Solo a un eccentrico poeta yankee poteva venire in mente di mischiare gangster italoamericani e divinità greche, come fa Ezra Pound nel Canto II, dove racconta del rapimento del dio Dioniso da parte di alcuni pirati imprudenti - che faranno la fine che meritano - per stigmatizzare il proibizionismo appena entrato in vigore negli States. I Cantos, opera principale e incompiuta di Pound sono anche questo: un tentativo di mischiare storia e attualità, rendendo vivo, quindi classico, il racconto del mondo e degli uomini esemplari che lo popolano. Pound lo spiega così, in una lettera del 1937: «C'è un inizio, discesa alle ombre, metamorfosi, parallelo, il che è tutta roba per professorini di Harvard a meno che non riesca a trasformarlo in materia da leggere, materia da cantare, materia da urlare, la storia della tribù». Come tutte le storie tradotte, anche questa, ogni tanto, va adattata al nuovo linguaggio, cosa che ha appena fatto Massimo Bacigalupo con la sua traduzione della prima parte dei Cantos (XXX Cantos, Guanda, pagg. 384, euro 28,00).
Iniziata durante gli anni della Grande guerra e pubblicata nel 1930, questa prima cantica è stata partorita a Londra, elaborata a Parigi e completata a Rapallo. Instancabile studioso, il poeta inizia a costruire quello che nelle sue intenzioni sarà il poema nazionale americano scavando nelle fondamenta della civiltà europea e dedicando il primo canto a una traduzione rinascimentale del decimo libro dell'Odissea, con Ulisse che scende agli inferi, dove incontra amici e compagni dilaniati in battaglia, eco antica delle trincee moderne. Dall'Ade del primo Canto, Pound, dopo aver visitato altri luoghi simbolo della civiltà, ci accompagna in un inferno più moderno e prosaico, quello dei plutocrati che hanno scatenato orrende guerre per speculare sulle disgrazie dell'umanità, da Lloyd George a Woodrow Wilson.
Mary de Rachewiltz, figlia di Pound e unica traduttrice in italiano di tutti I Cantos (Meridiani Mondadori), sostiene che «nei Cantos c'è tutto», e probabilmente ha ragione, anche se, a volte, il lettore è sopraffatto dalle citazioni e dai riferimenti spesso oscuri. L'importante, però, è non farsi prendere dalla tentazione di voler capire tutto immediatamente. I Cantos vanno letti, riletti e letti ancora. Anche se continueranno a essere difficili, avranno regalato al paziente lettore la soddisfazione della vera poesia, che è anche, e soprattutto, divertimento, come aveva capito un eroe di Pound, quel Mussolini ricordato all'inizio del Canto XLI, che così rispose a Pound per ringraziarlo del dono di una edizione preziosa dei primi XXX Cantos: «Ma questo, disse il Duce, è divertente» afferrando il punto prima degli esteti.
(di Luca Gallesi)
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