
A ben guardarle, quella del Cav. e quella del suo alleato/concorrente sono posizioni contrapposte ma solidali. Berlusconi è tutto tranne che un riformista, il suo fascino sta anche in questo: dalle istanze delle partite Iva a quelle dell'antigiustizialismo, il premier ha sempre cavalcato in groppa a idee rivoltose, con il non trascurabile risultato di arrivare quasi sempre primo al traguardo del circo equestre elettorale. Fini è invece il ritratto della fredda convenzionalità e anche per chi , in questi tempi scombinati, rischia spesso di passare per originale. Lì dove il Cav. forza (le regole) e vendemmia (voti), Fini rassicura e imbottiglia. In più, l'ex capo di An si pone il doppio problema di conferire gradualità alle pulsioni rivoluzionarie berlusconiane e prospettiva a un consenso sempre alto ma non eterno. La rottura di una dialettica così ben codificata non gioverebbe a nessuno dei due.
(di Alessandro Giuli)
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