E’ con apparente tranquillità che i francesi si avviano al ballottaggio di domenica prossima. Ma non inganni gli osservatori l’indifferenza quasi esibita degli elettori. Nei caffè, tra la gente comune, a ristorante si parla d’altro. Eppure, nell’intimità familiare, nei luoghi di lavoro, nei centri rurali come nelle grandi città la tensione è grande: non la si dà a vedere pubblicamente, insomma, ma l’attesa è dissimulata dalla normalità che sembra non condizionata dalla scelta che avrà ricadute pesantissime sulla vita sociale francese e sugli orientamenti politici europei.
Se parli con un francese, a Parigi o a Strasburgo, in un villaggio di Ille-et-Vilain o della Haute-Garonne (la Francia profonda, insomma) sorprendentemente lo vedi maggiormente appassionato nel decifrare a chi andranno i voti di Marine Le Pen. Paradossalmente è l’angelo biondo del Front National a catalizzare l’attenzione in questa seconda ed ultima fase delle presidenziali. Non era mai accaduto nella storia della Quinta Repubblica. I voti della giovane leader della destra sono contesi come mai prima dai due candidati. La via verso l’Eliseo attraversa l’elettorato lepenista e nessuno sa dire a chi andrà la maggior parte di quei voti che non sono in “libera uscita”, come si sarebbe detto un tempo, ma verranno giocati dal Fn alle elezioni legislative di giugno nelle quali la Le Pen coronerà il suo trionfo portando – e di questo sono sicuri quasi tutti gli osservatori – un gruppo del suo partito per la prima volta all’Assemblea nazionale.
I francesi sembrano più appassionati a quest’ultima estrema sfida che potrebbe cambiare la geografia politica del Paese piuttosto che al ballottaggio. Se si realizzerà il sogno della Le Pen, sia incamerando i voti che si libereranno dall’Ump qualora Sarkozy dovesse essere sconfitto, sia che si stabiliscano apparentamenti tra tutte le destre in alcuni collegi, sia che il Fn mantenga le sue alte percentuali in altri dove al secondo turno non è escluso che cela faccia da solo contro tutti (peraltro oggettivamente impossibilitati coalizzarsi contro di esso), potrebbe anche accadere che Hollande, eventualmente eletto, non abbia la maggioranza in Parlamento e, dunque, dovrebbe, come prescrive la Costituzione, affidare la guida del governo ad un esponente della sua opposizione presidenziale. La coabitazione, insomma, agita i sonni di entrambi i contendenti poiché l’arbitro Marine Le Pen si è messa di mezzo e non recita un ruolo neutrale, ma di parte, della sua parte che finirà per condizionare l’uno e l’altro dei “presidenziabili”.
A dirla tutta, la strategia della leader del Fn è semplice: attenderà Sarkozy al varco della sconfitta per veder implodere il suo Ump e partecipare alla spartizione delle spoglie. Del resto il presidente uscente in questi giorni le sta dando manforte. Rincorrendola sui suoi temi, intorno ai quali domenica scorsa ha raccolto suffragi impensabili da tutti i sondaggisti (ma non dall’interessata), l’ha di fatto legittimata. Di più: ha detto che il voto al Fn non è un voto contro la Repubblica o, comunque, da demonizzare. Dunque, nessuna meraviglia se gli elettori dell’Ump alle legislative, non potendo contare su un partito che oggi si presenta diviso, preda di una crisi di identità oltre che di nervi, nel quale il segretario Copé ed il premier Fillon se le danno di santa ragione, finiranno per scegliere la Le Pen. La quale, paradossalmente, negli ultimi giorni è stata blandita anche da Hollande che ha sdoganato il tema dei flussi migratori di clandestini, mentre la sua ex-compagna, in grande spolvero in questa fase, Ségolène Royal, intervistata da “Le Monde” ha assicurato che il problema dell’immigrazione non coincide con il razzismo, dando dunque alla Le Pen una patente di “democraticità” come la stessa non si attendeva.
Dunque, chi conquisterà i voti del Fn vincerà le elezioni. E, comunque vada, il Fn vincerà, ancorché con cifre compresibilmente modeste (ma non tanto) le legislative che le stanno più a cuore. Questa è la situazione. Secondo un sondaggio realizzato da “Liberation” tra il 22 edil 23 aprile, il 49% degli elettori di Marine le Pen sceglieranno Sarkozy, mentre il 23% convergerà su Hollande; il 28% deciderà, invece, di non schierarsi. All’uscente potrebbe non bastare. Neppure se gli elettori del centrista François Bayrou (che al primo turno ha ottenuto il 9%), almeno in parte, voteranno per Sarkozy. Hollande resta comunque in testa con quasi tutta la gauche (nonostante Mélenchon lo detesti ed Eva Joly non lo ami) che lo appoggerà.
La stampa francese è convinta che finirà così, ma questa settimana potrebbero cambiare molti equilibri. Ma resterà per fermo nella coscienza dei francesi, anche di quelli che si riconoscono comunque in Sarkozy, che il “loro” presidente, come osservano molti politologi le cui opinioni sono state rilanciate dal “Nouvel Observateur”, ha cominciato a perdere non una settima fa, ma molto tempo prima. E a causa dell’ostentazione del suo rapporto con il denaro, della sua vita privata vissuta sopra le righe, del suo familismo eccessivo e della sua aggressività, atteggiamenti contrari all’idea che si ha comunemente di un capo di Stato. Il suo iperpresidenzialismo con il suo corollario di iperpresenzialismo mediatico, i suoi annunci ad effetti e la sua sostanziale subalternità alla politica tedesca, inoltre, lo “condannano” agli occhi degli elettori che dovrebbero sostenerlo.
Può darsi che questi considerino le proposte di Hollande avventuriste ed utopiche e scelgano il male minore: Sarkozy sta facendo di tutto per accreditarlo, ma potrebbe non bastare il suo attivismo e la sua rincorsa della destra dopo che per cinque anni l’ha irrisa, vilipesa, tradita financo mettendo alla porta quegli intellettuali che gli avevano costruito la piattaforma programmatica per la vittoria del 2007: adesso li ha richiamati in servizio, ma forse è troppo tardi.
Intanto Marine si gode la scena. Comunque andrà, domenica brinderà certamente. E sarà la vera vincitrice di questa campagna di primavera.
(di Gennaro Malgieri)
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