È il caso giornalistico e culturale del
giorno. Caso che sfiora i piani alti della politica di area
berlusconiana. Pietrangelo Buttafuoco, scrittore siciliano
anticonformista assai, è in odore di licenziamento da Panorama per aver
firmato sulla prima pagina di Repubblica con cui collabora dalla
primavera scorsa «Il dizionario dei destrutti».
Ovvero, da Alfano Angelino a Zanicchi Iva
passando per Rai Radiotelevisione Italiana, uomini e luoghi della
destra, distrutti dal ventennio berlusconiano. La collaborazione con il
quotidiano «nemico» era autorizzata. Come lo era quella con Il Foglio
«amico» di Giuliano Ferrara. Entrambi revocate dopo l'uscita
dell'articolo incriminato. Il direttore di Panorama Giorgio Mulè ha
dichiarato che Buttafuoco «ha tradito la mia fiducia». E su Twitter si è
scatenato un putiferio, protagonisti lo stesso Mulè e Pigi Battista del
Corriere della Sera.
Pietrangelo, te le vai a cercare?
«Francamente
cado dalle nuvole. Avevo un accordo verbale e scritto con
l'autorizzazione per una collaborazione saltuaria con Repubblica. E di
collaborazione saltuaria si è trattato, senza che ci fossero mai stati
problemi».
Ma com'è nata questa collaborazione con uno dei giornali più invisi a una buona fetta dei tuoi lettori di riferimento?
«Me
l'hanno chiesto. A Repubblica interessavano il mio punto di vista e la
mia scrittura. Certamente non sono di sinistra, ma non ho appartenenze.
La mia identità è integra, non mi hanno chiesto nessun lavacro. È stato
un riconoscimento alla mia scrittura: oltre ad Adriano Sofri c'era un
altro che collaborava con Il Foglio e Repubblica. Il quale è il primo
giornale d'Italia e ha la forza per contenere le differenze».
Remore?
«Non ne ho avute. Al di là del mestiere, è un giornale di cui mi nutro. Molti di quel mondo sono miei maestri».
Nomi.
«Da
Eugenio Scalfari a Francesco Merlo allo stesso Michele Serra.
Soprattutto ho sempre avuto attenzione per lo stile di Berselli. I
Destrutti nasce nel solco dei Sinistrati».
E Mulè ti aveva autorizzato a collaborare.
«In modo quasi affettuoso».
Ma c'era quel vincolo a scrivere di cultura e di spettacoli o no?
«Questa
degli spettacoli mi giunge nuova. Era chiaro che Repubblica mi chiamava
in virtù della mia identità di scrittore. Il famoso pezzo incriminato
era un esercizio di scrittura, un dizionario. Una formula giornalistica
che avevo sempre utilizzato, per esempio sul Foglio».
Quindi cadi dalle nuvole.
«Ero
in assoluta buona fede. Mi era venuta questa idea e l'ho realizzata.
Oltretutto questo argomento l'avevo proposto anche a Panorama. Quando mi
ha chiamato Malcom Pagani del Fatto riferendomi le dichiarazioni di
Mulè mi sono sentito nell'obbligo di rispondere perché non sono mai
venuto meno ad accordi verbali o scritti».
Non sarà una burocrazia giornalistica ad aver provocato il divieto a proseguire le collaborazioni.
«Constato
una certa ostilità nei miei confronti. E mi dispiace perché a Mulè ho
visto fare un'azione di altissimo profilo etico di cui conservo buona
memoria».
Panorama è la testata di punta della Mondadori diretta da Marina Berlusconi. Mulè si sarà consultato?
«Non
credo si sia fatto imbeccare da qualcuno. La controprova viene dal
fatto che quella stessa mattina dai piani alti di Segrate mi hanno
chiesto di realizzare il libro dal titolo I Destrutti in continuazione
ideale con Sinistrati di Berselli, edito da Mondadori. E poi, oltre a
parecchi colleghi di Panorama, anche molti politici di destra si sono
detti entusiasti dell'articolo».
Non ti sentirai anche tu un martire al centro di un caso politico?
«Lo
sta diventando. È strano che tutto questo sia capitato dopo quel pezzo e
non dopo un articolo sul centrosinistra o sul festival di Sanremo. Ora
sembra una rappresaglia. Invece...».
Invece?
«Anche un importantissimo collaboratore di Berlusconi peraltro citato non benevolmente si è complimentato».
Complimenti veri o di circostanza?
«No, è un uomo intelligente, ironico, un personaggio da romanzo».
Come finirà tutta questa faccenda?
«Male, stando alle dichiarazioni indiavolate di Mulè. Comunque, in fondo c'è una cosa bella».
E sarebbe?
«Che ne stiamo parlando sul giornale che fu di Montanelli».
Il quale poi però finì alle feste dell'Unità.
«Se è per questo io andrò a tenere una lezione a Eataly di Oscar Farinetti».
Allora è un vizio quello di cascare a sinistra.
«Te
l'ho detto, non ho appartenenze. Come mi dice sempre Michele Serra, lo
scrittore di destra è doppiamente sfortunato. Sai perché? Perché quelli
di sinistra non lo leggono perché è di destra. E quelli di destra non
leggono».
(fonte: www.ilgiornale.it)
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