sabato 14 novembre 2009

La rivoluzione antiliberale battuta da Hitler

Ritorna all’attenzione, grazie a un denso libretto di Ernst Nolte, la Rivoluzione conservatrice tedesca, movimento intellettuale che ha influenzato più di quanto non si ritenga la cultura del Novecento. Nel suo saggio (La Rivoluzione conservatrice nella Germania della Repubblica di Weimar, a cura di Luigi Iannone, Rubbettino, pp. 76, euro 10) lo storico esamina i leitbilder (le immagini conduttrici) e passa in rassegna alcuni dei protagonisti del singolare movimento, traendone conclusioni che possono aiutarci a comprendere la crisi della modernità che, negli anni Venti e Trenta, e non soltanto in Germania, era ben presente a pensatori che non si abbandonavano alle fallaci astrazioni del razionalismo per interpretare le convulsioni che s’intravedevano.

Riproponendo le figure di Mann e di Spengler, di Klages e di Jünger, di Schmitt e di Moeller van den Bruck, di Niekisch e dei fratelli Strasser, Nolte richiama l’interesse attorno a un paesaggio caratterizzato dalla critica anti-illuministica, nel quale si agitavano idee protese alla preparazione di una rivoluzione dei valori (perciò “conservatrice”) nel segno della negazione dell’egualitarismo e di una nuova legittimità del potere fondata sugli elementi tradizionali degli aggregati nazionali e comunitari.

Culto delle origini

Un fenomeno, insomma, dalle spiccate connotazioni metapolitiche che proseguiva idealmente il discorso sulla funzione della cultura nel contesto della “crisi della civiltà” cominciato tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento dagli studi sociologici di Tönnies e di von Gierke, da quelli storici di Bachofen e di Burckhardt, dalle ricerche sulle origini religiose dell’Europa di Erwin Rodhe, dall’“opera totale” di Wagner e dalla “filosofia dell’avvenire” di Nietzsche. Le coordinate culturali che legano i pensatori rivoluzionario-conservatori vanno dal comune sentimento del nichilismo quale tragedia europea al culto delle origini, dalla concezione sferica del tempo e della storia alla difesa delle culture differenziate, dalla visione organica della nazione e dello Stato alla centralità dello spirito del popolo e della tradizione civile che esso incarna. E su tutto una lirica, quasi metafisica, coscienza dell’Europa quale corpo spirituale e storico da resuscitare nel segno di una grande politica.

Movimento europeo

Elementi, questi, come originalmente sostiene Nolte capovolgendo una vecchia immagine della Rivoluzione conservatrice, che appartengono non soltanto agli ideologi tedeschi del tempo, ma che si riscontrano anche negli studiosi e negli agitatori italiani, spagnoli e francesi in particolare, sicché si può dire che il movimento è stato europeo nel suo dispiegarsi, fornendo le ragioni di una rivolta spiritualista e antirazionalista a chi vedeva crollare il vecchio mondo sotto il peso delle nefandezze ideologiche (e non solo) originate dalla Rivoluzione francese.

Insomma, i rivoluzionario-conservatori, consapevoli che l’ultimo stadio della sovversione era rappresentato dal marxismo che si fa Stato, non avevano altro scopo se non di ripulire la vecchia Europa dai cadaveri ideologici e conservare la “storicità” dell’uomo, vale a dire la possibilità di creare nuovi eterni ritorni in opposizione radicale con la fine della storia progettata dalle ideologie razionaliste. Animati da una “nostalgia dell’avvenire”, si lanciarono in una battaglia che s’infranse contro i totalitarismi, ma lasciò semi sparsi un po’ ovunque che ancora oggi, opportunamente coltivati, possono fruttificare.

(di Gennaro Malgieri)

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