Se negli anni Settanta del Novecento «uccidere un fascista » non era «un reato », può anche darsi che negli anni Duemila del XXI secolo c’è chi possa pensare che gambizzare «un estremista di destra», secondo la definizione del quotidiano Europa , «un neofascista», secondo Il Riformista , «un fascista del terzo millennio», secondo Il Corriere della Sera , possa essere considerata un’attività sportiva e quindi un passo avanti sulla via della concordia nazionale. L’Italia è davvero uno strano Paese e se la classe politica non dà il meglio di sé, non è che quella giornalistica, la classe dei colti, degli opinionisti e dei maître-àpenser , degli intellettuali sempre in cattedra e dei professori più o meno emeriti, brilli per compostezza.
Per anni è stato detto e ripetuto che fra la destra e la cultura c’era uno iato, un’ impotentia coeundi oppure generandi , e da lì non poteva venire altro che roba volgare, dozzinale, ma poiché la natura ha paura del vuoto ci ha pensato la sinistra a recitare anche quella parte in commedia. Prendete le loro firme migliori: è tutto un inveire sui difetti fisici, veri e supposti, sull’indegnità del corpo che si rispecchia naturalmente in un’indegnità dell’anima, sul minus habens che è un poveraccio e quindi una vergogna per la democrazia, sul paragone zoologico: verme, lombrico, larva. È un giornalismo di sinistra lombrosiano, con il sopracciò e con l’indice puntato: come è volgare l’avversario, e non si permetta di ridere, non c’è niente da ridere, dovrebbe vergognarsi di ridere, bisognerebbe che qualcuno gli spaccasse la faccia, così imparerebbe a non ridere. C’è sempre una statuetta o un treppiedi da tirare, che sarà mai, quello sì che fa ridere, è goliardia, uno scherzo.
Colleghi un tempo ironici e disincantati, te li ritrovi con la bava alla bocca a dare del servo, del venduto, del prezzolato, tra un conato di vomito e l’altro, baroni universitari amanti del popolo e della democrazia partecipativa ti si ripresentano come fautori del golpe fatto con il pennacchio dei carabinieri, e naturalmente c’è spazio per comici, guitti, cantanti e saltimbanchi di ogni genere e grado, quelli che siccome è satira possono dire «la qualun que»: l’avversario come portatore di cancro, flagello sociale, sentina di ogni putredine, escremento umano. Senza andare a scomodare la memoria degli «anni di piombo», sorprende che i più eccitati nel linguaggio siano proprio quelli che, maneggiandolo per mestiere, dovrebbero sapere che le parole sono pietre, che c’è un linguaggio armato che spesso e volentieri fa da battistrada alla violenza armata ( Do you remember «i cattivi maestri »? Non è bastato, si vuole continuare?).
Ma certo,c’è una volgarità che è figlia della modernità e un’impudicizia e una mancanza di gusto di cui si farebbe volentieri a meno. Ma il risveglio moralista di chi ieri sdoganava le giovannone coscia lunga e i pierini scorreggioni, teorizzava il diritto alla «sessualità innocente» dei più piccoli, sbraitava contro la censura e inneggiava al corpo sciolto, al corpo nudo, al sesso libero, al libero scambismo (sempre dei corpi, non delle merci), al porno d’autore e al porno per tutti, amava la società libertina del Settecento contrapponendola alla cupezza cattolica della Controriforma, non voleva «né vergini né madonne, ma solo donne» un po’ fa ridere. Dopo decenni di battaglie contro le beghine, le«madonne pellegrine », l’ipocrisia sessuale eccetera, eccetera, eccetera, ritrovarseli compunti a difesa del focolare domestico e contro la mercificazione della donna, lascia perplessi.
Si può anche mandare, come accadde, Ilona Staller, in arte Cicciolina, a Montecitorio, ma ritrovare gli appassionati di quella candidatura sdegnati del parlamento-bordello suona un po’ surreale. Ma certo, la destra è becera e un tempo sosteneva che i comunisti mangiassero i bambini, ma la descrizione dell’Italia data dalla sinistra colta, un concentrato di piduismo, mafia, camorra, un lupanare dalle Alpi alle Piramidi, una nazione di evasori fiscali e di debosciati rincretiniti dal tubo catodico che cos’è, acqua di rose, violetta Parma, Penhaligon’s (lo diciamo per la sinistra che occhieggia al British style )? Poi si stupisce se l’italiano la manda a farsi fottere e non la vota neppure per sbaglio.
(di Stenio Solinas)
Per anni è stato detto e ripetuto che fra la destra e la cultura c’era uno iato, un’ impotentia coeundi oppure generandi , e da lì non poteva venire altro che roba volgare, dozzinale, ma poiché la natura ha paura del vuoto ci ha pensato la sinistra a recitare anche quella parte in commedia. Prendete le loro firme migliori: è tutto un inveire sui difetti fisici, veri e supposti, sull’indegnità del corpo che si rispecchia naturalmente in un’indegnità dell’anima, sul minus habens che è un poveraccio e quindi una vergogna per la democrazia, sul paragone zoologico: verme, lombrico, larva. È un giornalismo di sinistra lombrosiano, con il sopracciò e con l’indice puntato: come è volgare l’avversario, e non si permetta di ridere, non c’è niente da ridere, dovrebbe vergognarsi di ridere, bisognerebbe che qualcuno gli spaccasse la faccia, così imparerebbe a non ridere. C’è sempre una statuetta o un treppiedi da tirare, che sarà mai, quello sì che fa ridere, è goliardia, uno scherzo.
Colleghi un tempo ironici e disincantati, te li ritrovi con la bava alla bocca a dare del servo, del venduto, del prezzolato, tra un conato di vomito e l’altro, baroni universitari amanti del popolo e della democrazia partecipativa ti si ripresentano come fautori del golpe fatto con il pennacchio dei carabinieri, e naturalmente c’è spazio per comici, guitti, cantanti e saltimbanchi di ogni genere e grado, quelli che siccome è satira possono dire «la qualun que»: l’avversario come portatore di cancro, flagello sociale, sentina di ogni putredine, escremento umano. Senza andare a scomodare la memoria degli «anni di piombo», sorprende che i più eccitati nel linguaggio siano proprio quelli che, maneggiandolo per mestiere, dovrebbero sapere che le parole sono pietre, che c’è un linguaggio armato che spesso e volentieri fa da battistrada alla violenza armata ( Do you remember «i cattivi maestri »? Non è bastato, si vuole continuare?).
Ma certo,c’è una volgarità che è figlia della modernità e un’impudicizia e una mancanza di gusto di cui si farebbe volentieri a meno. Ma il risveglio moralista di chi ieri sdoganava le giovannone coscia lunga e i pierini scorreggioni, teorizzava il diritto alla «sessualità innocente» dei più piccoli, sbraitava contro la censura e inneggiava al corpo sciolto, al corpo nudo, al sesso libero, al libero scambismo (sempre dei corpi, non delle merci), al porno d’autore e al porno per tutti, amava la società libertina del Settecento contrapponendola alla cupezza cattolica della Controriforma, non voleva «né vergini né madonne, ma solo donne» un po’ fa ridere. Dopo decenni di battaglie contro le beghine, le«madonne pellegrine », l’ipocrisia sessuale eccetera, eccetera, eccetera, ritrovarseli compunti a difesa del focolare domestico e contro la mercificazione della donna, lascia perplessi.
Si può anche mandare, come accadde, Ilona Staller, in arte Cicciolina, a Montecitorio, ma ritrovare gli appassionati di quella candidatura sdegnati del parlamento-bordello suona un po’ surreale. Ma certo, la destra è becera e un tempo sosteneva che i comunisti mangiassero i bambini, ma la descrizione dell’Italia data dalla sinistra colta, un concentrato di piduismo, mafia, camorra, un lupanare dalle Alpi alle Piramidi, una nazione di evasori fiscali e di debosciati rincretiniti dal tubo catodico che cos’è, acqua di rose, violetta Parma, Penhaligon’s (lo diciamo per la sinistra che occhieggia al British style )? Poi si stupisce se l’italiano la manda a farsi fottere e non la vota neppure per sbaglio.
(di Stenio Solinas)
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