Sarebbe semplicistico rispondere che non bisogna comportarsi come gli avversari (il tema è l’egemonia), e che va imposto il metodo sovrano del pluralismo, ma l’interpretazione di Libero (con gli articoli, nei giorni scorsi, di Francesco Borgonovo e Gennaro Malgieri) induce a riflessioni serie.
Il premier Silvio Berlusconi sta offrendo un “modello italiano” ben preciso: l’incontro tra il decisionismo, la governabilità (il presidenzialismo di fatto), e l’autobiografia della nazione, la concezione del cittadino “fai-da-te”, la meritocrazia e la legalità; una sorta di “modernizzazione identitaria”, che si esprime nelle varie riforme che finora sono state avviate (dalla scuola alla pubblica amministrazione, al mercato del lavoro).
Ebbene: esiste una nuova e moderna cultura di destra, capace di intercettarne, descriverne la portata, fissarne la mission? Esiste un lavoro serio da parte delle Fondazioni, vicine al PdL in grado di studiare e comunicare l’esperienza di Palazzo Chigi?
La risposta è sconsolante.
Ci dividiamo ancora tra i “professionisti dell’identità”, che hanno dell’identità una visione statica, testimoniale, museale; e “i rinnegati dell’identità”, i profeti dell’amnesia, che negano il valore e l’orgoglio di una tradizione di appartenenza.
In Europa i filoni cattolici, laici-liberali, conservatori e riformatori nazionali primeggiano, solo da noi sono sfondi astratti per convegni inutili. E dell’attualizzazione delle idee (l’unica via giusta tra chi nega e chi ingessa le identità), nemmeno a parlarne.
Come se non bastasse, troppi intellettuali e penne brillanti stanno reiterando uno sport autolesionista da anni Settanta. Si chiama playstation delle idee.
Il mero gusto della provocazione per andare sui giornali che contano (la stagione dei giochetti “Paperino è di sinistra e Topolino di destra”, non è ancora finita). Sport legittimo quando sconfinare era importante; ma infantile e controproducente oggi.
Esempio. Quando giornali come “Il Secolo d’Italia”, insistono, come hanno fatto in passato, su «Che Guevara è nostro», «Zucchero è un amico», il film «Fascisti su Marte» è positivo; oppure quando il giornale on line della Fondazione FareFuturo, spesso più finiano di Fini, si lancia in accostamenti pannelliani e ultra ludici; primo si indebolisce la cultura di destra, confermando il primato della cultura di sinistra; secondo, si diventa ascari del pensiero unico e del politicamente e culturalmente corretto.
Le ragioni? Psico-politiche: mistica del ghetto e complesso di inferiorità culturale. Quella “sindrome da legittimazione”, serva sciocca della “sindrome di Voltaire” della sinistra, che si ritiene l’incarnazione religiosa del bene. Una sinistra che da anni non esprime più nulla o ricette ideologiche superate.
Solidarietà, infine, al direttore dell’Altro, Piero Sansonetti, accusato dai suoi redattori di flirtare con i fascisti del 2000. Debole però, la risposta del direttore: non si dialoga con gli avversari, perché diversi, ghettizzati, emarginati; ma per costruire un’Italia nuova, con valori comuni e memoria condivisa. Facendo tutti un salto di qualità.
Conclusione: Dio salvi la destra che si fa dare i voti dalla sinistra, facendo la destra come vuole la sinistra, o la destra estetica, immaginaria del “sottovuotospinto”.
(di Fabio Torriero)
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