Il maresciallo Tito, persecutore degli italiani dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia alla fine della seconda guerra mondiale con le foibe e l'esodo, oltre ad un'accolita di suoi fedelissimi, sono ancora oggi insigniti delle più alte onorificenze del nostro paese. Gli esuli istriani lo hanno scoperto e sono scesi sul piede di guerra in vista del 10 febbraio, la Giornata del ricordo del dramma patito. Josep Broz Tito è stato decorato nel 1969, dall'allora presidente Giuseppe Saragat, come «Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana» con l'aggiunta del Gran cordone, il più alto riconoscimento previsto.
Nessuno ha mai pensato di levargli questa onorificenza per «indegnità», come è previsto dalla legge. Non solo: spulciando nel sito del Quirinale, Il Giornale ha scoperto che godono tutt'oggi, delle più alte decorazioni, dittatori scomparsi, come la coppia Ceausescu o Mobutu, comandanti titini accusati di crimini di guerra e personaggi discutibili del calibro di Yasser Arafat.
«È disgustoso che lo Stato riconosca il dramma delle foibe ed allo stesso tempo annoveri tra i suoi più illustri insigniti proprio chi ordinò i massacri e la pulizia etnica degli italiani d'Istria» ha dichiarato Massimiliano Lacota, presidente dell'Unione degli istriani, una delle associazioni dell'esodo. Il 10 febbraio, Giornata del Ricordo, il presidente Giorgio Napolitano, accoglierà al Quirinale gli esuli, i loro rappresentanti ed i familiari degli infoibati. L'Unione degli istriani ha inviato venerdì mattina un telegramma al capo dello Stato per chiedere «l'annullamento immediato del titolo di cavaliere di gran croce decorato di gran cordone dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana (...) conferito il 2 ottobre 1969 al maresciallo jugoslavo Tito, allora presidente della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, diretto responsabile e mandante della feroce pulizia etnica attuata nei confronti dei nostri connazionali dal 1943».
In caso contrario «l'Unione degli istriani non parteciperà alla cerimonia al Quirinale» annuncia Lacota. «A Callisto Tanzi, per il crac Parmalat, hanno levato le onorificenze in 20 giorni per "indegnità" - fa notare il presidente dell'associazione - Era peggio di Tito?». La stessa legge che concede le alte decorazioni prevede la revoca. Da notare che l'onorificenza a gente come Tito viene concessa anche «per fini filantropici e umanitari».
Oltre a Tito, nel 1969, sono stati insigniti di decorazioni varie una trentina di personalità jugoslave. Sul sito del Quirinale è ancora oggi certificato che l'Italia considera Mitja Ribicic, Cavaliere di Gran Croce, anche se nel 1945 era un alto ufficiale della polizia segreta di Tito, particolarmente attiva contro gli italiani. Non solo: a Lubiana, nel 2005, venne aperta un'inchiesta a suo carico per crimini di guerra. A distanza di 60 anni è stato impossibile trovare le prove.
Un altro decorato dall'Italia è l'ex ammiraglio jugoslavo Franjo Rustja. Peccato che nei terribili 40 giorni dell'occupazione di Trieste, nel maggio-giugno 1945, era primo assistente al comando del IX Corpus. L'unità di Tito che deportò e fece sparire per sempre molti italiani.
L'aspetto più imbarazzante è che il Quirinale, nel corso degli anni, ha consegnato le alte onorificenze a diversi personaggi stranieri, che poi sono stati condannati dal loro popolo e dalla storia. E nessuno ha mai pensato di revocarle. Il presidente Giovanni Leone ha nominato il 21 maggio 1973 Cavaliere di Gran Croce, Elena Ceausescu. Al marito Nicolae è stato concesso anche il Gran cordone. Nel 1989 la coppia Ceausescu venne fucilata dopo aver dominato la Romania con il pugno di ferro.
Leone ha pensato bene di decorare pure il padre-padrone dello Zaire, Mobutu Sese Seko, che scappò con la cassa lasciando il suo paese in rovina.
Un'altra onorificenza con Gran cordone, almeno discutibile, è stata concessa dal presidente Oscar Luigi Scalfaro, nel 1999, a Yasser Arafat. Il leader palestinese, che tutta la vita ha usato a suo piacimento il kalashnikov.
La decorazione più importante del nostro paese è stata curiosamente concessa anche a Juan Domingo Peron, il conducator argentino e all'imperatore giapponese Hirohito. Il presidente Napolitano, l'11 marzo 2010, ha decorato con il Gran cordone Bashar Al Assad, il giovane presidente della dinastia siriana. Speriamo che gli porti bene, con questi venti di rivolta in Medio oriente che rischiano di soffiare pure a Damasco.
(di Fausto Biloslavo)
Nessuno ha mai pensato di levargli questa onorificenza per «indegnità», come è previsto dalla legge. Non solo: spulciando nel sito del Quirinale, Il Giornale ha scoperto che godono tutt'oggi, delle più alte decorazioni, dittatori scomparsi, come la coppia Ceausescu o Mobutu, comandanti titini accusati di crimini di guerra e personaggi discutibili del calibro di Yasser Arafat.
«È disgustoso che lo Stato riconosca il dramma delle foibe ed allo stesso tempo annoveri tra i suoi più illustri insigniti proprio chi ordinò i massacri e la pulizia etnica degli italiani d'Istria» ha dichiarato Massimiliano Lacota, presidente dell'Unione degli istriani, una delle associazioni dell'esodo. Il 10 febbraio, Giornata del Ricordo, il presidente Giorgio Napolitano, accoglierà al Quirinale gli esuli, i loro rappresentanti ed i familiari degli infoibati. L'Unione degli istriani ha inviato venerdì mattina un telegramma al capo dello Stato per chiedere «l'annullamento immediato del titolo di cavaliere di gran croce decorato di gran cordone dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana (...) conferito il 2 ottobre 1969 al maresciallo jugoslavo Tito, allora presidente della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, diretto responsabile e mandante della feroce pulizia etnica attuata nei confronti dei nostri connazionali dal 1943».
In caso contrario «l'Unione degli istriani non parteciperà alla cerimonia al Quirinale» annuncia Lacota. «A Callisto Tanzi, per il crac Parmalat, hanno levato le onorificenze in 20 giorni per "indegnità" - fa notare il presidente dell'associazione - Era peggio di Tito?». La stessa legge che concede le alte decorazioni prevede la revoca. Da notare che l'onorificenza a gente come Tito viene concessa anche «per fini filantropici e umanitari».
Oltre a Tito, nel 1969, sono stati insigniti di decorazioni varie una trentina di personalità jugoslave. Sul sito del Quirinale è ancora oggi certificato che l'Italia considera Mitja Ribicic, Cavaliere di Gran Croce, anche se nel 1945 era un alto ufficiale della polizia segreta di Tito, particolarmente attiva contro gli italiani. Non solo: a Lubiana, nel 2005, venne aperta un'inchiesta a suo carico per crimini di guerra. A distanza di 60 anni è stato impossibile trovare le prove.
Un altro decorato dall'Italia è l'ex ammiraglio jugoslavo Franjo Rustja. Peccato che nei terribili 40 giorni dell'occupazione di Trieste, nel maggio-giugno 1945, era primo assistente al comando del IX Corpus. L'unità di Tito che deportò e fece sparire per sempre molti italiani.
L'aspetto più imbarazzante è che il Quirinale, nel corso degli anni, ha consegnato le alte onorificenze a diversi personaggi stranieri, che poi sono stati condannati dal loro popolo e dalla storia. E nessuno ha mai pensato di revocarle. Il presidente Giovanni Leone ha nominato il 21 maggio 1973 Cavaliere di Gran Croce, Elena Ceausescu. Al marito Nicolae è stato concesso anche il Gran cordone. Nel 1989 la coppia Ceausescu venne fucilata dopo aver dominato la Romania con il pugno di ferro.
Leone ha pensato bene di decorare pure il padre-padrone dello Zaire, Mobutu Sese Seko, che scappò con la cassa lasciando il suo paese in rovina.
Un'altra onorificenza con Gran cordone, almeno discutibile, è stata concessa dal presidente Oscar Luigi Scalfaro, nel 1999, a Yasser Arafat. Il leader palestinese, che tutta la vita ha usato a suo piacimento il kalashnikov.
La decorazione più importante del nostro paese è stata curiosamente concessa anche a Juan Domingo Peron, il conducator argentino e all'imperatore giapponese Hirohito. Il presidente Napolitano, l'11 marzo 2010, ha decorato con il Gran cordone Bashar Al Assad, il giovane presidente della dinastia siriana. Speriamo che gli porti bene, con questi venti di rivolta in Medio oriente che rischiano di soffiare pure a Damasco.
(di Fausto Biloslavo)
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