“Il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà”: è questa la LXXX e ultima proposizione del Sillabo, l’ “Elenco contenente i principali errori del nostro tempo”, pubblicato nel 1864 dal beato Pio IX. L’anatema su quell’affermazione, nella sua intransigente radicalità, riassumeva l’intera lista di errori condannati allora dalla Cattedra di Pietro.
Molta acqua è nel frattempo passata sotto i ponti di Roma, ma il confronto/scontro con la modernità – nonostante il tentativo irenistico del Concilio Vaticano II – non cessa di coinvolgere e preoccupare la Chiesa cattolica, specie in un quadro come l’attuale, in cui molti dei miti sulle “magnifiche sorti e progressive” sono andati in frantumi e terrificanti scenari, creati dalla tracotanza transumanista (esito estremo di quelle stesse chimere), appaiono in un inquietante orizzonte.
A parlare crudamente di “grande guerra fra Chiesa e mondo” (e la modernità, nella sua prometeica anti-spiritualità, è lo specchio perfetto di ciò che il Vangelo concepisce come “mondo”) è stato, negli scorsi giorni, l’ “ateo devoto” Giuliano Ferrara, paventando “l’ipotesi non più così remota della caduta in disgrazia e della soppressione identitaria della chiesa (in minuscolo, ndr) che sopravvisse alla Riforma nel Cinquecento (in maiuscolo, ndr)”, ipotesi che costituirebbe “ansia per noi laici di adesso”. Per il direttore del Foglio, “la penetrazione invasiva nella tradizione dilaga come pura omologazione della costituzione apostolica della chiesa latina al dettato della modernità”, complice “un fronte interno” progressista che disobbedisce apertamente al Papa col fine di “abolire ogni dissimiglianza con il mondo, di aderire senza troppe riserve allo schema della democrazia eguale e dei diritti, di sradicare la costituzione dogmatica in cui è cresciuta per secoli la tradizione con i suoi dogmi, con i suoi libri”.
Parole certo condivisibili, benché rimanga il dubbio che, in quanto vergate secondo i dettami della straussiana “scrittura reticente”, a preoccupare il cristianista Ferrara non sia tanto il destino del Corpo Mistico di Cristo, quanto le sorti dell’attuale Occidente, da identificare e sovrapporre arbitrariamente alla Cristianità…
Ma al di là di ogni interpretazione, il cupo allarme lanciato dal Foglio riflette un oggettivo disagio diffuso in ampi settori del mondo cattolico e fra i più avveduti esponenti delle gerarchie ecclesiastiche.
Così, per fare un paio di esempi, secondo monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, “il confronto vero” con il mondo attuale “richiede coraggio: inutile sfumare i toni e addolcire le ruvidezze della realtà. Bisogna andare al cuore del problema. Ciò vale anche per l’incontro/scontro tra laici e cattolici sull’uomo”. Secondo il presule, intervenuto recentemente a un convegno organizzato a Roma dal Centro di Orientamento Politico, la frammentazione dei saperi compiuta dalla modernità va respinta, attraverso un recupero della complementarietà fra fede e ragione. Citando la celebre enciclica di Giovanni Paolo II, monsignor Crepaldi evidenzia che la Fides et Ratio pone come obiettivo del nuovo millennio la ricostruzione del quadro unitario del sapere, la cui mancanza genera smarrimento antropologico”. E proprio l’atomizzazione, la frammentazione, la liquidità che contraddistinguono la dimensione contemporanea sono al centro della riflessione di monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontifico Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, che sottolinea “lo spezzamento della realtà in ambiti tra loro separati, la mancanza di unitarietà dell’uomo, della persona, al suo interno e nel rapporto con Dio”. Come proposta per superare questa frammentarietà, il prelato invita a ricreare in questa nostra epoca uno spirito umanistico caratterizzato, appunto, dall’unitarietà, uno spirito “desideroso di guardare all’uomo non con rivalità per emarginarlo, ma con simpatia per reinserirlo in modo coerente nel suo rapporto con il creato e con Dio”.
La medicina per guarire l’uomo moderno, dunque, ha come “principio attivo” la fede. E non a caso, il Romano Pontefice, in questo periodo di operoso riposo (otium, per gli antichi) a Castel Gandolfo, sta preparando una nuova enciclica, concernente proprio la fede. Secondo i bene informati, l’enciclica del Papa approfondirà non solo il tema della fede in sè, ma anche “il suo rapporto con la modernità e in particolare con le sfide più attuali che la modernità pone all’uomo e alla Chiesa”.
(di Siro Mazza)
Molta acqua è nel frattempo passata sotto i ponti di Roma, ma il confronto/scontro con la modernità – nonostante il tentativo irenistico del Concilio Vaticano II – non cessa di coinvolgere e preoccupare la Chiesa cattolica, specie in un quadro come l’attuale, in cui molti dei miti sulle “magnifiche sorti e progressive” sono andati in frantumi e terrificanti scenari, creati dalla tracotanza transumanista (esito estremo di quelle stesse chimere), appaiono in un inquietante orizzonte.
A parlare crudamente di “grande guerra fra Chiesa e mondo” (e la modernità, nella sua prometeica anti-spiritualità, è lo specchio perfetto di ciò che il Vangelo concepisce come “mondo”) è stato, negli scorsi giorni, l’ “ateo devoto” Giuliano Ferrara, paventando “l’ipotesi non più così remota della caduta in disgrazia e della soppressione identitaria della chiesa (in minuscolo, ndr) che sopravvisse alla Riforma nel Cinquecento (in maiuscolo, ndr)”, ipotesi che costituirebbe “ansia per noi laici di adesso”. Per il direttore del Foglio, “la penetrazione invasiva nella tradizione dilaga come pura omologazione della costituzione apostolica della chiesa latina al dettato della modernità”, complice “un fronte interno” progressista che disobbedisce apertamente al Papa col fine di “abolire ogni dissimiglianza con il mondo, di aderire senza troppe riserve allo schema della democrazia eguale e dei diritti, di sradicare la costituzione dogmatica in cui è cresciuta per secoli la tradizione con i suoi dogmi, con i suoi libri”.
Parole certo condivisibili, benché rimanga il dubbio che, in quanto vergate secondo i dettami della straussiana “scrittura reticente”, a preoccupare il cristianista Ferrara non sia tanto il destino del Corpo Mistico di Cristo, quanto le sorti dell’attuale Occidente, da identificare e sovrapporre arbitrariamente alla Cristianità…
Ma al di là di ogni interpretazione, il cupo allarme lanciato dal Foglio riflette un oggettivo disagio diffuso in ampi settori del mondo cattolico e fra i più avveduti esponenti delle gerarchie ecclesiastiche.
Così, per fare un paio di esempi, secondo monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, “il confronto vero” con il mondo attuale “richiede coraggio: inutile sfumare i toni e addolcire le ruvidezze della realtà. Bisogna andare al cuore del problema. Ciò vale anche per l’incontro/scontro tra laici e cattolici sull’uomo”. Secondo il presule, intervenuto recentemente a un convegno organizzato a Roma dal Centro di Orientamento Politico, la frammentazione dei saperi compiuta dalla modernità va respinta, attraverso un recupero della complementarietà fra fede e ragione. Citando la celebre enciclica di Giovanni Paolo II, monsignor Crepaldi evidenzia che la Fides et Ratio pone come obiettivo del nuovo millennio la ricostruzione del quadro unitario del sapere, la cui mancanza genera smarrimento antropologico”. E proprio l’atomizzazione, la frammentazione, la liquidità che contraddistinguono la dimensione contemporanea sono al centro della riflessione di monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontifico Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, che sottolinea “lo spezzamento della realtà in ambiti tra loro separati, la mancanza di unitarietà dell’uomo, della persona, al suo interno e nel rapporto con Dio”. Come proposta per superare questa frammentarietà, il prelato invita a ricreare in questa nostra epoca uno spirito umanistico caratterizzato, appunto, dall’unitarietà, uno spirito “desideroso di guardare all’uomo non con rivalità per emarginarlo, ma con simpatia per reinserirlo in modo coerente nel suo rapporto con il creato e con Dio”.
La medicina per guarire l’uomo moderno, dunque, ha come “principio attivo” la fede. E non a caso, il Romano Pontefice, in questo periodo di operoso riposo (otium, per gli antichi) a Castel Gandolfo, sta preparando una nuova enciclica, concernente proprio la fede. Secondo i bene informati, l’enciclica del Papa approfondirà non solo il tema della fede in sè, ma anche “il suo rapporto con la modernità e in particolare con le sfide più attuali che la modernità pone all’uomo e alla Chiesa”.
(di Siro Mazza)
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