
L’unico Vangelo, che parla dei magi è quello di Matteo in cui si  legge: «Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni  magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è il re dei  Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti  per adorarlo». Erode, naturalmente, come qualsiasi potente che tiene  alla poltrona, si allarma. E li convoca segretamente per conoscere il  luogo di nascita e la residenza del nuovo Re dei Giudei. Il resto è  storia nota: i magi non informano il Re, che è costretto a scendere in  campo e compiere una orribile strage di innocenti bambini.
 «Quei magoi – scrive Franco Cardini ne Il giglio, la stella e le tre corone  – potevano essere degli indovini e astrologi, di solito “caldei”, che  riempivano allora l’Oriente; ma resta il dubbio che si trattasse di veri  e propri magi iranici, che negli astri scrutavano la venuta di un  futuro Saoshyant, il Difensore-Salvatore-Vincitore periodicamente atteso  nel mazdaismo».
 Nel Vangelo di Matteo non si indicano i nomi che la tradizione  indica in Melchiorre, Gaspare e Baldassarre traendoli da una lunga serie  di testi evangelici apocrifi. Sono tre perché, probabilmente, erano tre  i doni: oro, incenso e mirra. Tra le poche certezze è che venivano da  Oriente, perché i caldei si trovano a Est della Palestina, ma  l’indicazione geografica è talmente vaga, come dire oggi che un  immigrato viene dall’Asia.
 I magi erano, comunque, degli indovini d’origine siro-mesopotamica  che «detenevano il monopolio di rituali e pratiche a carattere  magico-astrologico-divinatorio nel mondo persiano mazdaico». Tra le  varie interpretazioni sui magi può darsi si trattasse di una casta  sacerdotale «all’interno della quale –spiega Franco Cardini – si  custodiva il nucleo di un messaggio in grado di superare il dualismo  mazdaico riconducendo luce e tenebra a un originario principio  superiore, Zurvan Akarakana, (“Il Tempo Increato”), signore di tutte le  cose».
 In questo senso, davvero, i magi ebbero, forse, l’intuizione, anche  con l’arte di saper leggere le stelle, di aver trovato il loro  «soccorritore divino». Il termine magi, inoltre, si collega anche ad un  altro significato, perché il termine maga  indica il dono sia  quello sacrificale dell’offerta, sia nel senso sapienziale di sapere. I  tre doni: l’oro, l’incenso e la mirra erano prodotti commerciati che  abitualmente dall’Oceano Indiano giungevano alla penisola araba e da lì  al mondo mediterraneo. Era la cosiddetta "via dell’incenso".
 La festa dell’Epifania rappresenta «la manifestazione di Dio» e i  magi furono i primi pagani ad aver adorato Gesù e per questo il loro  culto fu molto fortunato tra i convertiti al cristianesimo che non  provenivano dal mondo giudaico. In Italia il culto dei magi resta oscuro  fino all’XI secolo, fino a quando le reliquie dei magi furono traslate  da Costantinopoli a Sant’Eustorgio a Milano.
 Le reliquie erano datate con molta incertezza tra il IV e il VI  secolo, ma, come per altri casi illustri, vedi le spoglie di San Nicola  trafugate da Mira a Bari, così avvenne per i Re Magi. Rainaldo di Dassel  le portò via da Sant'Eustorgio e le trasferì nel Duomo di Colonia, in  Germania. Da allora, Colonia divenne meta di pellegrinaggi tra i più  importanti del medioevo.
(di Aurelio Molé)
 (di Aurelio Molé)
 
 
Nessun commento:
Posta un commento