venerdì 24 agosto 2012

Il conflitto siriano e l’ipocrisia occidentale


Quanta ipocrisia dietro il conflitto siriano. E quanta malafede nella disinformazione. In Siria è in atto una guerra civile, molto delicata e che travalica i confini nazionali. È una guerra tra interessi geostrategici e fazioni opposte, sostenute e foraggiate da grandi potenze per motivi contrapposti. Quella in Siria è una guerra per ridisegnare il Medio Oriente, per estendere i propri interessi e la propria egemonia, per controllare confini e risorse, per conquistare mercati e alleati. Basta con tutta questa ipocrisia occidentale dei diritti umani. Parliamoci chiaro senza prenderci in giro: alle potenze occidentali (non dico all’opinione pubblica, ma ai governi piegati agli interessi delle multinazionali) non interessa un fico secco dei diritti umani, così come non interessano alla Cina e alla Russia, ma sono solo un pretesto usato per coprire le reali ragioni che spingono gli stati ad entrare in guerra. Altrimenti non si capirebbe come si possa condannare la Siria e salvare l’Arabia Saudita (probabilmente una delle peggiori dittature al mondo), salvare la crudele repressione del Baharain, giustificare il Qatar e l’aver tollerato per 30 anni Mubarak. Non sto difendendo Assad e suoi crimini, ma sono nauseato dall’ipocrisia di chi parla di violazione dei diritti civili e della necessità di un “intervento umanitario” - vecchio slogan sempre buono nel mondo occidentale per giustificare le peggiori nefandezze - della comunità internazionale, intendo per essa l’Occidente e la Nato.

In Siria è in corso una guerra molto più delicata di quanto molto semplicisticamente ci viene raccontata. La Cina, la Russia e l’Iran sostengono Assad, ognuno per i propri motivi e non certo per questioni etiche e o umanitarie. Così come USA, Gran Bretagna, Francia, Arabia Saudita e Turchia sostengono, armano e finanziano i ribelli e non di certo per ragioni umanitarie. Ma perché prenderci in giro allora e sostenere che noi occidentali buoni siamo là per proteggere i diritti umani? Diritti di chi? Smettiamola di sentirci i detentori dei diritti umani a livello globale e di poter decidere le sorti del mondo, sulla base della nostra idea di mondo. Smettiamola di crederci superiori, perché la restante parte del mondo, ovvero la stragrande maggioranza, non ci crede più. Vogliamo dire che in Vietnam gli Stati Uniti sono intervenuti per motivi etici? E in Kosovo? E in Afganistan? E in Iraq? E in Libia? E perché da decenni oramai salva Israele da tutte le condanne delle Nazioni Unite contro le sue violazioni? E perché allora sostiene l’Arabia Saudita o il Baharain dove oggi vi sono in carcere più di 1400 persone ree di aver protestato contro il regime?

Mi si scusi il tono, ma trovo offensivo per l’intelligenza umana credere che la Turchia (quella che reprime i curdi e che nega loro i più elementari diritti civili e che ha lasciato in carcere per 10 lunghi anni Leyla Zana, una parlamentare curda, solo per aver detto, durante il giuramento in parlamento, queste parole in curdo “faccio questo giuramento in nome della fratellanza tra il popolo curdo e turco”) stia intervenendo per ragioni umanitarie. Trovo offensivo per l’intelligenza umana credere che l’Arabia Saudita (quella che ha finanziato, sostenuto e sorretto i talebani in Afganistan e che esporta il peggior fondamentalismo religioso in Somalia e nello Yemen, in Nigeria e in buona parte del continente africano) sia in Siria con i suoi mercenari per difendere i diritti civili. Francesi, americani, inglesi sono operativi sul suolo siriano da altre un anno, aizzando la rivolta, armando e preparando militarmente l’esercito di ribelli ai quali è stato dato il nome di “Esercito Siriano libero”, come nelle migliori strategie di marketing, un brand da vendere tramite le proprie Tv. In Siria sono operativi molti mercenari fondamentalisti provenienti da diverse parti del mondo che combattono la loro guerra e non lo fanno di certo in nome dei diritti civili. Niente di nuovo sotto il sole se poteri e interessi contrapposti cercano di trarre i loro vantaggi aiutando ora l’uno, ora l’altro attore in guerra. In nome della Realpolitik tutti gli stati finanziano gruppi ribelli o truppe filogovernative. L’Occidente finanzia i ribelli in Siria e le truppe filo regime in Bahrain, perché esistono rivolte buone e rivolte cattive, rivolte utili e rivolte dannose per i propri interessi. Pensiamo a cosa succederebbe se la Cina e la Russia decidessero di fornire armi, soldi e tecnologia paramilitare ai ribelli del Bahrain. La rivolta si estenderebbe e intensificherebbe, vi sarebbero maggiori attacchi terroristici e maggiore repressione. Quello, insomma, che succede oggi in Siria.

Niente di nuovo, dicevamo. E allora smettiamola di prenderci in giro e far finta che vogliamo intervenire militarmente in Siria per i diritti umani: vogliamo intervenire in Siria perché ci conviene. Punto. Così come evitiamo che nel Bahrain la rivolta dilaghi. Evitiamo, perché ci conviene. Un altro punto. In Siria si combatte una guerra civile per tutelare gli interessi di altre grandi potenze, con morti e torture da entrambe le parti che vede contrapposto un gruppo di ribelli armati dall’Occidente e un esercito regolare che difende gli interessi del regime ed entrambi si stanno macchiando di crimini contro l’umanità. Nel bel mezzo la povera gente che, come sempre, paga il prezzo più alto.

(di Massimo Ragnedda)

Nessun commento:

Posta un commento