Marx ha vinto e vive con noi. Non è una boutade o un paradosso, è la realtà. Il marxismo separato dal comunismo -e la sua utopia scissa dalla sua profezia - è lo spirito del nostro tempo. Viviamo in piena epoca marxista. Non mi riferisco solo alla crisi economica presente né solo al fenomeno previsto da Marx ed ora effettivamente avverato della ricchezza concentrata in poche mani, con una minoranza sempre più ricca e ristretta e una maggioranza sempre più vasta e povera.
Dobbiamo rifare i conti con Marx, e non solo perché ci siamo formati in
un’epoca - come scrive Dürrenmatt - in cui «essere marxisti era una
specie di dovere» - un dovere che noi trasgredimmo. Ma soprattutto
perché il marxismo impregna il nostro oggi. Scrive Marx nel Manifesto:
«Si dissolvono tutti i rapporti stabili e irrigiditi, con il loro
seguito di idee e di concetti antichi e venerandi, e tutte le idee e i
concetti nuovi invecchiano prima di potersi fissare. Si volatilizza
tutto ciò che vi era di corporativo e di stabile, è profanata ogni cosa
sacra e gli uomini sono finalmente costretti a osservare con occhio
disincantato la propria posizione e i reciproci rapporti». È la
prefigurazione più precisa della nostra epoca. Il marxismo fu il più
potente anatema scagliato contro Dio e il sacro, la patria e il
radicamento, la famiglia e i legami con la tradizione; una teoria che si
fece prassi pervasiva. Fu una deviazione la sua realizzazione in paesi
premoderni, come la Russia e la Cina, la Cambogia o Cuba. Contrariamente
a quel che si pensa, il marxismo non si è realizzato nei paesi che
hanno abbracciato il comunismo, dove invece ha fallito e ha resistito
attraverso l’imposizione poliziesca e totalitaria; si è invece
realizzato nel suo spirito laddove nacque e si rivolse, nell’Occidente
del capitalismo avanzato.
Non scardinò il sistema capitalistico, ma fu l’assistente sociale e
culturale nel passaggio dalla vecchia società cristiano-borghese al
neocapitalismo nichilista e globale. La società dei consumi, dei
desideri e dei mondi virtuali ha realizzato, nella libertà, il compito e
la definizione che Marx dava del comunismo: «è il movimento reale che
abolisce lo stato di cose presente». L’utopia comunista è stata
realizzata a livello planetario, ma sul piano individuale e non
collettivo, come invece pensava Marx. Nel segno dell’individualismo di
massa e non del comunismo e della sua abolizione dello Stato, della
proprietà privata o delle diseguaglianze. Non sconcerti questa lettura
individualistica di Marx. Nell’Ideologia tedesca, Marx dichiara che il
fine supremo del comunismo «è la liberazione di ogni singolo individuo»
dai limiti locali e nazionali, famigliari e religiosi, economici e
proprietari. Il giovane Marx onora un solo santo nel suo calendario:
Prometeo, l’individuo eroico e liberatore. Uno dei primi scopritori
dell’essenza individualistica che si celava dentro la buccia
collettivista di Marx fu Louis Dumont in Homo aequalis.
La società capitalistica globale ha realizzato le principali promesse
del marxismo, seppur distorcendole: nella globalizzazione ha realizzato
l’internazionalismo contro le patrie; nell’uniformità e
nell’omologazione ha inverato l’uguaglianza e il livellamento
universale; nel dominio globale del mercato ha riconosciuto il primato
mondiale dell’economia posto da Marx; nell’ateismo pratico e
nell’irreligione ha realizzato l’ateismo marxiano e la sua critica alla
religione; nel primato dei rapporti materiali, pratici e utilitaristici
rispetto ai valori spirituali, morali e tradizionali ha realizzato il
materialismo marxiano; nella liberazione da ogni legame organico e
naturale ha realizzato il prometeismo marxista nella sfera individuale;
nella società libertina e permissiva ha inverato la liberazione marxiana
dai vincoli famigliari e matrimoniali; e come Marx voleva, ha
realizzato il primato della prassi sul pensiero. Il marxismo, fallito
come apparato repressivo a Est, si è realizzato come radicalismo
permissivo a Occidente, separandosi dal comunismo anticapitalista,
messianico e profetico. E ora si realizza anche nell’Estremo Oriente, in
Cina e Corea, nella forma del mao-capitalismo, il comunismo liberista.
La spinta ideologica del marxismo si condensa in forma di mentalità; la
sua avanguardia intellettuale assume il controllo del potere culturale,
come una setta giacobina che vigila sulla conformità al politically
correct; mentre nei rapporti sociali ed economici, il marxismo si
conforma alla società globale e neocapitalistica di massa. Di cui è
stato in definitiva la Guardia Rossa, a presidio della rimozione della
Tradizione. Lo spirito del marxismo si realizza in Occidente, facendosi
ideologicamente radical, economicamente liberal.
Ha perso i toni violenti del marxismo - la cruenta lotta di classe e la
dittatura del proletariato - lasciati alle rivoluzioni del Terzo Mondo e
frange estreme d’Occidente; ma con essi ha perso anche l’anelito alla
giustizia sociale e il radicamento nel proletariato e nella classe
operaia. La società di massa dell’Occidente ha portato a compimento la
previsione di Marx: la proletarizzazione dei ceti medi ma dopo
l’imborghesimento del proletariato. La borghesia si universalizza come
stile di vita e modello, ma il suo allargamento coincide col suo
abbassamento di status socio-economico al rango proletario. Quel che Marx non aveva capito era che il disincanto, la
secolarizzazione, l’ateismo non avrebbero risparmiato nemmeno il
comunismo e la sua vena escatologica e profetica.
Arrivo a dire che il comunismo dell’est è stato sconfitto dal marxismo
occidentale, col suo materialismo pratico, la sua irreligione e il suo
primato dell’economia che hanno sradicato più che nelle società
comuniste il seme vitale dei principi e degli assetti tradizionali. Non a
caso i marxisti d’Occidente si sono convertiti allo spirito radical e
liberal, all’individualismo, al mercato e alla liberazione sessuale,
dismettendo la liberazione sociale. La lotta di classe ha ceduto alla
lotta di bioclasse nel nome dell’antisessismo e l’antirazzismo. Anche la
difesa egualitaria delle masse di poveri ha ceduto alla tutela
prioritaria dei «diversi».
Il marxismo resta attivo sotto falso nome e falsa identità, quasi in forma transgenica, come spirito dissolutivo della realtà e del suo senso, del sacro e del fondamento, dei principi e delle strutture su cui si è fondata la società tradizionale. La fine del marxismo, a lungo enunciata, è un caso di morte apparente.
(di Marcello Veneziani)
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