casi. La pedofilia è un male in sé, senza attenuanti, penalmente rilevante. Agli occhi della chiesa, invece il comunismo segnava l’avvento dell’ateismo, la persecuzione religiosa, l’odio di classe, lo sterminio dei nemici, l’avvento del totalitarismo più radicale, la fine della libertà e della dignità della persona. Due mali imparagonabili tra loro: uno, privato, e concentrato su creature deboli e indifese, umanamente ripugnante. L’altro pubblico, animato perfino da una professione di fede che si intendeva come sostitutiva della fede religiosa, ma abbattutosi su intere classi, interi popoli, con milioni di vittime.
Non è un mistero che proprio in questi cinque anni di pontificato di Benedetto XVI siano esplosi con una virulenza senza precedenti le professioni di ateismo pratico e militante, le riduzioni del cristiano a cretino, come scrisse Odifreddi, le campagne violente contro la Chiesa, Papa Pacelli, l’abbè Pierre, Monsignor Lefebvre, le accuse d’ingerenza nella vita pubblica appena un uomo della chiesa esercita il suo ruolo pastorale - salvo chiedere alla chiesa di intervenire nella vita pubblica quando si tratta di difendere l’emigrazione clandestina o di condannare alcuni e solo alcuni interventi militari - il darwinismo militante, che pretende di giudicare dall’alto della scienza la bassezza primitiva della fede, fino a liquidarla. È una campagna di un’asprezza senza precedenti, radicale.
In Italia, ad esempio, le accuse americane hanno avuto una risonanza grande per due ragioni politiche e strumentali: primo, perché la Chiesa, esercitando la sua missione, ha esortato a non votare i sostenitori dell’aborto e i nemici della vita. Si può condividere o no, ma fa parte della sua missione pastorale. I vescovi esortano, mica intimano; invocano, mica impongono. Secondo, perché per una specie perversa di cesaropapismo, si adotta il curioso gemellaggio tra Papa Ratzinger e Papi Silvio per condannare poi ambedue. Resto dell’idea che non si possano comparare i due piani e le due figure. E mi pongo, al di là degli immediati orizzonti di una brutta campagna elettorale, in una prospettiva più alta: la civiltà cristiana. Qualcuno vorrebbe cancellare, mortificare, svilire una civiltà millenaria che permea la nostra origine e la nostra vita, con la squallida storia della pedofilia. Ma ricordate che per ogni pedofilo in Chiesa sono entrati dieci santi, cento servi di Dio e mille credenti. Non mandate all’inferno quel popolo di Dio, quella fede, quell’istituzione e quella civiltà, nel nome di pochi viziosi e di un moralismo intermittente che è permissivo con centouno vizi e peccati meno uno, sicuramente tra i peggiori. La Chiesa è un grande organismo vivente, e in un corpo umano c’è pure l’orifizio per defecare. Accade perfino che l’orifizio per urinare sia lo stesso che serve per procreare, cioè per generare l’uomo. Considerate il tutto, non la parte, considerate le cattedrali di luce prima delle sacrestie dell’infamia.
(di Marcello Veneziani)
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