giovedì 13 gennaio 2011

Sorpresa Le Pen


Chi ha sempre guardato con occhio ideologicamente disincantato alla figura di Jean-Marie Le Pen e al suo partito, il Front National, espressione di un’ultradestra galouise, non può stupirsi più di tanto del sondaggio Tns-Sofres che accredita le idee lepeniste appoggiate da più di un francese su cinque. Le Pen, una specie di leader dalle dieci vite, uno di quei capi che in Italia classificheremmo tra la razza con la pellaccia da prima Repubblica, domenica prossima lascerà la presidenza del partito, probabilmente nelle mani della figlia Marine. Dal quel momento può aprirsi, nella Francia dello scontento sarkozista e della sinistra in ambasce d’idee, una stagione politica ricca di sorprese. Perché sempre lo stesso sondaggio segnala che una quota crescente di elettori dell’Ump, la destra costituzionale che sta al governo, guarda senza paraocchi a ciò che finora la politica francese ha relegato nell’impensabile: un accordo elettorale con il Fn. E si tratta del 35% di elettori dell’Ump, che non sono pochi vista la pessima stampa di cui soffre il partito lepenista, caso più unico che raro di partito sempre forte nei suffragi ma condannato a una totale emarginazione politica in virtù del sistema elettorale a doppio turno.

In verità, da quando nel 2002 si è consumato lo shock del ballottaggio tra il vecchio lottatore del FN e Jacques Chirac per la presidenza, la strategia della destra gollista è stata quella di esaurire progressivamente il bacino elettorale lepenista rubando poco a poco le battaglie che avevano fatto, ad esempio, del Fn il primo partito operaio: sicurezza, lotta all’immigrazione clandestina, identità nazionale. E così via, in un catalogo che raccoglie l’intera famiglia delle destre europee dentro e fuori il Ppe. Si può anche definire questo tipo di strategia come una specie di gestione a fini elettorali delle paure diffuse, eppure la storia sta dimostrando che queste idee continuano a funzionare, nella loro potenza evocativa capace di attecchire nei timori profondi dei francesi, anche al di là dell’effettiva coerenza con quanto accade nella vita quotidiana degli elettori. Tra l’altro, uno dei risultati migliori ottenuti da Sarkozy durante e dopo la sua corsa elettorale del 2007 fu quella di evitare che alcune pulsioni – l’inconscio burrascoso che si agita in qualsiasi popolo sotto la forma del fantasma del "diverso" – potessero diventare incontrollabili, se lasciate nelle sole mani di un partito escluso di fatto sia dal governo sia dalla rappresentanza parlamentare.

Oggi che il sarkozismo annaspa, e si aggroviglia pure nella cattiva gestione di faccende complesse come il grande dibattito sull’identità francese, inaugurato qualche mese fa in pompa magna e naufragato in una sostanziale ingestibilità, l’ipotesi di una specie di "costituzionalizzazione" del Fn, analoga a quanto avvenuto dal 1994 con la destra italiana, può non essere più fantapolitica. Si tratta solo di smetterla di considerare il Fn per quel che non è, ovvero un partito neofascista, e valutare se la destra radicale francese può seguire quel percorso di normalizzazione e di inserimento nella politica delle alleanze che più di dieci anni fa aveva già teorizzato un ideologo dimenticato del lepenismo "moderato", Bruno Mégret. Oggi questo compito potrebbe assegnarselo Marine Le Pen, guardacaso giudicata troppo moderata dai movimentini dell’estrema destra, operando una ripulitura della classe dirigente e una modernizzazione di idee e programmi. Stimolando una nuova ipotesi di rupture.

(di Angelo Mellone)

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