Edoardo Sylos Labini, non a caso amante del futurismo, ha inventato il Disco-Teatro, una miscela di storia, letteratura e sonorità elettroniche. Il suo spettacolo Italo Balbo. Cavaliere del Cielo, che debutterà il 19 novembre alla Biblioteca Braidense, a Milano, è il preludio alla mostra «I cavalieri del Cielo», che si inaugurerà nella sala teresiana il 26. Sylos Labini vuole raccontare «la storia di uno degli ultimi eroici romantici della storia italiana del Novecento».
In effetti la figura di Balbo (1896-1940) è molto più complessa della vulgata su di lui. Basti pensare che fra il luglio del 1922 e il dicembre del 1924 – a 26-28 anni – per ben tre volte decise la storia del fascismo e quindi dell’Italia. La prima fu nel luglio del 1922, quando Mussolini trattava per entrare pacificamente in un secondo governo Facta e Balbo glielo impedì mettendo a ferro e fuoco la Romagna e costringendolo a proseguire la sfida armata al socialismo e allo Stato.
La seconda fu durante la marcia su Roma, quando Balbo, quadrumviro, impedì che De Vecchi e De Bono, altri quadrumviri, cedessero al timore per l’enormità dell’impresa. La terza volta fu il 31 dicembre 1924, nella fase conclusiva della crisi per il delitto Matteotti, quando Balbo ispirò e condusse il “pronunciamento dei consoli” che spinse Mussolini a instaurare la dittatura: «O con noi o contro di noi», era il succo delle parole di Balbo, temibile capo dello squadrismo, perché dello squadrismo militarmente organizzato e violento era stato l’inventore, nella sua Ferrara.
Eppure fu un innovatore, non a caso l’unico fra i gerarchi a avere come modello gli Stati Uniti, piuttosto che la Germania, la Francia o l’Inghilterra. Aveva una spiccata modernità: senso della propaganda, capacità di sfruttare i massmedia e il proprio carisma, abilità nell’eccitare e incanalare le masse. Non amato dai militari, dai borghesi, dai fascisti e dai monarchici, ebbe una grande indipendenza critica, ma senza sbocchi perché gli mancavano la capacità e il gusto di vasti progetti politici.
Lontanissimo dall’essere un avventuriero tutto fegato e improvvisazione, aveva una straordinaria capacità organizzativa, una precisione quasi teutonica che applicò alla sua passione per l’aviazione, intesa non come romanticismo umanistico ma come esaltazione tecnicistica della macchina, destinata «a spingere la tarda e pigra civiltà del mondo a un ritmo nuovo». Mussolini lo nominò ministro dell’Aviazione, e Balbo fu il vero creatore dell’aeronautica moderna, civile e militare, non soltanto italiana. Oltre ai record che l’Italia raggiunse fra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Trenta, Balbo volle dimostrare che il volo non era un’avventura riservata a pochi audaci, ma che l’aviazione civile sarebbe stato il futuro del cielo. Per questo ideò e realizzò una serie di «crociere»: voli di numerosi aerei in squadriglia, non più l’audace impresa di qualche sfegatato come Lindbergh.
Con la crociera atlantica del dicembre 1930-gennaio 1931, 12 aerei, i trasvolatori dell’Atlantico meridionale passarono da 24 a 64, di cui 45 italiani. Il più difficile volo attraverso l’Atlantico settentrionale iniziò il 1° luglio 1933 con 24 idrovolanti e 100 uomini d’equipaggio. La squadra volò in formazione e senza incidenti, portando di colpo i trasvolatori dell’atlantico settentrionale da 28 a 127 e facendo dell’aeronautica italiana un mito mondiale di coraggio e organizzazione.
In effetti la figura di Balbo (1896-1940) è molto più complessa della vulgata su di lui. Basti pensare che fra il luglio del 1922 e il dicembre del 1924 – a 26-28 anni – per ben tre volte decise la storia del fascismo e quindi dell’Italia. La prima fu nel luglio del 1922, quando Mussolini trattava per entrare pacificamente in un secondo governo Facta e Balbo glielo impedì mettendo a ferro e fuoco la Romagna e costringendolo a proseguire la sfida armata al socialismo e allo Stato.
La seconda fu durante la marcia su Roma, quando Balbo, quadrumviro, impedì che De Vecchi e De Bono, altri quadrumviri, cedessero al timore per l’enormità dell’impresa. La terza volta fu il 31 dicembre 1924, nella fase conclusiva della crisi per il delitto Matteotti, quando Balbo ispirò e condusse il “pronunciamento dei consoli” che spinse Mussolini a instaurare la dittatura: «O con noi o contro di noi», era il succo delle parole di Balbo, temibile capo dello squadrismo, perché dello squadrismo militarmente organizzato e violento era stato l’inventore, nella sua Ferrara.
Eppure fu un innovatore, non a caso l’unico fra i gerarchi a avere come modello gli Stati Uniti, piuttosto che la Germania, la Francia o l’Inghilterra. Aveva una spiccata modernità: senso della propaganda, capacità di sfruttare i massmedia e il proprio carisma, abilità nell’eccitare e incanalare le masse. Non amato dai militari, dai borghesi, dai fascisti e dai monarchici, ebbe una grande indipendenza critica, ma senza sbocchi perché gli mancavano la capacità e il gusto di vasti progetti politici.
Lontanissimo dall’essere un avventuriero tutto fegato e improvvisazione, aveva una straordinaria capacità organizzativa, una precisione quasi teutonica che applicò alla sua passione per l’aviazione, intesa non come romanticismo umanistico ma come esaltazione tecnicistica della macchina, destinata «a spingere la tarda e pigra civiltà del mondo a un ritmo nuovo». Mussolini lo nominò ministro dell’Aviazione, e Balbo fu il vero creatore dell’aeronautica moderna, civile e militare, non soltanto italiana. Oltre ai record che l’Italia raggiunse fra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Trenta, Balbo volle dimostrare che il volo non era un’avventura riservata a pochi audaci, ma che l’aviazione civile sarebbe stato il futuro del cielo. Per questo ideò e realizzò una serie di «crociere»: voli di numerosi aerei in squadriglia, non più l’audace impresa di qualche sfegatato come Lindbergh.
Con la crociera atlantica del dicembre 1930-gennaio 1931, 12 aerei, i trasvolatori dell’Atlantico meridionale passarono da 24 a 64, di cui 45 italiani. Il più difficile volo attraverso l’Atlantico settentrionale iniziò il 1° luglio 1933 con 24 idrovolanti e 100 uomini d’equipaggio. La squadra volò in formazione e senza incidenti, portando di colpo i trasvolatori dell’atlantico settentrionale da 28 a 127 e facendo dell’aeronautica italiana un mito mondiale di coraggio e organizzazione.
I festeggiamenti furono superiori a ogni immaginazione: si celebrava la fine dell’isolamento americano, l’oceano diventava di colpo un fiume superabile non soltanto attraverso lentissime navigazioni, e l’aviazione passava dalla fase pionieristica a quella industriale. La trasvolata aumentò enormemente il prestigio italiano e dette l’impressione a milioni di emigrati – febbrilmente eccitati in quei giorni - di essere stati riscattati. Quando, il 19 luglio, i 24 grandi idrovolanti veleggiarono in formazione perfetta sui grattacieli di New York, Balbo ebbe un’accoglienza paragonabile soltanto a quella tributata ai reduci vittoriosi della Prima e della Seconda guerra mondiale e, forse, ai primi astronauti.
Mussolini, geloso della sua fama mondiale, lo “esiliò” come governatore della Libia: dove Balbo fece dimenticare le violenze compiute dai governatori precedenti con un paternalismo illuminato che non ha riscontro in nessuna delle altre amministrazioni coloniali italiane precedenti.
Poi, la sua opposizione alle leggi razziali, all’alleanza con la Germania nazista, alla guerra: e la sua tragica morte, nel giugno del 1940, abbattuto per errore dalla contraerea italiana. Il nemico inglese gli tributò un onore da vero “cavaliere del cielo”, lanciando un mazzo di fiori sul luogo dell’incidente.
Mussolini, geloso della sua fama mondiale, lo “esiliò” come governatore della Libia: dove Balbo fece dimenticare le violenze compiute dai governatori precedenti con un paternalismo illuminato che non ha riscontro in nessuna delle altre amministrazioni coloniali italiane precedenti.
Poi, la sua opposizione alle leggi razziali, all’alleanza con la Germania nazista, alla guerra: e la sua tragica morte, nel giugno del 1940, abbattuto per errore dalla contraerea italiana. Il nemico inglese gli tributò un onore da vero “cavaliere del cielo”, lanciando un mazzo di fiori sul luogo dell’incidente.
(di Giordano Bruno Guerri)
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