Ha ottantanove anni Franco Servello, è stato giornalista del Secolo, dirigente del Msi, parlamentare di An, avversario politico di Gianfranco Fini, poi suo alleato e sostenitore. Da qualche mese ha licenziato per Rubbettino un libro sul Duce, si intitola: “Perché uccisero Mussolini e Claretta. Oro e sangue a Dongo”. Sta bene Franco Servello, “non come questo centrodestra di oggi”, dice. “Sono l’ultimo in vita tra gli uomini che videro nascere da dentro il Movimento sociale e qualcosa l’ho imparata. Questa destra non mi piace. E’ incompiuta, pazzotica, rischia di essere una strana anomalia in Europa”. Ha parole di simpatia per Fini e per Berlusconi l’anziano senatore, ma in tutta evidenza, dopo il dissidio che ha diviso i due uomini, lui che pure conobbe il Cav. per primo portandolo da Almirante alla fine degli anni Settanta e poi da Fini agli inizi degli anni Novanta, adesso si è schierato con l’ex leader di An (“l’erede carismatico di Almirante”) e considera il premier “un uomo con meriti straordinari per la destra, ma che, allo stesso tempo, incarna anche l’anomalia che potrebbe strozzarla”.
E’ stato un errore il Pdl con lo scioglimento di Alleanza nazionale? “E’ stata un’azione avventata da parte dei dirigenti di An. Si era vicini alle elezioni e questa soluzione sembrava necessaria. Ma non è andata bene. Dov’è finita l’anima nazionale e sociale? A Berlusconi si deve rendere atto di aver incarnato una svolta enorme nella storia di questo paese, senza di lui si sarebbe arrivati a soluzioni di sinistra e temo non positive per gli interessi generali dell’Italia. Ma allo stesso tempo Berlusconi rappresenta solo una parte della destra, ne interpreta solo un aspetto, quello più economicistico, funzionalista, se vogliamo. La destra moderna non si può genericamente ridurre al solo concetto vago di libertà e An non esiste più a completare dall’interno il coacervo della creatura berlusconiana. Per questo, sommessamente, avevo proposto di federarci, senza sciogliere An. Un po’ come ha fatto la Lega che ha potuto conservare la propria identità e l’ha potuta far pesare su quel terreno dei contenuti e della diversità che, a mio avviso, in una destra moderna devono esistere e poter convivere”.
La delusione per il progetto del Pdl, dal punto di osservazione dell’anziano Servello, dipende anche, un po’, dalla guerra interna tra Berlusconi e Fini.
“Questo conflitto non lo capisco”, dice. “I due leader non si dividono tanto sui contenuti, sui progetti, su una visione diversa e inconciliabile della storia o della cultura di destra. Berlusconi e Fini danno vita a un conflitto politico che inerisce alla contingenza più stretta. C’è un conflitto di poteri e c’è una discrasia sul terreno di due diverse sensibilità personali e caratteriali. Francamente incomprensibile. In politica bisogna trovare i motivi del consenso, dell’unità, del dibattito. Fini e Berlusconi devono fare adesso ogni sforzo per superare gli stati d’animo che creano confusione. Devono mettersi d’accordo e lasciare che nasca un partito della destra italiana, alleato e federato con il Pdl presieduto dal Cavaliere. Io Berlusconi lo vedo benissimo, nel 2012, alla presidenza della Repubblica. Insomma, il premier non può davvero pensare di distruggere Fini e tutto quello che esiste intorno a Fini. E’ questo che desidera? Un’aggressione personale e inaccettabile, fango scagliato via Giornale dai pistoleri del boss? E’ uno sbaglio, Berlusconi deve fermarli. E lo dice uno che si è battuto per lui, quando nessuno lo conosceva nel Msi, per salvare le sue televisioni attraverso la famosa riforma audiovisiva. Sbaglia il Cavaliere a voler annullare Fini, perché lui rappresenta tutti noi nonostante qualche sbavatura e qualche ‘strappo’ di troppo”.
Della cittadinanza breve e della nuova politica dei diritti civili che ne pensa Servello? “Sono d’accordo con Fini su questi argomenti. Mio padre era un migrante, figuriamoci se non sono per la tolleranza e l’apertura. A volte abbiamo un vizio: confondiamo la cultura e la memoria storica con la politica. Io non dico che la politica debba confliggere con la tradizione, ma la realtà spesso induce a modificare certe opzioni. Ed è alla realtà che la politica deve ispirarsi. Mussolini veniva da un ambiente di mangiapreti, fu probabilmente sempre anticlericale nel proprio intimo, eppure con il Vaticano fece la Conciliazione”. Il resto del gruppo dirigente di An, gli ex colonnelli, non condividono nulla di quanto sostiene Fini. Dicono che lui ha cambiato idea, forse ha tradito? “Il tradimento è una parola che non si può scagliare contro Fini il quale, piaccia o no, rimane il capo della destra. E’ un leader. Lui, a differenza di altri, ha carisma. Quanto ai colonnelli, con cui ho ottimi rapporti, specie con La Russa, dico solo una cosa: a me sembrano loro ad essere cambiati. Sa quel è il loro difetto?”. No, qual è? “Mancano di un po’ di consapevolezza. Sono degli ex giovani che si ritengono ancora giovani”.
E’ stato un errore il Pdl con lo scioglimento di Alleanza nazionale? “E’ stata un’azione avventata da parte dei dirigenti di An. Si era vicini alle elezioni e questa soluzione sembrava necessaria. Ma non è andata bene. Dov’è finita l’anima nazionale e sociale? A Berlusconi si deve rendere atto di aver incarnato una svolta enorme nella storia di questo paese, senza di lui si sarebbe arrivati a soluzioni di sinistra e temo non positive per gli interessi generali dell’Italia. Ma allo stesso tempo Berlusconi rappresenta solo una parte della destra, ne interpreta solo un aspetto, quello più economicistico, funzionalista, se vogliamo. La destra moderna non si può genericamente ridurre al solo concetto vago di libertà e An non esiste più a completare dall’interno il coacervo della creatura berlusconiana. Per questo, sommessamente, avevo proposto di federarci, senza sciogliere An. Un po’ come ha fatto la Lega che ha potuto conservare la propria identità e l’ha potuta far pesare su quel terreno dei contenuti e della diversità che, a mio avviso, in una destra moderna devono esistere e poter convivere”.
La delusione per il progetto del Pdl, dal punto di osservazione dell’anziano Servello, dipende anche, un po’, dalla guerra interna tra Berlusconi e Fini.
“Questo conflitto non lo capisco”, dice. “I due leader non si dividono tanto sui contenuti, sui progetti, su una visione diversa e inconciliabile della storia o della cultura di destra. Berlusconi e Fini danno vita a un conflitto politico che inerisce alla contingenza più stretta. C’è un conflitto di poteri e c’è una discrasia sul terreno di due diverse sensibilità personali e caratteriali. Francamente incomprensibile. In politica bisogna trovare i motivi del consenso, dell’unità, del dibattito. Fini e Berlusconi devono fare adesso ogni sforzo per superare gli stati d’animo che creano confusione. Devono mettersi d’accordo e lasciare che nasca un partito della destra italiana, alleato e federato con il Pdl presieduto dal Cavaliere. Io Berlusconi lo vedo benissimo, nel 2012, alla presidenza della Repubblica. Insomma, il premier non può davvero pensare di distruggere Fini e tutto quello che esiste intorno a Fini. E’ questo che desidera? Un’aggressione personale e inaccettabile, fango scagliato via Giornale dai pistoleri del boss? E’ uno sbaglio, Berlusconi deve fermarli. E lo dice uno che si è battuto per lui, quando nessuno lo conosceva nel Msi, per salvare le sue televisioni attraverso la famosa riforma audiovisiva. Sbaglia il Cavaliere a voler annullare Fini, perché lui rappresenta tutti noi nonostante qualche sbavatura e qualche ‘strappo’ di troppo”.
Della cittadinanza breve e della nuova politica dei diritti civili che ne pensa Servello? “Sono d’accordo con Fini su questi argomenti. Mio padre era un migrante, figuriamoci se non sono per la tolleranza e l’apertura. A volte abbiamo un vizio: confondiamo la cultura e la memoria storica con la politica. Io non dico che la politica debba confliggere con la tradizione, ma la realtà spesso induce a modificare certe opzioni. Ed è alla realtà che la politica deve ispirarsi. Mussolini veniva da un ambiente di mangiapreti, fu probabilmente sempre anticlericale nel proprio intimo, eppure con il Vaticano fece la Conciliazione”. Il resto del gruppo dirigente di An, gli ex colonnelli, non condividono nulla di quanto sostiene Fini. Dicono che lui ha cambiato idea, forse ha tradito? “Il tradimento è una parola che non si può scagliare contro Fini il quale, piaccia o no, rimane il capo della destra. E’ un leader. Lui, a differenza di altri, ha carisma. Quanto ai colonnelli, con cui ho ottimi rapporti, specie con La Russa, dico solo una cosa: a me sembrano loro ad essere cambiati. Sa quel è il loro difetto?”. No, qual è? “Mancano di un po’ di consapevolezza. Sono degli ex giovani che si ritengono ancora giovani”.
(di Salvatore Merlo)
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