Nei giorni scorsi Barack Obama ha lanciato un duro monito a Bashar al Assad rivolgendosi direttamente al rais: “Il mondo vigila. L'uso di armi chimiche è e sarebbe inaccettabile. Se ne farai uso ci sarebbero conseguenze e ne sarai responsabile”. Su quali sarebbero queste conseguenze Obama lo ha detto apertis verbis a fine giugno: un intervento militare della Nato, con missili, bombardieri e truppe di terra, soprattutto inglesi e francesi (gli americani non vogliono perdere uomini).
Obama è stato messo all'erta dall'intelligence che attraverso i satelliti Usa, che tutto spiano (Stati e uomini) hanno notato movimenti ‘sospetti’ di truppe siriane intorno ai depositi dove il regime custodirebbe le cosiddette ‘armi non convenzionali’ (gas nervino, soprattutto, ma non solo). A me par ovvio che, se Assad possiede davvero queste armi ’chimiche’, protegga particolarmente i loro depositi ora che i combattimenti con i ribelli si sono fatti sempre più ravvicinati, perché se le ‘brigate rivoluzionarie’ se ne impadroniscono per lui è la fine. Ma sarebbero cazzi acidissimi per tutti.
La Siria, fino a prova contraria, è uno Stato membro dell'Onu e un minimo di senso di responsabilità lo deve pur conservare, nelle ‘brigate rivoluzionarie’ ci sono consistenti gruppi jihadisti i quali non si farebbero alcuno scrupolo a usarle contro i Paesi occidentali. I moniti, gli avvertimenti, le minacce a Bashar al Assad sono il preludio a un attacco militare della Siria da parte della Nato, sulla scia di quanto è avvenuto in Libia. Ma non è ciò di cui voglio parlare qui. Mi commuove fino alle lacrime l'umana sensibilità degli americani, il loro sincero orrore per l'uso di ‘armi non convenzionali’ giudicato “moralmente ripugnante e inaccettabile”.
Peccato che gli americani siano stati gli unici a utilizzare la più micidiale. Atomica su Hiroshima e Nagasaki (agosto 1945). Col dettaglio, sempre pudicamente sottaciuto, che Nagasaki fu colpita tre giorni dopo Hiroshima quando già si conoscevano i terrificanti effetti della Bomba. Fornitura, a metà degli anni ‘80, delle famose ‘armi di distruzione di massa’ (gas nervino) a Saddam Hussein perché le usasse contro i soldati iraniani e i ribelli curdi, compito diligentemente eseguito dall'impresario del crimine come lo chiamava Khomeini (5000 curdi iracheni gasati in un sol giorno nel villaggio di Halabya). Uso di bombe all'uranio impoverito in
Serbia e Kosovo nel 1999. Più di 50 militari italiani presenti nella regione, che pur erano avvertiti del pericolo e usavano le precauzioni del caso, si sono ammalati di cancro. Sugli ammalati serbi, soprattutto bambini, che come tutti i bambini nei dopoguerra sono attratti dai proiettili rimasti sul terreno, li toccano, li maneggiano, si è preferito non fare calcoli.
Le montagne dell'Afghanistan spianate nel 2001-2002 con bombe all'uranio impoverito mentre con l'uso di quegli stessi gas che oggi si rimprovera ad Assad di poter ipoteticamente usare, si cercava di stanare Bin Laden, o il suo fantasma, dalle caverne in cui si sarebbe rifugiato. Uso a tappeto in tutte le guerre recenti delle cluster, bombe che esplodono a mezzo metro dal suolo, proibite dalle convenzioni internazionali.
Il Mullah Omar aveva proibito l'uso delle mine anti-uomo (quasi tutte di fabbricazione italiana, Oto Melara che, per carità, dà da vivere a tanti lavoratori) perché non sono un'arma di guerra colpendo quasi esclusivamente passanti ignari. Ma il Mullah, si sa, è un ‘criminale di guerra’, Barack Obama un Premio Nobel per la Pace.
(di Massimo Fini)
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