Destra e sinistra non sono uguali perché la prima è popolo senza cultura mentre l’altra, fatta tutta di cultura, non ha più un popolo. Nelle loro identità distinte “sono due diverse idee dell’Italia” ma se nell’arco del ventennio di Silvio Berlusconi la sinistra ha trovato la propria strategia nella funzione antiberlusconiana, dunque con un’idea chiara, la destra non esiste affatto proprio perché è solo una vicenda che riguarda Berlusconi e basta più. E dunque senza nessuna idea.
L’Italia che oggi s’inghiotte Berlusconi – inteso come anomalia, “l’illegalità di stato” – è quella pacificata nella “deforme coerenza” di un governo, il primo sinistra-destra nella storia della Repubblica italiana, dove forse la destra può cogliere l’occasione della sua definitiva legittimazione, “l’amnistia culturale” di cui ha scritto Ezio Mauro, purché possa esistere oltre il recinto del rancore degli “impresentabili”. E oltre Berlusconi, va da sé.
Ed è appunto impossibile. Non ci può essere e neppure dovrebbe esserci questa amnistia culturale e non solo perché – sotto, sotto – prepara l’amnistia vera ma perché la segnaletica è solo un pretesto parlamentare, vive nell’alchimia di tenerli insieme destra e sinistra e non coincide con l’unico punto di realtà obbligato: saldare il popolo “abbrutito” della destra con la sinistra dalla cultura oramai “degradata”.
Giocare a biliardo non fa ideologia e se solo lo sparatore di piazza Colonna avesse sfiorato una Forza nuova o una qualunque scheggia “dorata”, oggi il suo gesto non sarebbe raccontato con la sociologia compassionevole ma con l’anatema. Quando a Brindisi fu fatta esplodere la bombola di gas davanti alla scuola, il giornalismo pavloviano, con Roberto Saviano e i suoi “Nipotini di Riina”, ebbe subito chiara la strada dello stragismo, ovviamente un altro pretesto – quella volta fu di puro marketing – perché infine la scodella di Pavlov, l’esorcismo insomma, è l’unico parametro di una sinistra invecchiata e incapace di trovarsi un popolo oltre il degrado pop del riflesso condizionato sempre incapace di pensiero critico.
Se l’amnistia, sia pure culturale, è quella di mettere insieme storie diverse e ostili, gli unici materiali da amalgamare restano quelli degli umori e dei disagi – tutti gli spurghi di oggi, derivati dal popolo – in cerca di una rappresentazione politica.
La destra, forse, è solo rabbia, rutto e cecità. Ma la sinistra, persa nella trappola di tutti i suoi luoghi comuni, non sa più dare un orizzonte al popolo. Nel frattempo che la sinistra spiega Preiti con la lotta di classe, non fa il Ponte a Messina perché ci vede la Mafia, cerca ancora la massa quando tutti sono diventati individui e nel frattempo che si gode – come oggi – il Concertone del Primo maggio a San Giovanni, tutto è un disperdersi tra Forconi di qua e Grillini di là.
Berlusconi in vent’anni non è riuscito ad alfabetizzare la destra perché vuole solo camerieri, e se ne può parlare di questo disastro di afasia e somaraggine se volete, perché – infine – l’unico fenomeno culturale nato sotto l’ombrello del berlusconismo è questo giornale che state leggendo e che non è certo di destra. La sinistra, al contrario, è fatta da intellettuali troppo ben pagati. E non si tratta qui di un Galvano Della Volpe maestro di Armando Plebe (che poi farà la sua amnistia culturale aderendo al Msi) o di accademici di nulla accademia come Carlo Muscetta (quello di “una nuova malattia è l’asorosolia, fa solo un po’ arrossire ma se ne può guarire”) piuttosto di domatori di pulci, coristi e comici militarizzati dall’editoria per cui c’è un Guccini che canta e che scrive, un Celentano che predica e che parla e c’è un Fabio Fazio che prepara il piano quinquennale del pensiero obbligato perché, ecco, la sinistra che si era data la missione dell’avanguardia adesso si accontenta di scalettare le ospitate dei compari degradando il popolo a una mistificazione: l’illusione di essere italiani di serie A in tutta questa spremuta di cervello.
La serie A, dunque. Con conseguente prurito morale. Quello di dover parlare all’Italia, la più porca tra le nazioni, però bisognosa di poesia. E dunque l’unica amnistia culturale, forse è quella tra la parola e il segno, dunque la pancia e il fegato, ovvero la destra della prassi e la sinistra dell’impazienza. Fulvio Abbate mi ha raccontato di una sera del 1975. Il Pci, il 16 giugno, aveva ottenuto un grande risultato alle elezioni. Su YouTube c’è il video. Nella seconda parte, a partire dal minuto 1:40, la folla, rumorosissima, viene invitata ad ascoltare Severino Gazzelloni. E siccome il punto di contatto tra cultura e popolo è solo fatica d’avanguardia, nel momento in cui il flauto accende la “Primavera” di Vivaldi, nel devoto silenzio, c’è “il sublime che si consegna”: al popolo convenuto.
(di Pietrangelo Buttafuoco)
Nessun commento:
Posta un commento