lunedì 24 gennaio 2011

Mughini: meglio Andreotti di Berlusconi

Dobbiamo presentarlo? Nome: Giampiero Mughini, catanese di origine ma romano d’elezione (benché, hàilui, juventino). Età: non ha importanza. Giornalista, scrittore, opinionista televisivo e cartaceo di umanità varia, politica, cultura, financo il calcio. Personalmente ne apprendemmo la sorte in anni lontani, quando produsse per Rai2 un documentario sul nostro ambiente “Nero è bello”. Un eretico, in definitiva, felice di esserlo. E, come sono spesso gli eretici, capace di vedere prima. Rileggetevi, per esempio, il suo Un disastro chiamato seconda repubblica (Mondadori, 2005). C’è già scritto tutto quello che sarebbe accaduto nei successivi 6 anni fino a oggi.

Benché “disastrosa”, è lecito parlare di Seconda repubblica?

Solo per comodità di linguaggio. Dopo Tangentopoli e dopo la caduta del muro di Berlino, in Italia scompaiono i partiti tradizionali, ne nascono altri – la Lega – altri si frantumano in mille partitini, altri cambiano semplicemente nome.

C’è anche il passaggio dal sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario, con l’avvio del bipolarismo.

Guardi, non fosse nata per iniziativa di Silvio Berlusconi Forza Italia, il sistema sarebbe stato non bipolare o multipolare ma monopolare. Il Pds, nato per trasformazione dal vecchio Pci, sembrava destinato a una meravigliosa vittoria in solitaria. Si ricorda, vero, la “gioiosa macchina da guerra” capeggiata da Achille Occhetto? La “discesa in campo di Berlusconi”, che io non reputo affatto dettata dalla necessità esclusiva di salvare le sue imprese economiche, come più volte ipotizzato dai suoi oppositori, rappresentò un fatto nuovo che sconvolse le previsioni. Il partito che lui aveva approntato alla spiccia trionfò alle elezioni del 1994. Il fatto è che il vecchio elettorato, quello che, in precedenza, assegnava le sue preferenze alla Dc, al Psi, al Pli, al Pri, non si era rassegnata al fatto che i partiti per i quali aveva votato per cinquant’anni non esistessero più e converse il suo voto su Berlusconi e sul nuovo partito: Fi, appunto. La coalizione guidata da Occhetto, come disse qualcuno, partì da solo e riuscì ad arrivare secondo.

Però, oggi siamo alla frutta anche con Berlusconi.

Semplicemente, gli uomini di quella che ho chiamato per comodità della “seconda repubblica” non sono all’altezza degli Andreotti e dei Craxi, tanto per fare degli esempi fra i tanti protagonisti della Prima repubblica. Prendiamo il caso ultimo di cui è stato chiamato adesso a rispondere Berlusconi. E’ molto meno che non le accuse rivolte ad Andreotti, di far parte del nucleo dirigente della mafia. E con tutto questo Andreotti non disse mai una volta che bisognava “punire” i magistrati che lo stavano accusando; si presentava puntualmente nell’aula del tribunale palermitano pronto a respingere, punto per punto, le obiezioni di accusa. Al di là della sua personale difesa, dimostrava di possedere il senso dello stato.

In questa ottica, però e se vogliamo, Craxi si è sottratto del tutto al confronto giudiziario ritirandosi in esilio.

Craxi, a differenza di Andreotti, non disponeva dell’immunità parlametare. Poteva essere arrestato da un momento all’altro e non era uomo, dal punto di vista simbolico e psicologico, da poter sopportare quello che riteneva un tale affronto. Avesse avuto il coraggio di rimanere in Italia, la storia politica di questo Pese sarebbe stata diversa. E comunque, si tratti di esilio o di “latitanza” come ripetono i suoi avversari, dell’esilio e nell’esilio Craxi è morto. Cosa diversa è quella di aggrapparsi a ogni pretesto giudiziario per sottrarsi al confronto frontale con i giudici e affidare al formidabile esercito mediatico che Berlusconi possiede, fra giornali e televisioni di proprietà, la propria difesa. E’ anche questo un segno dei tempi. E non mi sembra un segno positivo. Al tempo della sua caduta Craxi non ebbe un solo giornaletto che ne prendesse le difese. E comunque io non smetto di riconoscere a Berlusconi di essere stato un grande protagonista della vita pubblica di questi ultimi trent’anni, a cominciare dal fatto di avere inventato la televisione commerciale.

L’ho vista qualche mattina fa alla trasmissione Agorà. Su questi temi si è potuto confrontare liberamente con l’on. Daniela Santanché.

E’ difficilissimo confrontarsi con l’on. Santanché. Per lei, chiunque osi mettere in discussione la santità inopinabile del Capo di governo commette atto di lesa maestà, è un blasfemo e un infedele. E perciò assume quell’aria di leonessa che vuole sbranare tutti. In fatto di leonesse, ce ne sono molte che fanno più paura di lei.

Però, le “sciacquette senza arte né parte” se le poteva risparmiare, via…

L’ho detto delle ragazze che a gruppi di venti o trenta andavano alle cene di Arcore a mungere dal sovrano quanti più euro e favori potevano. Ragazze cui è difficile mettere assieme il pranzo e la cena. Premesso che tutti e tutte hanno il diritto di campare, non vedo come definirle altrimenti.

(fonte: http://www.mirorenzaglia.org/)

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