Donna Assunta: Fini a Mirabello offende memoria di Giorgio
«È una provocazione, la prova che Gianfranco ha perso del tutto il senso del pudore. Non voglio neanche sentire quello che dirà».
Addirittura. «Anzi no, è peggio di una provocazione. È una cosa ridicola. Poteva andarsene da un'altra parte ma a Mirabello no. La considero un'offesa alla memoria di mio marito e alla coscienza delle persone di destra che hanno consentito a Fini di arrivare dov'è arrivato. Vuol sapere la verità? Mi fa pena».
Mirabello. Dove nel 1987 Almirante designò l'erede.
«E quanta gente c'era quel giorno. Una folla oceanica. No, Fini non si doveva permettere di tornare là. C'è un momento per parlare e uno per stare zitti. Gianfranco doveva parlare un mese fa, assumendosi la piena responsabolità della faccenda dell'appartamento di Montecarlo. Oggi, invece, deve solo stare zitto. Invece è stato zitto un mese fa e domenica farà sentire la sua voce».
Alle 2 di ieri pomeriggio, Assunta de Medici nata Stramandinoli vedova Almirante, la Donna Assunta della destra italiana insomma, è in faccende di casa affaccendata: «Sto pulendo l'argenteria. Lavoro sempre io, sa?», dice al Riformista prima che la chiacchierata finisca, inevitabilmente, all'attesa per l'intervento di Fini in programma domani.
Ha sentito, Donna Assunta? Nel Pdl c'è chi si stava organizzando per andare a contestarlo.
Fatti suoi. Non m'importa. Tanto domenica se ne starà lì a parlare protetto dalle forze di pubblica sicurezza. Anzi, temo che quel giorno non ci sarà neanche un poliziotto in servizio da quelle parti. Saranno tutti appresso a lui, purtroppo.
E se qualche contestatore azzardasse un saluto romano?
Non so se Fini si meriterà di essere salutato romanamente, fascistamente. Io, che nasco monarchica, sul saluto romano la penso sempre allo stesso modo.
Come?
È igienico. Ed evita di dover stringere tante mani sudate.
Sia sincera, Donna Assunta. Lei ce l'ha ancora con Fini per la svolta di Fiuggi.
E certo che ce l'ho ancora con lui. Quel cambio di nome è stato un tradimento.
Dicevo che, per “colpa” di Fiuggi, lei non crede più a...
Io non credo più a nessuno di loro. Salvo giusto Storace, che ha fondato La Destra pagando l'altissimo prezzo di rimanere da solo. E La Russa, che ha mantenuto i patti con Berlusconi. D'altronde, tutti gli altri non hanno capito che dovevano fare come la Lega di Bossi, che io stimo, e rimanersene a casa propria. Ma una volta che sono entrati nella casa del padrone, che si aspettavano? Per il resto non credo più a niente e nessuno. Neanche alla vita. Sto diventando eretica.
Ma lei, che è così vicina ai temi della legalità, non è indignata per la faccenda del processo breve di Berlusconi?
Questa cosa del processo breve, a onor del vero, un po' fastidio mi dà. Però non ne so molto. E poi, mi scusi, il processo non dovrebbe essere sempre breve? O mi sbaglio?
Sì, ma l'interesse personale del premier verso questa legge...
Sia come sia, il governo pensi a stare più vicino ai magistrati, che spesso non hanno neanche i soldi della benzina.
Ecco, Donna Assunta, su questo lei e Fini sareste senz'altro d'accordo.
Io, in questo momento, da Fini voglio soltanto due cose. La prima è che si assuma le responsabilità della faccenda di Montecarlo, salvando l'onore di due galantuomini come Pontone e La Morte, che hanno soltanto obbedito ai suoi ordini. E poi voglio che sia fatta chiarezza su tutti i beni che appartenevano al Movimento sociale. Voglio sapere che fine hanno fatto i cento miliardi di lire che c'erano in cassa nel 1988, quando morì Almirante. Perché può darsi pure che Gianfranco sia stato messo in difficoltà dai nuovi parenti. Ma ha un'età, ormai è grandicello, deve sapersi assumere le proprie responsabilità.
Ammetterà, però, che la campagna nei confronti di Elisabetta Tulliani non è stata delle più delicate.
Non conosco la signora Tulliani ma una cosa la voglio dire. Daniela (Di Sotto, ex moglie di Fini, ndr) s'è dimostrata una gran signora. È stata abbandonata, eppure neanche adesso ha detto una parola. Lo sa che cosa sono in grado di fare le donne quando vengono lasciate, no?
(di Tommaso Labate)
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