Lo storico Roberto de Mattei, allievo di Augusto del Noce e presidente dell’associazione Lepanto, dice al Foglio di sentirsi per molti versi in sintonia con la constatazione di una vulnerabilità del cristianesimo: “E’ vero che non si sono sentite, nei giorni appena trascorsi, omelie forti ma il prevalere di appelli ‘donabbondieschi’. Più che di vulnerabilità del cristianesimo o della chiesa cattolica, parlerei tuttavia di debolezza degli uomini che li rappresentano”. Va tenuta presente, quindi, “la distinzione tra una religione e un’istituzione che sfidano i secoli, e gli esseri umani sottoposti alle pressioni del tempo, che spesso sono vittime di queste pressioni”.
Le radici dell’indebolimento, secondo Roberto de Mattei, affondano “in una perdita della fede e in uno smarrimento della ragione. Mi spiego. Se parlo della fine della vita, dell’eutanasia, della morte cerebrale, non parlo di questioni che dividono i credenti dai non credenti, ma che semmai dividono le persone di retta ragione dagli irragionevoli. Credere che Eluana fosse una persona viva e non morta da diciassette anni, e che sia morta soltanto dopo che le sono stati tolti acqua e cibo, è un dato oggettivo di ragione. Dire questo non può dividere cattolici e non cattolici”. Ma “il problema sollevato dalla morte di Eluana Englaro non è tanto l’accanimento dimostrato da quello che io chiamo il partito della morte, quanto la debolezza del partito della vita. Ci sono certamente stati, a diversi livelli, molte voci coraggiose e molti interventi. Dalle persone più semplici fino al presidente del Consiglio, non sono mancati gesti forti, che invece sono venuti meno proprio da parte degli uomini del mondo delle istituzioni cattoliche, alle quali fa riferimento il direttore del Foglio”.
Il problema è allora “la debolezza di cattolici e laici di fronte al partito della morte”. Quali sono le cause profonde di questa debolezza? De Mattei risponde che “anche in questo caso bisogna fare una distinzione. Per i credenti, i cattolici – e mi riferisco anche alle gerarchie ecclesiastiche – a mio avviso esiste un problema di perdita della fede. Molti cattolici, e tra questi metto alcuni nostri vescovi, dimostrano poca fede. Di fronte al ‘caso Englaro’, che va affrontato con la ragione, il valore aggiunto del cattolico nasce dalla forza della sua fede. La quale gli dice che esistono valori realmente non negoziabili: non è un’affermazione rituale, è la realtà dell’insegnamento dei martiri, dei confessori della fede, dei padri della chiesa che nel corso della storia si sono detti cristiani, costasse quel che costasse. Questo atteggiamento che deve portare il cristiano a proclamare la ‘verità intera’ si è indebolito perché è indebolita la fede”. E poi c’è lo smarrimento della ragione, che riguarda tutti, anche i non credenti: “Non si riconosce più quella legge naturale che vale per tutti, credenti e non credenti, e nella quale sono radicati i diritti inviolabili, primo tra tutti il diritto alla vita. La legge è naturale perché è legge razionale, nasce dalla natura ragionevole dell’uomo, da una giusta concezione della persona umana. Il caso di Eluana è il tipico caso nel quale sono state sconfitte la ragione e la legge naturale”.
Di fronte a quello che stava accadendo alla Quiete di Udine “il ruolo dei cattolici non doveva essere quello di ‘mediare’ tra opposti schieramenti, di sdrammatizzare, di cercare di attenuare la gravità del problema. Per questo parlo di scarsa fede. La fede doveva spingere i cattolici a entrare nel dibattito, che è razionale non religioso, con più coraggio e radicalità. Ma gli alti vertici della chiesa ragionano come politici, non come gli apostoli e i confessori. E abbiamo avuto la sorpresa di vedere laici, non credenti, ragionare meglio di tanti cattolici e dimostrare più coraggio. I cattolici dovrebbero ringraziare i laici che hanno dato in questa occasione una lezione di coerenza intellettuale”.
Le radici dell’indebolimento, secondo Roberto de Mattei, affondano “in una perdita della fede e in uno smarrimento della ragione. Mi spiego. Se parlo della fine della vita, dell’eutanasia, della morte cerebrale, non parlo di questioni che dividono i credenti dai non credenti, ma che semmai dividono le persone di retta ragione dagli irragionevoli. Credere che Eluana fosse una persona viva e non morta da diciassette anni, e che sia morta soltanto dopo che le sono stati tolti acqua e cibo, è un dato oggettivo di ragione. Dire questo non può dividere cattolici e non cattolici”. Ma “il problema sollevato dalla morte di Eluana Englaro non è tanto l’accanimento dimostrato da quello che io chiamo il partito della morte, quanto la debolezza del partito della vita. Ci sono certamente stati, a diversi livelli, molte voci coraggiose e molti interventi. Dalle persone più semplici fino al presidente del Consiglio, non sono mancati gesti forti, che invece sono venuti meno proprio da parte degli uomini del mondo delle istituzioni cattoliche, alle quali fa riferimento il direttore del Foglio”.
Il problema è allora “la debolezza di cattolici e laici di fronte al partito della morte”. Quali sono le cause profonde di questa debolezza? De Mattei risponde che “anche in questo caso bisogna fare una distinzione. Per i credenti, i cattolici – e mi riferisco anche alle gerarchie ecclesiastiche – a mio avviso esiste un problema di perdita della fede. Molti cattolici, e tra questi metto alcuni nostri vescovi, dimostrano poca fede. Di fronte al ‘caso Englaro’, che va affrontato con la ragione, il valore aggiunto del cattolico nasce dalla forza della sua fede. La quale gli dice che esistono valori realmente non negoziabili: non è un’affermazione rituale, è la realtà dell’insegnamento dei martiri, dei confessori della fede, dei padri della chiesa che nel corso della storia si sono detti cristiani, costasse quel che costasse. Questo atteggiamento che deve portare il cristiano a proclamare la ‘verità intera’ si è indebolito perché è indebolita la fede”. E poi c’è lo smarrimento della ragione, che riguarda tutti, anche i non credenti: “Non si riconosce più quella legge naturale che vale per tutti, credenti e non credenti, e nella quale sono radicati i diritti inviolabili, primo tra tutti il diritto alla vita. La legge è naturale perché è legge razionale, nasce dalla natura ragionevole dell’uomo, da una giusta concezione della persona umana. Il caso di Eluana è il tipico caso nel quale sono state sconfitte la ragione e la legge naturale”.
Di fronte a quello che stava accadendo alla Quiete di Udine “il ruolo dei cattolici non doveva essere quello di ‘mediare’ tra opposti schieramenti, di sdrammatizzare, di cercare di attenuare la gravità del problema. Per questo parlo di scarsa fede. La fede doveva spingere i cattolici a entrare nel dibattito, che è razionale non religioso, con più coraggio e radicalità. Ma gli alti vertici della chiesa ragionano come politici, non come gli apostoli e i confessori. E abbiamo avuto la sorpresa di vedere laici, non credenti, ragionare meglio di tanti cattolici e dimostrare più coraggio. I cattolici dovrebbero ringraziare i laici che hanno dato in questa occasione una lezione di coerenza intellettuale”.
(fonte: http://www.ilfoglio.it/)
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