Ad aprire i giochi era stato Mario Monti, mercoledì a Matrix: “Che monotonia un posto fisso tutta la vita”. Hanno rincarato la dose il ministro del Lavoro Fornero (“chi promette un posto fisso a vita promette facili illusioni”) e quello dell’Interno Cancellieri: “Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città accanto a mamma e papà”. Parole pronunciate mentre si sta discutendo la riforma del lavoro, forse il provvedimento più delicato di cui si sia occupato questo governo dalla sua nascita. Perché queste dichiarazioni, e perché proprio ora? Lo abbiamo chiesto a Marco Tarchi, professore di Comunicazione politica all’Università degli studi di Firenze.
Cosa ne pensa?
Credo che non si sia trattato di espressioni particolarmente felici. Non penso che questo modo un po’ ruvido di affrontare certi argomenti possa avere una ricaduta molto positiva sull’opinione pubblica. Alcuni settori potranno approvare, ma credo si tratti di settori piuttosto limitati.
Secondo lei perché gli esponenti del governo hanno detto queste cose?
Penso che i motivi siano due. Il primo: non si tratta di politici di professione, non hanno lo stesso tipo di rapporto con le reazioni dell’opinione pubblica. Per lo più sono professori universitari e civil servants, abituati a parlare a un altro tipo di pubblico. La seconda ragione è che sanno che al momento non ci sono alternative a questo governo. Sono stati chiamati prescindendo da qualsiasi pressione dell’opinione pubblica e dei partiti, e si ritengono autorizzati a dire esattamente quello che pensano. Non a caso, quando è nato il governo, Monti aveva ordinato ai ministri di non partecipare ai talk show. Temeva che dovessero scontare la loro inesperienza.
Poi però il presidente del Consiglio ha cambiato idea.
E’ tornato indietro perché si può anche essere inesperti di politica, ma oggi come oggi non si può rimanere isolati volontariamente dai grandi canali comunicativi. Non si può svolgere un ruolo di governo senza concedersi a tribune televisive di larga audience. Dopo la chiusura di partenza, credo che scendere a più miti consigli sia stata una scelta obbligata.
Le dichiarazioni sul “posto fisso” arrivano mentre c’è sul tavolo la riforma del lavoro. Il governo usa le esternazioni per accelerare i tempi?
Non credo che ci sia dietro una strategia di questo tipo. Non penso che su questi argomenti ci sia la presunzione di creare una maggioranza di opinione pubblica favorevole. Credo che gli esponenti del governo vogliano apparire come quelli che risolvono i problemi, costi quel che costi. Vogliono dimostrare che non si fanno scrupoli, nel senso che non stanno al traino di nessuno.
Sul lungo periodo che effetto potrà avere questo tipo di dichiarazioni sull’opinione pubblica?
Non credo che la mentalità italiana sia preparata a un cambiamento simile. Si tratta, in un certo senso, dell’ennesimo episodio di americanizzazione dell’Italia: gli Stati Uniti sono il Paese che più di ogni altro considera normale cambiare lavoro da un anno all’altro. Non sarà facile far digerire questo aspetto di quella cultura, come invece lo è stato su altri versanti. Per generazioni il posto fisso è stato considerato un traguardo irrinunciabile, una “conquista di civiltà”. Rovesciare un concetto del genere richiederà molti anni.
Se ciò che hanno detto Monti, Fornero e Cancellieri fosse uscito dalla bocca di Berlusconi, cosa sarebbe successo?
Ci sarebbero state reazioni decisamente più aspre. La carta comunicativa fondamentale giocata da questo governo è l’immagine di assoluta dedizione, serietà, rispettabilità. Tutto questo non veniva riconosciuto a Berlusconi. C’è da immaginare che lo avrebbero attaccato in modo molto più feroce. Quando un personaggio come Padoa Schioppa (che l’aplomb lo aveva) usò il termine “bamboccioni”, ci furono proteste notevoli. Figuriamoci se a parlare fosse stato Berlusconi.
(fonte: www.blog.panorama.it)
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