sabato 18 giugno 2011

Rifondare la destra / 3: Cari amici, dovete evolvervi


Ho letto con molto piacere l'intervento di Alessandro Campi, di cui apprezzavo il lavoro di suggeritore intellettuale fatto nei confronti dell’ultimo Gianfranco Fini, un lavoro il cui fallimento lui lealmente dichiara in termini estranei tanto al politichese quanto alle tirate narcisistiche di Camillo Langone: «Una vera e propria catastrofe politico-antropologica, una sorta di collasso emotivo-caratteriale che ha finito per coinvolgere, al centro come alla periferia, un’intera comunità politica», così ha scritto il professor Campi. Di quella “comunità”, come ciascun lettore di Libero sa, non ho mai fatto parte. Tutt’altro. Epperò da almeno trent’anni la rispetto, cerco di capirne le dinamiche e i valori trainanti, conosco e sono talvolta amico di alcuni dei suoi attori protagonisti.

Campi l’ho conosciuto poco, ma conoscevo benissimo e amavo Giano Accame, sono amico fraterno di Stenio Solinas e di Giuseppe Del Ninno, sono stato a cena (assieme a Massimo Cacciari) a casa di Gianfranco de Turris quando una tale cena era tabù dal punto di vista del politically correct; quanto a Marcello Veneziani, amicalmente dissentiamo su quasi tutto da un’infinità di anni, ma è un dissenso per me utile e stimolante.

IL COLLANTE DI UNA COMUNITA'

Ebbene che cosa resta oggi a identificare e fare da collante di quella “comunità”, oggi che siamo a quasi vent’anni dalla distruzione della Prima Repubblica e dunque dalla resurrezione politica di quello che era stato il Msi e divenne An? Esiste oggi nelle venature del nostro Paese una realtà antropologica e culturale che ti fa dire che quello o quella è “di destra”?

Eccome no, dice Langone, basta appigliarsi e dondolarsi alla triade fatale «Dio, Patria e Famiglia». Bastasse questo a farci felici, sarebbe tutto molto più facile. Nell’Italia del terzo millennio le cose sono dannatamente più complicate. Dio sta ovviamente al centro di un Paese di identità cristiana come il nostro, solo che i problemi cominciano subito dopo. Che fare e come atteggiarsi nei confronti di quelli che a Dio non credono o che ne hanno un tutt’altro di Dio? E dunque l’immigrazione di massa, se sì o no consentire agli islamici di pregare in un luogo di devozione a loro destinato, e poi quella faccenda di Eluana che dopo 17 anni di coma era ridotta a una corteccia e non restava che chiuderla ufficialmente la pagina della sua vita, una vita di cui non c’era più la benché minima traccia, e io sono rimasto allibito quando ho letto su questo giornale un qualche raffronto tra Eluana e il caso del mio amico Lamberto Sposini che è vivissimo adesso ma che lo era anche al momento più terrificante della sua tragedia.

UNA PATRIA TROPPO LACERATA

E quanto alla Patria, ne trovate pochi oggi di cretini che non la tengano in gran cale, epperò è un fatto che è una patria lacerata, divisa all’estremo tra Nord e Sud, tra il centro delle città e le loro periferie, tra chi paga il cento per cento delle tasse dovute e ne viene strangolato e chi riesce evadere la metà o più del suo reddito.

E la famiglia? Ma come non rendersi conto che il “moderno” ha travolto l’unicità della famiglia tradizionale, che nella vita di molti di noi di famiglie ce ne sono tre o quattro, e poi ci sono le famiglie non santificate dal sacramento (vivo da vent’anni con una donna che è la mia cara compagna, ma non siamo sposati e per il momento non ci pensiamo neppure un minuto).

E poi, scandalo!, le famiglie che conosco e sono fra le più intensamente “famiglie” che io conosca, e dove c’è un lui e un altro. Che ne dite di tutto questo cari amici di destra? Come lo giudicate? Il fatto è che già vent’anni fa, quando il mondo della destra uscì dalla «fogna» (espressione di Marco Tarchi, uno dei padri della nuova destra) dov’era stato costretto dalla guerra civile strisciante post-1945 - guerra civile strisciante durata almeno una quarantina d’anni contro i due che era durata la guerra civile vera -, l’esser di destra aveva perduto la gran parte del suo profilo.

L'INTUIZIONE DI GIANFRANCO FINI

E questo Fini lo aveva capito nitidamente, anche se di tanto la sua fragilità culturale lo spingeva verso l’una o l’altra gaffe. Vi ricordate il suo augurio che i ragazzi delle scuole elementari e medie non avessero un insegnante omosessuale? Davvero non so quali siano state le stimmate politico-culturali di An durante i quindici anni di alleanza con Silvio Berlusconi.

Per parlare di cose concrete, mi ricordo la volta che An fece resistenza contro un qualche timidissimo tentativo dell’ala liberale della coalizione di rendere meno rigida e intoccabile la condizione del pubblico impiego, lì dove il posto è sicuro e dove si torna a casetta alle 14 (non tutti, lo so). Solo che il pubblico impiego di elettori ad An ne forniva tanti, e andavano coccolati.

UN TENTATIVO DI CAMBIARE

Il Fini ultimo (e dietro c’era Campi) è stato un tentativo di disegnare sulla pelle degli uomini di destra delle stimmate atte al presente. Da cui la sua posizione in materia di immigrati, posizione che correggeva profondamente il suo pur recente curriculum in materia. E poi c’era che per la prima volta nella coalizione di centro-destra si levava una voce dissonante rispetto a quella del Gran Capo e del Gran Dominus della coalizione.

Molto più che non le raffiche di articoli sulla casa di Montecarlo (una brutta faccenda, certo), sarebbe stato prezioso un confronto sui contenuti all’interno di quella coalizione. Comincia da lì il «disastro» politico e antropologico di cui scrive Campi, un disastro di cui è sotto gli occhi di tutti che non riguarda solo Fini. Riguarda tutti ma proprio tutti della coalizione di centrodestra. Le identità da inverare nel presente. Il che fare e mentre va a pezzi un equilibrio politico-economico mondiale, e nella lista dei malati noi siamo subito dopo la Grecia. Se sia possibile allentare la corda del boia fiscale e mentre non c’è una lira in nessun cassetto.

Basta pronunciare che i magistrati d’accusa sono malati di mente, perché ogni volta ne vanno via voti a caterve. Tutto questo è di sinistra o di destra o di centro? Me ne sbatto al massimo delle mie possibilità.

(di Giampiero Mughini)

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