Ma sì, proviamo a non pagare più il canone Rai. E vediamo se qualcuno dei big di viale Mazzini sarà costretto a cambiare mestiere. Sino a oggi, in casa mia abbiamo continuato a pagarlo. Perché sono un legalitario, purtroppo. Non parcheggio in sosta vietata. Pago le tasse sino all’ultimo euro. Esigo la ricevuta fiscale. Volete che non dia un obolo per sfamare l’Equino Insaziabile?
Sono un vero fesso. Anche perché in Rai vedo troppe cose che non mi piacciono. E sulle quali non ho potere, pur essendo pure io un azionista. Occorre un esempio? No, non farò quello di “Annozero” by Michele Santoro. Farò il nome di Fabio Fazio e del suo programma “Che tempo che fa”.
Di mister Fazio da Savona mi è rimasta in mente una serata speciale. Me ne ero occupato più due anni fa, ma senza turbare la marmorea indifferenza di nessun sinistro. Era la domenica 13 maggio 2007, sotto il regime di Romano Prodi. Sulla Rete Tre andava in onda il programma faziesco che promuove libri e autori. Anche quella sera il libro non mancava. E fin qui niente di strano. Lo strano emergeva nello scoprire che l’autore dell’opera era un big della Rai: Antonio Caprarica, allora direttore di tutti i giornali radio.
La situazione era comica. Rete di sinistra. Conduttore di sinistra. Autore del libro pure lui di sinistra, diventato direttore Rai in quota Ds. Ho scritto comica, ma dovrei dire indecente. Un conflitto d’interessi sfacciato. Meglio ancora: una marchetta rossa. Fabbricata in casa, fra compagnucci che si strizzano l’occhio. Alla faccia della buona creanza.
Le ragioni dell’esclusione
Giovanni Floris, con “Ballarò”, cerca di imitare Vespa. Ma non gli riesce. A emergere, ogni volta, è il suo imprinting di oppositore accanito. Chi lo accusa di essere troppo tenero nei confronti del cavalier Berlusconi è chiaro che non lo vede mai.
Di “Annozero” sappiamo tutto. Ho sempre ammirato Michele Santoro e sono stato più volte suo ospite, persino quando lavorava per la Mediaset del Caimano. Oggi il suo show mi annoia, perché so già quel che racconterà, e passo subito ad altro. Però ammiro Michele più di prima, per l’esempio che offre: un uomo solo può imporsi a quel mostro impotente che è Mamma Rai.
Un altro show rosso lo fa tutti i giorni Corradino Mineo su “Rai News 24”. La mattina presto, Mineo va in onda sulla Rete Tre. La sua lettura dei giornali e il colloquio con l’invitato di turno hanno il profumo della vecchia sinistra. Il Pci è morto. Ma gli orfani, ancorché invecchiati, tengono duro. E grazie alla Rai continuano la loro annosa militanza.
Proprio Mineo ci offre la prova che in Rai esiste una catena di complice amicizia tra i programmi rossi. Ieri mattina, lunedì 28 settembre, Corradino già ribatteva, allarmato, alla proposta di non pagare il canone. E soprattutto difendeva con ardore la puntata di “Annozero”. Come se Santoro fosse il suo capo corrente.
A questo punto, il problema vero non è: canone sì, canone no. La questione è un’altra e riguarda il centro-destra. Ecco un’area politica accusata di aver schiavizzato la Rai e di imporre la volontà del Caimano. In realtà, non è cosi. Con il risultato che la mitica egemonia della cultura comunista, post-comunista o di sinistra continua a imperare.
Dichiaro che la faccenda non mi riguarda. Grazie al cielo, esiste la carta stampata. A cominciare dai quotidiani. È vero che le tante sinistre ne sfornano ben nove ogni mattina. Tanto da indurre il sospetto che il vecchio motto di Pietro Nenni, a proposito dello scarto fra le piazze dei comizi e i risultati elettorali, andrebbe aggiornato così: “Edicole piene, urne vuote”. Ma è il complesso dei giornali a garantire il pluralismo e la libertà d’informazione.
Vecchio bar di provincia
Sono un vero fesso. Anche perché in Rai vedo troppe cose che non mi piacciono. E sulle quali non ho potere, pur essendo pure io un azionista. Occorre un esempio? No, non farò quello di “Annozero” by Michele Santoro. Farò il nome di Fabio Fazio e del suo programma “Che tempo che fa”.
Di mister Fazio da Savona mi è rimasta in mente una serata speciale. Me ne ero occupato più due anni fa, ma senza turbare la marmorea indifferenza di nessun sinistro. Era la domenica 13 maggio 2007, sotto il regime di Romano Prodi. Sulla Rete Tre andava in onda il programma faziesco che promuove libri e autori. Anche quella sera il libro non mancava. E fin qui niente di strano. Lo strano emergeva nello scoprire che l’autore dell’opera era un big della Rai: Antonio Caprarica, allora direttore di tutti i giornali radio.
La situazione era comica. Rete di sinistra. Conduttore di sinistra. Autore del libro pure lui di sinistra, diventato direttore Rai in quota Ds. Ho scritto comica, ma dovrei dire indecente. Un conflitto d’interessi sfacciato. Meglio ancora: una marchetta rossa. Fabbricata in casa, fra compagnucci che si strizzano l’occhio. Alla faccia della buona creanza.
Le ragioni dell’esclusione
Mister Fazio potrebbe ribattere: Pansa ce l’ha con me perché non l’ho mai invitato a presentare uno dei suoi libracci revisionisti. In parte è vero, sono uno degli eterni esclusi dal suo show. All’inizio, la faccenda mi seccava. Poi mi sono messo il cuore in pace, poiché ho visto che la mia carta stampata si vendeva lo stesso, e molto.
Tuttavia mi è rimasta una curiosità. Chi mi ha sempre escluso? Fazio o il suo autore più influente, Michele Serra? Tra un po’ di giorni l’Uomo di Savona ritornerà in onda. Il suo contratto è stato firmato, per il tenace interessamento del presidente della Rai, Paolo Garimberti. E Serra sarà di nuovo uno degli autori. Il più importante, essendo l’umorista ufficiale di “Repubblica” e dell’“Espresso”.
Lui è più inamovibile di Fazio. Lo vedremo all’opera, sempre con un compenso generoso, anche nelle quattro puntate di Gianni Morandi sulla Rete Uno. Il cantante di Monghidoro si produrrà in un pistolotto per ogni serata, imitando Adriano Celentano. C’è da giurare che i pistolotti glieli scriverà Serra, come aveva già fatto per il Molleggiato.
Possono sembrare piccole miserie da parrocchia televisiva. Ma non è così. In realtà sono la spia di un problema più generale: quello dei talk show politici della Rai. E della continua supremazia della sinistra su un centro-destra senza idee, pavido e inerte.
Vediamo come stanno le cose. “Porta a porta” di Bruno Vespa è un’eccezione alla regola. Lo sanno tutti che non milita a sinistra. E per questo sta sui santissimi ai compagni. Anche se la sua trasmissione è la più bipartisan nel pianeta della tivù pubblica.
Tuttavia mi è rimasta una curiosità. Chi mi ha sempre escluso? Fazio o il suo autore più influente, Michele Serra? Tra un po’ di giorni l’Uomo di Savona ritornerà in onda. Il suo contratto è stato firmato, per il tenace interessamento del presidente della Rai, Paolo Garimberti. E Serra sarà di nuovo uno degli autori. Il più importante, essendo l’umorista ufficiale di “Repubblica” e dell’“Espresso”.
Lui è più inamovibile di Fazio. Lo vedremo all’opera, sempre con un compenso generoso, anche nelle quattro puntate di Gianni Morandi sulla Rete Uno. Il cantante di Monghidoro si produrrà in un pistolotto per ogni serata, imitando Adriano Celentano. C’è da giurare che i pistolotti glieli scriverà Serra, come aveva già fatto per il Molleggiato.
Possono sembrare piccole miserie da parrocchia televisiva. Ma non è così. In realtà sono la spia di un problema più generale: quello dei talk show politici della Rai. E della continua supremazia della sinistra su un centro-destra senza idee, pavido e inerte.
Vediamo come stanno le cose. “Porta a porta” di Bruno Vespa è un’eccezione alla regola. Lo sanno tutti che non milita a sinistra. E per questo sta sui santissimi ai compagni. Anche se la sua trasmissione è la più bipartisan nel pianeta della tivù pubblica.
L’imitazione di Vespa
Giovanni Floris, con “Ballarò”, cerca di imitare Vespa. Ma non gli riesce. A emergere, ogni volta, è il suo imprinting di oppositore accanito. Chi lo accusa di essere troppo tenero nei confronti del cavalier Berlusconi è chiaro che non lo vede mai.
Di “Annozero” sappiamo tutto. Ho sempre ammirato Michele Santoro e sono stato più volte suo ospite, persino quando lavorava per la Mediaset del Caimano. Oggi il suo show mi annoia, perché so già quel che racconterà, e passo subito ad altro. Però ammiro Michele più di prima, per l’esempio che offre: un uomo solo può imporsi a quel mostro impotente che è Mamma Rai.
Un altro show rosso lo fa tutti i giorni Corradino Mineo su “Rai News 24”. La mattina presto, Mineo va in onda sulla Rete Tre. La sua lettura dei giornali e il colloquio con l’invitato di turno hanno il profumo della vecchia sinistra. Il Pci è morto. Ma gli orfani, ancorché invecchiati, tengono duro. E grazie alla Rai continuano la loro annosa militanza.
Proprio Mineo ci offre la prova che in Rai esiste una catena di complice amicizia tra i programmi rossi. Ieri mattina, lunedì 28 settembre, Corradino già ribatteva, allarmato, alla proposta di non pagare il canone. E soprattutto difendeva con ardore la puntata di “Annozero”. Come se Santoro fosse il suo capo corrente.
Il motto di Nenni
A questo punto, il problema vero non è: canone sì, canone no. La questione è un’altra e riguarda il centro-destra. Ecco un’area politica accusata di aver schiavizzato la Rai e di imporre la volontà del Caimano. In realtà, non è cosi. Con il risultato che la mitica egemonia della cultura comunista, post-comunista o di sinistra continua a imperare.
Dichiaro che la faccenda non mi riguarda. Grazie al cielo, esiste la carta stampata. A cominciare dai quotidiani. È vero che le tante sinistre ne sfornano ben nove ogni mattina. Tanto da indurre il sospetto che il vecchio motto di Pietro Nenni, a proposito dello scarto fra le piazze dei comizi e i risultati elettorali, andrebbe aggiornato così: “Edicole piene, urne vuote”. Ma è il complesso dei giornali a garantire il pluralismo e la libertà d’informazione.
Vecchio bar di provincia
Tuttavia la questione dovrebbe riguardare la cultura di centro-destra. Quest’area urla, strepita, accusa, ma lascia fare. Sta al governo, però si comporta come un’opposizione parolaia e impotente. È mai possibile che non sia capace di creare un suo programma Rai dedicato al dibattito politico? Che ci stanno a fare i tanti intellettuali e/o esperti che ronzano attorno al Cavaliere? Forse si fanno le pippe, si sarebbe risposto nel mio vecchio bar di provincia.
Ma farsi le pippe, per poi piangere sul predominio di Santoro, di Fazio e compagni, non serve a niente. O forse serve soltanto a coltivare la pia illusione che spetti alle tivù di proprietà del Caimano tenere in equilibrio il mercato dell’informazione televisiva. Sì, cari amici azzurri, bianchi, grigi ed ex neri: pippatevi pure. In attesa che tutti cantino “Marchetta rossa la trionferà”.
Ma farsi le pippe, per poi piangere sul predominio di Santoro, di Fazio e compagni, non serve a niente. O forse serve soltanto a coltivare la pia illusione che spetti alle tivù di proprietà del Caimano tenere in equilibrio il mercato dell’informazione televisiva. Sì, cari amici azzurri, bianchi, grigi ed ex neri: pippatevi pure. In attesa che tutti cantino “Marchetta rossa la trionferà”.
(di Giampaolo Pansa)
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